sabato 31 maggio 2008

venerdì 30 maggio 2008

UNA COSTITUENTE PER LA SINISTRA

Venerdì 6 giugno ore 21.00
presso la sala Audiovisivi
di Via Bernabei Ancona

UNA COSTITUENTE PER LA SINISTRA

Ne parliamo con:
Sergio Clementi Zampini-La città in comune
Giuseppe Ciarrocchi- Segretario Fiom
Nino Lucantoni-Sinistra Democratica
Edoardo Mentrasti-PRC

Interverrano:
Nadia Bratus-Sinistra Unita Portorecanati
Massimilano Bianchini- Ass. Comune MC

CRISI ANTONIO MERLONI A RISCHIO I POSTI DI LAVORO

Il gruppo provinciale di sinistra Democratica ad Ancona esprime 'viva preoccupazione' per la crisi industriale del distretto metalmeccanico di Fabriano, 'acuita dalla pesante situazione degli stabilimenti dell'Antonio Merloni''. Il gruppo sd si impegna a portare la crisi all'attenzione del consiglio e della giunta provinciali, e auspica che gli enti locali si attivino tutti in modo solerte, 'per sostenere lavoratori e sindacati'.

venerdì 23 maggio 2008

UNIRE LA SINISTRA CHE VUOLE RINNOVARSI


Il Documento politico da sottoporre alla discussione - anche della rete - per l'Assemblea Nazionale

L’esito delle elezioni politiche di aprile è molto grave. La partita aperta quindici anni fa, tra il centrodestra e il centrosinistra, segnata dall’inedito ingresso di una figura come quella di Berlusconi, è stata lungamente in bilico; si chiude ora con un netto successo politico del centrodestra. Ma é accaduto qualcosa d’altro: è cresciuta fortemente l’influenza della destra sull’opinione pubblica e nella formazione del senso comune. Evento che si spiega in parte con l’intreccio, senza eguali al mondo, tra potere politico, finanziario e mediatico, in parte con l’abdicazione e il collasso ideologico della sinistra storica.

Il voto di aprile rappresenta una sconfitta di tutto il centrosinistra. Perde il progetto riformista del Partito Democratico, con amplissimo margine. Viene bocciata senza appello la lista “La Sinistra-l’Arcobaleno”, che crolla al 3% facendo così mancare in Parlamento, per la prima volta nella storia repubblicana, la presenza di forze che si richiamino alla sinistra. Il risultato conferma che la divisione tra una sinistra moderata, che si suppone di governo, e una sinistra radicale, ritenuta sempre di opposizione, dà un solo esito politico: la vittoria della destra. Dopo il ’48, non c’era mai stato in Italia, e non c’è in Europa, un parlamento così conservatore e clericale.

Tre cause prima di altre hanno concorso a determinare questo risultato.
Anzitutto la delusione per l’esperienza del governo Prodi. L’esecutivo del centrosinistra, che ha dedicato due anni al risanamento dei conti pubblici, è caduto nel momento di massima impopolarità: le alte aspettative accese nel 2006 (a parte il già allora risicatissimo risultato elettorale) hanno lasciato il campo a rapide delusioni, tra le élites come nei ceti più popolari. Su queste delusioni la destra ha costruito, largamente condivise dal Partito Democratico, la sua agenda e le sue due priorità: tasse e sicurezza.
Pur critici sui risultati di questa stagione di governo, crediamo che aver deliberatamente liquidato la coalizione di centrosinistra ha messo tutti in un vicolo cieco. Il PD ha cercato nel corso di tutta la campagna elettorale di indicare nella “sinistra radicale” la responsabile degli insuccessi dell'esecutivo Prodi. Un accusa paradossale da parte di chi deteneva la stragrande maggioranza di ministri e sottosegretari. Ma non c’è dubbio che la sinistra sia apparsa, in questo suo impegno di governo, troppo spesso rissosa e al tempo stesso inefficace. La conseguenza è stata che siamo stati percepiti come causa della crisi e al tempo stesso siamo stati puniti per gli esiti deludenti dell’azione di governo.
La seconda causa: la scelta del PD non di “correre da solo” (vista l’intesa peraltro precaria con Di Pietro e con i Radicali) ma, più chiaramente, di rompere con la sinistra, demonizzandone le posizioni politiche in modo perfino caricaturale. I risultati del voto di aprile rappresentano una sconfitta senza appello per la pretesa “autosufficienza” del PD. Walter Veltroni ha condotto una campagna elettorale che gli ha permesso di utilizzare una esposizione mediatica enormemente superiore a quella di tutti gli altri candidati premier. Eppure i Democratici non sono riusciti a superare la soglia, alla quale ha contribuito anche il voto radicale, del 33%. E’ del tutto evidente che è stato sconfitto il PD ed stata sconfitta la sua pretesa di poter rappresentare l'intero arco del centrosinistra.

Ma è stata bocciata dagli elettori, va detto con onesta consapevolezza, anche qualunque pretesa di autosufficienza e di isolamento da parte della sinistra. Che è apparsa, nella proposta di "Sinistra-Arcobaleno", più come un residuo del passato che come una speranza per il futuro: insomma, non un soggetto politico unitario ma un cartello elettorale privo di proposta politica e di un’idea convincente sul futuro dell’Italia. Aver accreditato la tesi della “separazione consensuale” con il PD, ci ha impedito di chiarire le responsabilità della rottura e di poter chiedere il voto anche al fine di riaprire una prospettiva di centrosinistra. Alla martellante campagna sul “voto utile” abbiamo risposto dando noi per primi l’immagine di una forza non necessaria né per il governo né per l’opposizione. Superflui, appunto.

Il voto conferma invece che senza una sinistra popolare, innovativa e capace di una cultura di governo, una parte del Paese rimane senza rappresentanza e le forze progressiste sono destinate alla sconfitta. Dobbiamo ripartire da qui, da questa consapevolezza, da una rilettura anche spietata del nostro modo di costruire politica.

La fotografia sociale dell’Italia, anche dopo due anni di governo Prodi, è quella di un paese fortemente frammentato e diseguale. I salari sono tra i più bassi d’Europa; le morti “bianche” tra le più alte. L’Italia è un paese che invecchia rapidamente senza poter contare su un nuovo patto generazionale solidale tra giovani e anziani. Siamo al 32° posto nelle graduatorie europee per la ricerca scientifica ma al settimo posto per le spese militari. Il tasso di istruzione è tra i più bassi d’Europa e la dispersione scolastica tra le più alte Un paese ostile alla libertà femminile, incapace di valorizzare la differenza sessuale, in cui si aggrava la violenza contro le donne. Un paese che non riconosce il valore sociale della maternità, nega alle donne accesso al lavoro, parità salariale, rappresentanza nelle istituzioni e nella società.

Un paese attraversato da una domanda di sicurezza totalmente inedita perchè mescola in una miscela esplosiva fragilità sociale, paura del diverso, precarietà del lavoro e incertezza per il futuro, nuove contraddizioni nate dai flussi migratori alimentati dalla povertà del sud del mondo e dell’est dell’Europa in una globalizzazione non governata dalla politica.
Un paese ambientalmente insostenibile che deve ancora misurarsi sulla sfida per le energie rinnovabili, sui trasporti su ferro e sulle autostrade del mare, sulla salvaguardia del territorio agricolo dalle pesanti speculazioni. Un paese che deve ancora imparare a salvaguardare le coste per un turismo di qualità e la qualità urbana perché nelle grandi periferie la vita è sempre più dura. Nè ci convince lo slogan della crescita indistinta e della semplice ripresa dei consumi. Una sinistra nuova deve avere la capacità di dire quali sono i settori economici che devono crescere,quali sono i consumi che devono e possono aumentare e a favore di chi, e quali invece devono essere temperati e regolati.

Di fronte la drammatico esito delle elezioni politiche e agli immani compiti che ci attendono, pensare che il rimedio alla nostra sconfitta risieda nel ritorno alla frammentazione e alle certezze identitarie è non solo sbagliato in sé ma del tutto illusorio. Il voto ha bocciato il mero “patto federativo” tra forze politiche distinte e non comunicanti tra loro. E’ uno schema ormai non più riproponibile.
C’è bisogno di un salto in avanti, non di un ritorno indietro rispetto alla precaria formula dell’Arcobaleno. La sinistra ha, di fronte a se, una sola e importante possibilità di ripresa: quella di avviare subito la fase costituente di un nuovo soggetto politico che sia fondata sulla partecipazione e sul protagonismo di migliaia di donne e di uomini, iscritti e non iscritti ai partiti politici. Una Costituente di sinistra che sappia essere anche il cantiere di una innovazione politica e culturale, e che veda impegnate con generosità e passione quelle forze politiche che credono senza riserve in questo progetto. Non si deve ripetere l‘errore di ritenere che a sinistra si debba per forza stare tutti insieme, a prescindere dalle vocazione, dalle volontà, dalle categorie interpretative che si mettono in campo. Il carattere “plurale” del nuovo soggetto politico non può più significare la somma di apparati ma dev'essere lo scambio e la valorizzazione di culture che attraversano tutta la sinistra, in ciascuna delle sue attuali componenti: la cultura del lavoro, della qualità e della sostenibilità dello sviluppo, il pacifismo, l'esperienza femminista, quella dei diritti e delle libertà civili.

C’è già, tra i vecchi promotori dell’Arcobaleno, chi ha scelto un’altra strada, quella di una “Costituente dei comunisti”, scelta che rispettiamo ma non è certo la nostra: è un progetto arretrato e del tutto improduttivo. Esiste un’altra sinistra che vuole riaprire la possibilità di un’alternativa di governo al centrodestra a partire da un ripensamento radicale dell'esperienza dell'Unione. Quella formula, assemblaggio di tutte le forze che in quel momento intendevano contrapporsi alla destra, non è più riproponibile. Al paese serve un centrosinistra nuovo, coeso e determinato attorno ad un programma di cambiamento sociale.
Al tempo stesso,come rivelano la tiepidezza del dibattito politico alle Camere, occorre che la sinistra torni subito a fare opposizione e a rappresentarne le ragioni nella società, nei luoghi della politica, nel paese reale. Perché si possa riaprire una nuova prospettiva di alternativa alla destra, Sinistra Democratica su questo terreno vuole impegnarsi subito, prescindendo dagli esiti del dibattito interno al PD. Dipende da noi, dalla capacità della sinistra di essere, per sua forza, per il consenso che raccoglie e per la qualità delle sue opzioni ideali e programmatiche, un soggetto politico dal quale nessuno possa prescindere.

Ci spetta anche una funzione di presidio politico dell’opposizione, con le forme che sapremo trovare. Una funzione tanto più urgente quanto più sbiadita appare oggi l’opposizione parlamentare del Partito Democratico rispetto alle prime scelte di inequivocabile segno politico del governo Berlusconi (dal decreto sicurezza allo sprezzante isolamento europeo in tema di politiche per l’immigrazione)
Sinistra Democratica conferma la sua missione originaria: contribuire alla nascita di una nuova sinistra in Italia. Il nostro asse di riferimento politico resta il socialismo europeo ma é fondamentale costruire un progetto che riveda e superi la logica delle appartenenze tradizionali e che unisca mondi, culture, linguaggi capaci di ritrovarsi insieme dentro una comune idea di sinistra. Sappiamo quanto sia importante, a questo fine, l’esito dei congressi dei Verdi e di Rifondazione Comunista. Guardiamo al loro dibattito con grande rispetto e molte aspettative, così come guardiamo con grande attenzione il dibattito che attraversa il mondo laico e socialista. Ma le prossime settimane vogliamo che siano spese non nell’attesa dei congressi altrui ma con una forte ed immediata iniziativa politica. Il percorso democratico che abbiamo scelto e che ci porterà all’Assemblea Nazionale del 27, 28 e 29 giugno servirà a una nuova legittimazione, più aperta e più democratica, del nostro movimento e dei suoi organismi dirigenti, ma sarà indispensabile soprattutto per proiettare all'esterno il senso e la sfida della nostra proposta.

Dovremo essere capaci di aprire una forte iniziativa nella società: convocare ovunque assemblee pubbliche aperte a tutti i cittadini, moltiplicare il numero delle “case della sinistra”, partecipare a tutte le iniziative “per la Costituente” promosse da associazioni e movimenti politici, come quella che si è svolta a Firenze e le altre che sono in programma in diverse città italiane. Sarà nostro compito costruire una agenda di opposizione al governo Berlusconi: se non dai banchi del Parlamento, bisogna riprendere la parola subito, nelle forme e nei luoghi che avremo a disposizione, per intervenire nella discussione politica, assumere posizioni chiare e farle vivere nella società.

Questa legislatura è stata dichiarata dai vincitori “Costituente”: Il Partito Democratico ha subito aderito, con una larga e incondizionata (per quanto non unanime) apertura al dialogo e alla collaborazione. Su quali basi? Su quali condivise ipotesi di riforma? Se è vero che è avanzata a lunghi passi nella politica italiana l’estrema personalizzazione, il populismo e lo spirito del plebiscito, resta inaccettabile una trasformazione presidenzialistica e autoritaria della Costituzione repubblicana. Restano perciò valide le motivazioni che due anni fa hanno portato alla promozione di un referendum abrogativo della riforma costituzionale del centrodestra. Quel referendum ha vinto e oggi bisogna tornare a rivolgersi a tutti i cittadini che si impegnarono, aderendo all’appello dell’intero centrosinistra di allora. La nostra battaglia di opposizione dovrà riprendere dai temi della pace, delle libertà civili, dell’ambiente e dei diritti di chi lavora, oggi già esplicitamente minacciati dal nuovo governo delle destre.

Certo, nei prossimi anni ci aspetta una serie di nuove prove elettorali. Il rinnovo del Parlamento europeo è la scadenza più ravvicinata e quindi la più impegnativa: dopo la disfatta dell’aprile scorso la sinistra deve dare un segnale di ripresa e di presenza forte in tutto il Paese. E' assolutamente indispensabile che per quella data il nuovo soggetto della sinistra sia nelle condizioni di presentarsi agli elettori con il suo volto autonomo per chiedere loro fiducia e consenso necessari: un soggetto politico che si presenti con l’ambizione di parlare a tutte le forze di sinistra del nostro continente.

Per le elezioni amministrative e regionali va subito decisamente respinta l’ipotesi, formulata in seno al Partito Democratico, di alleanze à la carte, a seconda delle situazioni e delle esigenze dei territori: o c’è una esplicita alleanza con la sinistra, o nessuna alleanza, con le conseguenze inevitabili.

Noi crediamo che la sinistra sia viva nella società, nella cultura, nei valori in cui credono tanti uomini e tante donne di questo Paese. Questa parte dell’Italia ha bisogno di una coerente rappresentanza politica. Sinistra Democratica resta al servizio di questo progetto. Ci attende un periodo non breve di ricostruzione. Un lavoro difficile e appassionate di ricognizione sociale, di radicamento popolare, di ripensamento del progetto e della presenza della sinistra nel territorio e nei luoghi di lavoro. La sinistra che serve è una sinistra popolare, forte di una autonoma cultura critica, che porta il radicalismo dei contenuti in una prospettiva di governo. Che si pone il problema del rapporto con il PD, sapendo tenere insieme il conflitto politico e programmatico e la il progetto di un nuovo centrosinistra. E' una sinistra che solo in parte oggi ritroviamo nei suoi storici partiti di riferimento ma che nel paese è vasta e diffusa, ed ha saputo mostrarsi molte volte, con una capacità di aggregazione, di battaglia politica e di testimonianza civile altissime.

Serve una sinistra che è tale perché sceglie di materializzare sulla scena politica il lavoro e le sue trasformazioni dandogli rappresentanza, e che per questo sa costruire un rapporto nuovo con il sindacato che il lavoro rappresenta socialmente: un rapporto di reciproca autonomia, né competitivo né di estraneità e meno che mai di autosufficienza.

Ci rivolgiamo alle donne e agli uomini di sinistra, e a tutte le forze – politiche, culturali, associative, di movimento - che vogliono impegnarsi in questa sfida per una nuova sinistra. Disposta a misurarsi con la sfida del cambiamento. Donne e uomini che vogliono riaprire un cantiere politico, che non cercano il rifugio di vecchie trincee in cui sopravvivere a una battaglia persa. Questa sfida comporta spirito unitario e volontà di rinnovamento. Cioè un progetto politico e un processo Costituente: Sinistra Democratica farà la propria parte.

mercoledì 21 maggio 2008

SD E' DENTRO LA COSTITUENTE DELLA SINISTRA

Di Claudio Fava

Il mio incontro di ieri con il segretario del PD Veltroni aveva due punti all'ordine del giorno.

Il primo: la legge elettorale. Una falsa priorità per il nostro paese e per l'Europa, uno strumento surrettizio per reintrodurre il principio del voto utile attraverso soglie proibitive di sbarramento. Non mi interessava discutere sulla bontà del 3% proposto dal PD in contrapposizione al 5% preteso dal governo: mi interessava contestare l'idea stessa d'una nuova legge elettorale.Cosí è stato, così ho fatto. Ottenendo che questa discussione venga congelata, messa da parte, espunta dal tavolo delle presunte priorità istituzionali. E se in futuro si dovesse riaprire il dibattito, abbiamo convenuto che vi partecipino, con pari dignità politica, tutti i soggetti interessati, senza limitarsi a una conversazione da caminetto tra Pd e Pdl....

Secondo obiettivo: il centrosinistra. Cioè il superamento del falso mito elettorale dell'autosufficienza del Partito Democratico. Partendo da un ragionamento di onestà politica: l'Unione è stata una infelice stagione di coalizione e di governo, ma altrettanto infelice sarebbe l'idea che ciascuno adesso coltivi la propria solitudine. Esiste davvero la disponibilità del Pd a confrontarsi a sinistra non su titoli astratti ma sulle scelte politiche concrete, avendo come punto d'arrivo la costruzione di un nuovo centrosinistra? La risposta di Veltroni, modificando radicalmente l'asse della prospettiva politica del suo partito, è stata sì. Adesso si tratta di vedere se all'annuncio, come chiedono anche i compagni di Rifondazione, seguiranno i fatti. Cioè la costruzione di un terreno concreto di confronto e di reciproca autonomia tra il Pd e le forze della sinistra che a questo confronto siano disponibili.

Terzo punto, che è stato utile ribadire anzitutto ad uso della stampa: Sinistra Democratica ha fatto una scelta di percorso politico e di prospettiva, in tempi non sospetti. Una scelta chiara, netta, coerente, contenuta nella nostra stessa ragione sociale: fuori, con profonda convinzione, dal progetto moderato del Pd; dentro, con altrettanta convinzione, al progetto di un cantiere della nuova sinistra. Che oggi vogliamo condividere con chi sceglie di non arroccarsi nella ridotta simbolica dell'identità comunista. Noi siamo in campo per la Costituente di sinistra: che vuol'essere la nostra ragione, la nostra passione e il nostro contributo al paese.
Premessa necessaria, per chi ne avesse perso memoria e per chiarire cosa vuol dire per noi "confronto" con il Pd: vuol dire politica, capire se esiste un terreno su cui misurarsi per un progetto di governo del paese e per un'idea forte e reale di opposizione. Allo stato dei fatti, questa terreno è sdrucciolevole, fragilissimo, in ripida pendenza. Di tenere fermo l'asse di una opposizione - politica e sociale - al governo Berlusconi se n'è dovuta far carico solo la sinistra. Nelle Camere tutto è sfumato nelle formule di cortesia con cui è stato accolto il discorso di investitura di Berlusconi.

Detto ciò, noi continueremo a impegnarci per fare opposizione, nelle forme e con gli strumenti che avremo. Ma al tempo stesso vogliamo comprendere se vi è spazio tra la sinistra (non solo Sinistra democratica!) e il Pd per ricostruire un'idea diversa di centrosinistra. Di cui questo paese ha maledettamente bisogno se non vogliamo abbandonarlo all'egemonia della destra per i prossimi cinquant'anni. Tutto ciò passa attraverso un punto di verità politica: nessuno è autosufficiente. Né il Pd né la sinistra. Le "separazioni consensuali" hanno regalato a Berlusconi questo paese: è un vizio d'egoismo che non possiamo più permetterci.

L'incontro di ieri con Veltroni è servito essenzialmente a questo: a ricostruire il terreno di un confronto politico sul merito delle cose da fare e da dire a questo paese. Se ci saranno le condizioni perchè questo confronto possa produrre esiti utili, non saremo certo noi a impedirlo. Adesso tocca al Pd dimostrare che il tempo dell'autosufficienza è davvero concluso. Se così non fosse, andrebbe rivisto l'intero impianto politico del nostro confronto, a partire dai territori in cui la sinistra e il Pd insieme sono forza di governo.

martedì 20 maggio 2008

IL FILM: IL CONTAGIO FASCISTA TRA I GIOVANI ITALIANI

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mercoledì 14 maggio 2008

RICOMINCIAMO: sabato 17 maggio assemblea provinciale di Sinistra Democratica

Care compagne, cari compagni,
l’esito delle elezioni politiche del 13-14 aprile (con il ritorno al governo del Centrodestra e, per quanto ci riguarda, la sconfitta de “La Sinistra L’Arcobaleno” e la scomparsa delle forze della Sinistra in Parlamento), quello delle elezioni amministrative (con il successo della lista di Centrosinistra a Morro d’Alba e la rielezione a sindaco del compagno Simone Spadoni, il bel risultato conseguito da SA a Chiaravalle e il significativo risultato di Falconara), il dibattito apertosi nel PD sul tema “autosufficienza e alleanze” e le scelte congressuali di PdCI, PRC e Verdi (che rimettono in discussione – in un qualche modo – il percorso unitario) impongono un momento di riflessione collettiva all’interno del nostro Movimento.

Il Direttivo nazionale di SD ha approvato un primo documento (che allego), mentre il Comitato Promotore nazionale (il 10 scorso) ha designato il nuovo Coordinatore nella persona del compagno Claudio Fava, ha convocato una Assemblea nazionale del Movimento per il 3-5 luglio, ha approvato le “prime regole” per la stessa e un documento di base per la discussione.
Per fare il punto su questa complessa situazione e definire i caratteri della nostra iniziativa nella Provincia di Ancona, è convocata per

Sabato 17 maggio, ad Ancona
(Sala delle Culture a Vallemiano, a pochi passi dalla nostra Sede),
l’ ASSEMBLEA PROVINCIALE DEGLI ISCRITTI
con il seguente programma:
ore 10.00 : Relazione del Coordinatore provinciale;
ore 10,20 : Inizio del dibattito;
ore 12.45: Conclusioni

Auspicando la più ampia partecipazione, saluto tutti molto cordialmente.
Il Coordinatore provinciale
(Riccardo Maderloni)

martedì 13 maggio 2008

NON SERVE RINTANARSI CIASCUNO A CASA SUA. C'E' MOLTA PIU' SINISTRA DI QUANTO SI IMMAGINI

Intervista a Claudio Fava

Da due giorni è il nuovo coordinatore della Sinistra democratica. Quella che una volta si chiamava sinistra diesse. Ha preso il posto di Fabio Mussi che ha lasciato. Anche per ragioni di salute. Fra i tanti telegrammi che ha ricevuto, subito dopo la nomina, c'era anche quello di Veltroni. Segretario del piddì che lui conosce da tempo e che, anzi, dieci anni fa - quand'era segretario del pds - si spese molto perché lui dirigesse l'organizzazione di quel partito in Sicilia. Il telegramma di Veltroni ha dato il via ad una serie di supposizioni, che hanno trovato molto spazio sui giornali. Insomma, diversi commentatori pensano che quelle poche parole fossero il segnale di un possibile riavvicinamento.

E' così? Cosa nasconde quel telegramma?
Penso che sia un atto quasi dovuto, che fa parte delle norme di buona educazione politica, se così si può dire. Ma se proprio c'è un messaggio in quel telegramma, non credo che sia quello di cui hanno parlato i media...

Perché? Che cosa ci hai letto?
Forse erano la spia che anche fra le fila del piddì comincia a farsi strada la consapevolezza che con l'autosufficienza non si va da nessuna parte. Forse, la richiesta di un incontro da parte di Veltroni, comincia a rivelare che anche lì si stanno sgretolando le certezze sulla propria solitudine. C'è tutto questo e altro ancora.

Altro? Sempre in quelle poche righe?
Forse c'è anche l'ammissione che di qua, a sinistra, non c'è più solo un cartello elettorale. Certo dopo la sconfitta si sono prese strade diverse, alcuni mettono l'accento su strategie che puntano solo a ricostruire la propria identità ma ci sono anche tanti che puntano a ricostruire un'idea di sinistra. Che sappia superare la tragedia del voto. E con la quale tutti dovranno misurarsi.

Tragedia del voto. Tu come la spieghi?
Col fatto che gli elettori hanno punito il nostro deficit di verità. Parlavamo di nuovo soggetto ma in realtà abbiamo proposto un cartello elettorale, che ha mostrato il lato peggiore della sinistra. Siamo stati percepiti come una somma di apparati che divideva per quattro ogni istanza, ogni spinta dal basso. Ogni passione.

Vuoi dire che ti spieghi quel 3 per cento solo con gli errori della campagna elettorale?Ovvio che non è così. Il problema viene da più lontano. Quando ti dicevo che c'è stato un deficit di verità mi riferivo anche ad un'analisi mancata. Alla nostra incapacità - di tutti noi - a fare i conti con un linguaggio, con categorie politiche che sono state percepite come vecchie. Antiche. Non sapevamo cosa fosse diventato questo paese e abbiamo fato finta di nulla. E invece dobbiamo proprio partire da discorsi di verità se vogliamo ricostruire la sinistra. Una sinistra che sia percepita come utile.

Utile, dici. Alla vostra ultima assemblea quest'aggettivo è stato sempre accompagnato dalla frase: «e di governo»...Prima che formuli la domanda ti prevengo. E ti dico che trovo ridicola la contrapposizione fra chi è un teorico dell'opposizione e chi un sostenitore del governo. Contrapposizione falsa. La sinistra c'è e ci sarà se, in nome e assieme a chi vuole rappresentare, sarà in grado di trasformare questo paese. Se sarà in grado di progettare una trasformazione, di modificare lo stato delle cose presenti. E se questo è l'obiettivo, non ha senso che qualcuno dica: no, lì in quel posto dove si possono imporre le trasformazioni, non ci andrò in nessun caso. Non è mai stato così e non avrebbe molto senso riproporlo oggi.

Ma la discussione non è solo teorica. Alle spalle ci sono due anni di governo Prodi. Dammi un giudizio, in pillole, sull'esecutivo dell'Unione.
Un governo di mediazione, prudente, troppo prudente. Che ha balbettato e taciuto quando invece c'era bisogno di segnali forti. Ora la dice anche D'Alema, ora anche lui riconosce che forse si è dato più peso al pareggio di bilancio che non ai bisogni di chi lavora. Magari ci si sarebbe potuto pensare un attimo prima...

E adesso? Come si reinventa la sinistra?
Dovrà esserci un lavoro duro, di riflessione.
Anche se non tutte queste riflessioni vanno nella stessa direzione, non trovi?
E' evidente. Penso alla scelta del Pdci, che non condivido ma rispetto, penso al sofferto congresso di Rifondazione. Come ripartire? Innanzitutto una premessa: credo che anche le vicende di questi ultimi mesi ci hanno fatto capire che l'unità della sinistra non è un valore in sè. Stare tutti insieme, e per forza - come è accaduto prima del 14 aprile - può essere dannoso, per tutti.

Stai dicendo facciamo la sinistra con chi ci sta?
Se vuoi è la traduzione brutale del mio, del nostro pensiero. Facciamo la sinistra insieme a chi la vuole, senza le riserve mentali che abbiamo visto in campagna elettorale.

Da dove cominciare?
Io vedo che c'è molta più sinistra di quanto si possa immaginare. C'è tanta sinistra al di fuori delle organizzazioni politiche, c'è tanta sinistra in piazza a Bari contro la mafia, e in tante altre piazze d'Italia. Ce n'è tanta al di fuori dei partiti. Si deve ripartire da qui, non esistono scorciatoie. Occorre ricominciare dal sociale, dalle migliaia di organizzazioni che in questi anni hanno messo le radici nei territori. Non vedo alternative: alla costituente di una nuova sinistra a cui vogliamo dedicarci o protagonista sarà questa sinistra diffusa, o non se ne esce. E da qui, occorre riprogettare le future alleanze...

Alleanze elettorali?
Parlo di alleanze di progetto. Vedi, l'autosufficienza è una brutta idea del piddì ma lo è anche se la volesse praticare la sinistra. Io penso ad una sinistra autonoma, autorevole, forte, incisiva ma che ha piena coscienza che da sola non può farcela. A meno che non pensiamo di regalare per sempre questo paese alle destre. Ci vuole una nuova sinistra, allora, in un nuovo centrosinistra. Che non assomigli in nulla, però, a quello che abbiamo conosciuto. Quello era una zattera dove sono saltati tutti sopra, salvo poi abbandonarla, facendola affondare. No, io penso ad un'alleanza vera, fra attori che si parlano in condizione di parità.

Ma sii sincero: pensi che questa alleanza possa nascere con un piddì targato Veltroni?Davvero non ha molto senso fotografare l'attuale situazione e fissarla per sempre. Viviamo un momento molto fluido e vedo, anche nel piddì tanti segnali di chi vuole mettere in discussione la linea seguita fin qui. Quella dell'isolazionismo. Apriamo confronti, incalziamo. Da posizioni separate ma senza la pretesa di autosufficienza da parte nostra.

lunedì 12 maggio 2008

RICOMINCIAMO PER LA SINISTRA


Ricominciamo, per la sinistra
di Claudio Fava

Permettetemi di ringraziare in modo non rituale Fabio Mussi, non solo per l’impegno che ha investito in questi mesi difficili nel nostro movimento e nel nostro progetto. Penso che se siamo qui, tutti qui, dopo gli anni trascorsi nei DS, cercando di mantenere ferma in modo convinto e trasparente la nostra posizione politica, se abbiamo superato tre congressi dei Democratici di Sinistra continuando a ritrovarci nel progetto fondativo di un nuovo soggetto di sinistra lo dobbiamo anzitutto a Mussi, al modo in cui ha offerto guida e riferimento, sempre in punta di coerenza, per questo progetto. E dice bene Mussi nel ricordarci che la sinistra ha ancora una funzione importante da svolgere in questo paese. Io aggiungo: a patto di essere spietati con noi stessi, di indagare senza pudore i nostri limiti, di rivedere le categorie interpretative, i linguaggi e le forme organizzative di questa sinistra. Cercando di mettere a frutto quel “3” politico che il nostro progetto ha ricevuto il 14 aprile dagli elettori.

In quella bocciatura c’è anzitutto un nostro debito di verità. Verità su un progetto che abbiamo tentato di far passare come la prima prova di un nuovo soggetto politico di sinistra, pur sapendo che Sinistra Arcobaleno, nelle pratiche di alcuni soci fondatori, nel gioco delle reciproche diffidenze, nella vetustà dei linguaggi, non era un soggetto politico, e non era affatto nuovo: era solo un cartello elettorale. Abbiamo mentito, sapendo che ogni nostra rassicurazione sulla cifra comune e condivisa di questo percorso era una gentile ma sfacciata menzogna. Negli stessi giorni della campagna elettorale, mentre dal palco dei comizi ci ritrovavamo tutti insieme per recitare una liturgia rassicurante, alcuni partiti della Sinistra Arcobaleno aprivano il loro tesseramento.
Siamo apparsi poco credibili, invecchiati precocemente, costretti a linguaggi, asserzioni, certezze che apparivano abissalmente distanti dal paese reale. Abbiamo continuato ad interpretare il malessere sociale, la povertà diffusa di milioni di italiani con la categoria semplificatoria di “classe” senza comprendere che questa povertà è trasversale, affligge ceti medi e piccola borghesia, operai e salariati. In quella povertà non c’è una classe ma l’insicurezza sociale e la precarietà esistenziale che ha profondamente modificato il senso comune del paese. Solo che in questi quindici anni, mentre il paese precipitava lungo la china delle nuove paure e dei nuovi nemici, noi siamo rimasti a guardare, lasciando alle forze più conservatrici il compito di interpretare e assecondare questo nuovo, devastante senso comune.

Eppure più volte abbiamo avuto la possibilità di intercettare la domanda di cambiamento che la società rivolgeva alla sinistra. Dalla provocazione di Moretti a Piazza Navona ai tre milioni a Roma per la manifestazione a sostegno dell’articolo 18, agli autoconvocati di piazza san Giovanni fino ai centomila di Bari per la grande manifestazione antimafia di due mesi fa: abbiamo lasciato che questa richiesta d’un nuovo senso politico, di nuove forme di partecipazioni e di rappresentanza scorresse sotto il nostro sguardo come se si trattasse d’un film, una finzione, un paese che non c’era. Quel paese c’era, e il 14 aprile ci hanno presentato il conto. Abbiamo pagato la diffidenza con cui la sinistra ha interpretato questa fase costituente, abbiamo pagato il nostro linguaggio da piccoli maestri che credevano di parlare ad un paese che non esiste più.

Da dove ripartiamo? Da noi stessi, anzitutto. Dal progetto costituente che ci tiene insieme, da questa idea forte e necessaria di una nuova costituente di sinistra. Partendo però da alcuni chiarimenti di merito e di metodo. Intanto, un cantiere per una nuova sinistra si fa con chi ci sta. Non con tutti. Il tema dell’unità di tutte le forze di sinistra è un falso problema, una mitologia, una sovrastruttura. C’è chi ritiene oggi (e forse ha sempre pensato) di dare vita ad una costituente comunista: è un progetto che io rispetto, ma che nulla ha a che fare con il nostro percorso e il nostro punto di arrivo. Sono incompatibili, e non per il repertorio dei simboli e delle identità che pure è cosa che comprendo e rispetto. Ma perché in quel dirsi ad alta voce anzitutto comunisti sento il limite di una sinistra che non accetta di guardarsi dentro, che non vuole rinunziare alle proprie ridotte, alle proprie categorie, alla deriva identitaria, e poco importa se oltre quell’identità c’è un altro mondo, un altro paese, un’altra dinamica di conflitti sociali ed economici.

Ecco, è quella loro certezza a separarci. E a farci dire che una costituente di sinistra ha senso se si ripensa con onesta concretezza all’identità stessa della sinistra, alla sua capacità di porsi come motore di rappresentanza e di trasformazione non più di un paese virtuale ma di questo disperato e reale paese in cui viviamo. E qui si arriva a un secondo elemento di chiarezza necessaria: Sinistra Democratica vuole lavorare, con il contributo della sua autonomia, alla costruzione di un nuovo centrosinistra per il governo del paese. Questo vuol dire superare il concetto di una sinistra e di un Partito democratico, ciascuno per sé autosufficiente: in quella autosufficienza, già bocciata dal voto degli elettori, non c’è una scelta politica: c’è solo una fuga. Un nuovo centrosinistra, dunque, che nulla della vecchia esperienza dell’Unione abbia in sé. Superando, da parte nostra, la ridicola contrapposizione tra sinistra di governo e di opposizione. Come scriveva bene Occhetto qualche giorno fa sull’Unità, non esiste una sinistra che sia sempre di governo o sempre di opposizione: la sinistra sta dove gli elettori le hanno offerto di stare, conservando sempre la cifra della propria coerenza e dei propri obiettivi.

Dove si collocherà questa nuova sinistra rispetto alle grandi culture politichesi riferimento? La famiglia di Sinistra Democratica resta quella del Socialismo europeo: ma dev’essere intesa come una risorsa, non come un limite o un rifugio identitario. Tanto più che la domanda inevasa in questa campagna elettorale non è a quale famiglia politica avrebbe aderito la Sinistra arcobaleno, se al Pse o alla Sinistra europea. C’era un’altra domanda, ben più urgente: in cosa quel progetto mostrava una vocazione realmente unitaria? In cosa era davvero “nuovo” il nostro progetto? In quali pratiche organizzative, in quali forme di partecipazione, in quali linguaggi eravamo altro da una coalizione di partiti? La risposta è stata spesso solo un balbettio.

E’ tempo di dire. E di rivedere anche il nostro rapporto con il PD. E’ stata una scelta consapevole quella di non aderire a quel progetto, e di quella scelta restiamo tutti assolutamente convinti. E se un dialogo deve costruirsi con il Partito democratico, va fatto su posizioni di reciproco rispetto e autonomia. Il problema non è solo la dinamica delle alleanza, ma la politica che essa sottende. Davvero il Pd ritiene con il 33 per cento di poter rappresentare metà di questo paese e di poter puntare al governo dell’Italia? Se così non è, siamo pronti a un confronto. Ma, ripeto, pari dignità reciproca autonomia e coerenza nel dialogo: se quel dialogo non serve a Roma, non esisterà nemmeno nelle periferie. La sinistra, e certamente Sinistra Democratica, non può essere una shopping list dalla quale prelevare voti e alleanze solo quando le coalizioni servono ai governi locali.

Tutto ciò, un nuovo cantiere a sinistra e un diverso rapporto con il PD, pretende da Sinistra Democratica la capacità di definire se stessa, il proprio contributo, il proprio orizzonte politico di riferimento. Senza aspettare i congressi degli altri partiti ma sviluppando una propria fase costituente che restituisca al movimento anche quelle dosi di democrazia e partecipazione interna che fino ad oggi sono state carenti. E’ l’unico modo per uscire dalla dimensione della “mozione congressuale”: le compagne e i compagni del comitato promotore, al 90%, provengono dall’esperienza dei DS. I nostri quadri dirigenti, i nostri (pochi) eletti, i mostri militanti: siamo quasi tutti la prosecuzione inerziale della mozione congressuale di due anni fa. Questo non è un limite: è la certezza della nostra superfluità. Sinistra Democratica deve scegliere di essere altro, di aprirsi, allargarsi, contaminarsi con percorsi e storie diverse, di rinnovare profondamente i propri gruppi dirigenti, di proporli come la rappresentazione di una nuova, possibile sinistra che sappia parlare non solo ai reduci di una battaglia congressuale ma a una parte vasta e attenta del paese.

A questo servirà l’assemblea nazionale convocata per i primi di luglio: certo, a rinnovare i gruppi dirigenti, a offrire a questo processo un imprinting democratico, ma soprattutto a fare di Sinistra Democratica altro e di più, trasformando ciascuna delle 500 assemblee locali che convocheremo nei prossimi giorni in altrettanti momenti di iniziativa e di proposta politica.

Ritrovarci per questa discussione a trent’anni dalla morte di Peppino Impastato forse non ha solo il sapore d’una coincidenza. E’ la dimostrazione che trent’anni fa come oggi, esiste un altro paese fatto di donne e di uomini liberi, che vogliono vivere per cambiare le cose, non per subirle. Né per rassegnarsi alle malinconie del senso comune.

domenica 11 maggio 2008

CLAUDIO FAVA NUOVO COORDINATORE NAZIONALE


Sinistra Democratica avvia assemblee provinciali per la costituente di sinistra.
Il Comitato promotore di Sinistra Democratica riunitosi a Roma il 10 maggio, ha eletto quasi all’unanimità (due soli voti si di astensione e nessun contrario) Claudio Fava coordinatore nazionale del Movimento. La proposta di chiamare a questa responsabilità il parlamentare europeo è stata avanzata da Fabio Mussi, coordinatore dimissionario, a nome dell’intero Direttivo, alla fine della relazione introduttiva dei lavori dell’organismo dirigente.

Nel corso della sua introduzione (il testo integrale sarà online nei prossimi giorni) Mussi ha analizzato le ragioni della sconfitta della sinistra alle scorse elezioni ed ha affermato che la Sinistra in Italia non è morta, esiste nella società nella cultura, nei valori cui si ispirano milioni di donne e di uomini. Ed anche Sd è viva ed ha una funzione da svolgere. La funzione, l’obiettivo politico del Movimento varato il 5 maggio di un anno fa, secondo l’ex ministro dell’Università, è rilanciare il progetto all’origine della nascita di Sinistra Democratica: rinnovare e unire la sinistra.

È necessario, quindi, lanciare la Costituente della sinistra con tutti quelli, forze politiche e sociali, singoli uomini ne donne, che condividono questo obiettivo, una sinistra con una forte cultura di governo e che si pone il tema strategico della costruzione di un nuovo centro sinistra. Questo il cuore della proposta politica, per renderla concreta è stata avanzata da Mussi l’idea anch’essa approvata dal Comitato promotore, di convocare per il primo fine settimana di luglio la Assemblea nazionale di Sd, preparata da assemblee provinciali, che discuterà e approverà la piattaforma politica per il lavoro dei prossimi mesi, varerà lo statuto definitivo del Movimento e eleggerà i nuovi organismi dirigenti.

“La sinistra in Italia è viva” è la frase con cui Claudio Fava ha iniziato il suo intervento, ma questa frase è anche il centro di un progetto politico, quello di mettere l’originalità e l’autonomia di Sinistra Democratica per il Socialismo Europeo al servizio della costruzione di un nuovo soggetto politico della Sinistra. Secondo il neocoordinatore di Sd la sconfitta elettorale viene da lontano, dai mutamenti sociali e culturali che si sono stratificati nel nostro Paese e che hanno portato ad un vero e proprio cambio del senso comune che noi, la sinistra, non abbiamo capito e non abbiamo saputo interpretare.

Il primo a scrivere a Fava è stato il segretario del Pd: «i migliori auguri per l'incarico di coordinatore della Sinistra democratica». Ma soprattutto Veltroni ha voluto ricordargli che «il voto ci consegna una situazione politica profondamente mutata e impone a ciascuno di dare risposte ai problemi del Paese. Per questo motivo, nel pieno rispetto delle diverse posizioni espresse dal Partito democratico e da Sinistra democratica e della loro reciproca autonomia credo sia opportuno fissare in tempi ravvicinati un incontro di lavoro». E la risposta non si è fatta attendere: «Caro Walter - scrive Fava - sono pronto ad incontrarti. Sarà occasione per mettere nuovamente al centro del nostro comune sforzo per un nuovo centrosinistra in questo Paese. Ciascuno - prosegue - con l'autonomia delle proprie posizioni e del proprio percorso, ma sapendo che, su un piano di pari dignità, una collaborazione proficua è possibile tra Pd e il nostro progetto di Costituente di Sinistra».

ll Comitato promotore ha varato il Regolamento per la Conferenza nazionale, il testo completo sarà pubblicato lunedì pomeriggio. Infine, sulla base della discussione che si è svolta nell’organismo dirigente sarà varato un Documento politico che verrà anch’esso pubblicato sul nostro sito così che possa essere eventualmente integrato per poi, nella versione definitiva, inviato alla discussione delle assemblee provinciali.

sabato 10 maggio 2008

TUTTI I NOSTRI ERRORI. IL PRIMO 5 ANNI FA


Intervista a Fabio Mussi pubblicata su Il Manifesto l'8 maggio 2008

«Nel 2003 non abbiamo dato risposte ai movimenti. In campagna elettorale abbiamo fatto un gioco delle parti con Veltroni. Ma un tentativo ancora va fatto. Alle europee». Il 26 luglio di due anni fa Fabio Mussi, ministro della ricerca da un paio di mesi, minacciò le dimissioni di fronte al taglio delle risorse per l'università deciso dal collega Padoa Schioppa. Adesso, che sta portando via le ultime cose dallo studio all'Eur che da stasera sarà di Mariastella Gelmini, ripensa a quel passaggio, «forse avrei fatto bene a dimettermi, questi due anni sono stati terribili, la sinistra era sottorappresentata al governo e noi ministri dell'arcobaleno abbiamo dovuto combattere su troppi fronti». Il risultato del 14 aprile, che ha colto Mussi in piena convalescenza da un'operazione che lo ha tenuto via dalla campagna elettorale, dimostra che i ripensamenti sono tutti utili: «E' stato un catastrofico fallimento».

E' passato un mese dalle elezioni, nella sinistra arcobaleno sono partite le ostilità fratricide ma non la riflessione sul tracollo. Incapacità o incoscienza?
Il fatto è che quello di aprile è stato un risultato epocale, richiede un'analisi complessa. Si è chiusa una fase iniziata nel 1992-93 quando il quadro politico della Repubblica si era ricomposto con i nuovi partiti eredi della Dc e del Pci. E' iniziata allora una lunga partita a scacchi rimasta per 15 anni sostanzialmente in equilibrio. Quando aveva vinto Berlusconi era andato in crisi subito, Prodi era durato due anni, poi i governi D'Alema e Amato, poi il 2001 con Berlusconi che resta in sella cinque anni ma cambiando ministri in continuazione e con una forte opposizione sociale, offrendo comunque una senso di instabilità. E poi la nostra vittoria illusoria di due anni fa, come solo adesso riconosce Veltroni.

Dice «abbiamo fatto finta di avere vinto», perché allora non c'era il Pd.Falso, l'ipotesi del Pd era già fortemente in campo. E se con il discredito internazionale di Berlusconi, le leggi vergogna, la crescita zero si vinse per 24mila voti era il caso di preoccuparsi. Ed ecco il risultato del 2008 che è un vero finale di partita. Il lungo tira e molla durato 15 anni si è concluso con un deciso spostamento a destra. Non c'è mai stato un parlamento così clericale in Italia. Il paradosso è che il Pd era partito alla conquista dell'America ma si ritrova come il Pci: sostanzialmente senza prospettive, chiuso. E senza il radicamento sociale, la forza intellettuale e i legami internazionali del Pci. Ha assorbito i radicali, portato via la metà degli elettori di sinistra ma ha solo 100mila voti in più della somma di Ds e Margherita. Arriva al 33% perché c'è stato un calo dei votanti.

Parliamo invece del 3% della sinistra arcobaleno.
Non sfuggo, dico anzi che il nostro tentativo è stato tardivo e pasticciato e per questo fallimentare. Vorrei però cercare le cause alla loro origine, il ritardo è di molti anni. Tra il 2001 e il 2003, da Genova al social forum di Firenze, l'Italia partecipò non poco a quella che il New York Times definì la seconda superpotenza mondiale. Il movimento pacifista e alteromondista si sommò alla crescita del movimento sindacale sui diritti dei lavoratori, i 3 milioni per l'articolo 18. Poi l'opposizione a Berlusconi, i girotondi. C'era una battaglia politica forte nei Ds. E la sinistra ha lasciato passare quella fase senza riuscire a dare a quei movimenti una rappresentanza politica minimamente adeguata. Stiamo parlando di cinque anni fa, non del secolo scorso.

Ad un'assemblea del manifesto nel gennaio 2005 tu invitasti a guardare anche oltre il 13% che era allora la somma delle forze di sinistra.Da allora si è persa una quantità incalcolabile di battute. Ci sono state complicazioni, come Cofferati che appare come possibile leader e poi si ritira. Ma la sostanza è che c'erano le condizioni e non siamo riusciti a costruire qualcosa di diverso a sinistra. Perché? Perché ha prevalso la logica settaria delle appartenenze. La frammentazione, la competizione che in un certo momento può anche essere un elemento di forza, ma alla fine è diventato un peso mortale.

Ma il 2008 non dimostra il contrario, che l'unità improvvisata non paga?Così certo: durante la campagna elettorale che ho seguito da un letto di ospedale capivo che ripetere sempre "non siamo un cartello elettorale" voleva dire il contrario, "siamo proprio un cartello elettorale". Da quando siamo usciti dai Ds nel 2007 sono cominciati mesi estenuanti, guardinghi. Ad ottobre il Pd ha fatto le primarie, con tutti i limiti ma ha chiamato 3 milioni di persone. La sinistra ha fatto una manifestazione, quando era il momento di fare un partito.

Due cose non in contraddizione.E invece ci si è fermati subito. Ricordo la fatica per fare l'assemblea del 7 e 8 dicembre. Ricordo il sospetto reciproco sulla riforma della legge elettorale. Alla fine lo scioglimento delle camere ci ha colto in mezzo al guado.

Basta questo per spiegare il tracollo?Non basta. Ricordo che a febbraio fui io a chiedere insistentemente un incontro della sinistra arcobaleno con Veltroni per non dare per morta la coalizione. E invece la decisione di rompere a sinistra era stata già presa. E' rimasta la sensazione di un gioco delle parti con il Pd, è sembrata una separazione consensuale. E invece bisognava inchiodare Veltroni su questo punto, spiegare che così consegnava il paese a Berlusconi.

E adesso ci potrà essere un rapporto con il Pd?Sono per tenere aperta una porta per il centrosinistra. Ma adesso è il momento della lotta politica a denti sfoderati. Veltroni dice che le alleanze per le amministrative si decideranno caso per caso? Rispondiamogli che vada da solo. Sinistra arcobaleno può ancora essere determinante in molti luoghi. Ero per questa linea anche prima delle elezioni, non mi piaceva che Veltroni ci cacciasse dall'alleanza nazionale ma ci chiedesse di sostenere i sindaci del Pd. Dovevamo uscire subito dalle giunte, e poi ragionare.

E adesso come si fa politica fuori dal parlamento, come si fa l'opposizione a Berlusconi?La prima cosa è riprendere la parola sulle questioni essenziali. La sinistra in questo momento è al mutismo. Due mesi di congressi rischiano di bloccare tutto. L'opposizione fuori dal parlamento sarà indispensabile, anche perché ho l'impressione che dentro ce ne sarà poca. E' tutto un cinguettio: dialogo, collaborazione. Sembra di stare nel mondo di Heidi. Legislatura costituente? Ma cosa. Rimettiamo in piedi il movimento che aveva promosso il referendum del 2006 per difendere la Costituzione.

E la sinistra arcobaleno intanto? Progetto bocciato, progetto archiviato?Secondo me dobbiamo fare un altro tentativo. Uno. Non è immaginabile un parlamento con nessuno che si dice di sinistra. Il progetto va rivisto, è chiaro. Per fortuna nessuno ha particolare voglia di aderire alla costituente comunista di Diliberto. Una delle cose da rivedere è l'idea di non avere nemici a sinistra. Non tutta la sinistra può essere unita. Ma nessuno può pensare che di fronte al nuovo quadro con due, tre grandi partiti noi si possa restare sbriciolati in quattro, cinque piccole forze. Dobbiamo dare un segno di vita, e velocemente. L'anno prossimo, alle europee, va fatto il tentativo di una lista che si proponga come ponte tra le forze del socialismo europeo e le forze di sinistra alternativa.

mercoledì 7 maggio 2008