martedì 27 febbraio 2007

FABIO MUSSI IL 5 MARZO A PESARO PRESENTA LA MOZIONE


I DIRIGENTI CGIL DI ANCONA CHE ADERISCONO ALLA MOZIONE MUSSI

1) PAOLUCCI Gabriele
Segreteria regionale CGIL Marche
2) MANZOTTI Marco
Segretario generale CGIL Ancona
3) GIULIANI Anacleto
Segreteria provinciale CGIL Ancona
4) MANCINELLI Giordano
Responsabile Zona SENIGALLIA
5) BELLEZZA Massimo
Responsabile Zona FABRIANO
6) SARTI Domenico
Responsabile Zona JESI
7) FANESI Gabriella
Responsabile Salute e sicurezza CGIL Marche
8) FANESI Franco
Responsabile organizzativo Lega SPI Ancona
9) BELDOMENICO Tiziano
Segreteria provinciale FIOM-CGIL
10) MOSCATELLO Joice
Segreteria provinciale FILCAMS
11) EL HASANI Mohamed
Segretario regionale FLAI Marche
12) TALEVI Valeria
Segreteria regionale FP – CGIL
13) FERRERI Sergio
Segreteria provinciale FP – CGIL
14) SABBATINI Roberto
Segreteria provinciale FP – CGIL
15) GALLI Giuseppe
Responsabile settore artigianato
16) MANCINI Uliano
Responsabile NIDIL
17) MARCONI Virgilio
Segretario provinciale FILT (trasporti) CGIL
18) CERIONI Alba
Segreteria provinciale FILT CGIL
19) AMADONI Maurizio
Segreteria provinciale FILT CGIL
20) OLCESTE Angelo
Segreteria provinciale FILT CGIL
21) MASCAMBRUNI Giovanni
Segreteria provinciale FILT CGIL
22) GIUBILEO Lidovina
Responsabile CRS Ancona (piano S. Lazzaro).

lunedì 26 febbraio 2007

PERDERE LA FACCIA O L'IDENTITA'?

Dice Gad Lerner (ieri sera a “che tempo che fa”, dialogando con Fabio Fazio) che “il PD ormai si deve fare, se no Fassino e D’Alema perderebbero la faccia”!

Ma chi glielo ha fatto fare ad andare ad Orvieto ed assumere impegni per i 600mila iscritti DS, senza una loro preventiva consultazione?
E’ questo il metodo “democratico” che si intende attuare nel PD?
Perché mettere 600mila iscritti DS di fronte al tragico dilemma se salvare e rilanciare i DS, facendone un partito più democratico e più di sinistra (e così rischiare di “far perdere la faccia” al Segretario ed al Presidente del partito) oppure sciogliere i DS e fare il PD (giusto per evitare che Fassino e D’Alema conservino la faccia)?

Questa tecnica del fatto compiuto è segno di un assurdo e preoccupante autoritarismo che sta cambiando geneticamente i DS e la dice lunga su cosa si intenda per “democrazia”: il ristretto gruppo “dirigente” decide (se no, che gruppo dirigente sarebbe?) e poi “l’intendenza seguirà”!

Abbiamo avuto qualcosa di simile nelle recenti e cosiddette “primarie interne” per la individuazione della candidata alla carica di presidente della Provincia. Un ristrettissimo “gruppo dirigente” (tanto ristretto da rasentare l’oligarchia) decide. Poi si attiva una procedura pseudo-democratica per far “ratificare” la decisione dalla “base”, tanto per dare all’operazione un’apparenza di democraticità.

I DS sono formati da tanti militanti seri, responsabili, che vogliono bene a questo partito, che non farebbero mai niente che ne possa intaccare l’immagine pubblica, ma che vogliono partecipare (cioè discutere e decidere insieme e con metodo democratico) e contare davvero.

I DS sono una comunità umana complessa, il fantastico melting pot di tante culture, storie, tradizioni, vite vissute e spesso sofferte (ma poi, c’è anche dell’altro…).
Hanno elaborato il senso della disciplina e dell’equilibrio, ma anche quello della maturità responsabile.
Hanno radici profonde che a reciderle si provocano o dolorosi (e spesso silenziosi) allontanamenti o battaglie interne sofferte, non volute e che si vorrebbero evitare.

Dunque, mettere i DS di fronte ai fatti compiuti dai quali non ci si può più ritrarre “per non far perdere la faccia” ai loro Dirigenti (pure stimati se non, addirittura, amati) è irresponsabile perchè produce in loro (IN NOI) conflitti e lacerazioni drammatiche tra i sentimenti di appartenenza e di difesa del partito (che una volta si diceva avesse sempre ragione, anche quando sbaglia…) e quelli altrettanto profondi a voler essere una risorsa vera, protagonisti che vogliono ragionare con la propria testa, non soldatini ubbidienti per un malinteso senso di disciplina.

Il compagno Bersani, nei giorni scorsi, ha detto che a questo punto il PD è come un aereo che – sulla pista - ha spinto i motori al massimo: o decolla o si schianta al suolo.

Con tutto l’affetto e la stima per un compagno ed un Ministro tra i più intelligenti, chiedo a Bersani: se fossimo davvero a bordo di un aereo e il Comandante spingesse al massimo i motori pur non essendo sicuro della possibilità di decollare, che cosa penseremmo di lui, dato che mette a rischio, senza motivo, LA VITA sua e nostra?

Se potessi (ma non potrei) chiederei di scendere; non potendo più scendere dovrei “fare figo” e sperare che l’aereo non si schianti, ma una volta tornato a terra chiederei al Comandante di prendersi una pausa, se non proprio di … cambiare mestiere.

Nel nostro caso, la situazione appare (un po’ meno) da incubo. Nel nostro caso, l’aereo può ridurre la sua velocità e fermarsi, se i viaggiatori non vogliono iniziare un viaggio dall’incerto e disastroso esito. Possono definire rotte più sicure e congeniali ai loro desideri.

Mi fermo qui. Dite la vostra, se volete!
Riccardo.

BUONA LA PARTECIPAZIONE ALLE ASSEMBLEE DI PRESENTAZIONE DELLA MOZIONE MUSSI

Vanno decisamente bene le assemblee pubbliche di presentazione della 2° Mozione congressuale DS (Mussi-Salvi-Bandoli-Spini)Nonostante la mancanza di nomi di personaggi di spicco nazionale.

A Jesi, Palazzo dei Convegni ha visto la partecipazione di numerosi cittadini ed esponenti politici locali. Importante e significativo il saluto del Sindaco Belcecchi e l’intervento di Domenico Sarti, segretario della Camera del lavoro di Jesi.

A Fabriano, la Sala Ubaldi ha visto un nutrito parterre. Tra gli altri, i Segretari cittadini di DS, PRC, PdCI, i portavoce di Società Civile con l’assessore Paolo Paladini, il Presidente dell’ANPI nonché compagni impegnati nella CGIL. Di rilievo la presenza e l’interesse per i contenuti della Mozione di “A sinistra, per il socialismo europeo”, dichiarati da compagni (Paolo Bergamo, Cesira Carnevali ed altri) che abbandonarono i DS 5 anni fa in dissenso sul metodo e nel merito della candidatura di Roberto Sorci alla carica di sindaco, sostanzialmente costruita altrove e poi imposta agli Organi DS.

I prossimi appuntamenti: sabato 3 marzo, ore 18.00 a Falconara (Centro Pergoli in Piazza Mazzini) con l’on. Valerio Calzolaio e Lorenzo Mazzoli (segretario nazionale FP-CGIL); domenica 4 marzo, ore 10.00, a Senigallia (Sala convegni alle Saline) con l’on. Claudio Maderloni e Lorenzo Mazzoli; a Moie di Maiolati, ore 10.00, Sezione DS.

Intanto assistiamo alquanto perplessi dalle “prove tecniche di Partito Democratico” ad Ancona dove, con un poco elegante e inopportuno attacco a freddo nei confronti del Sindaco Sturani (all’estero per vacanza), il Vicesindaco Simonetti ha inteso rivolgere un “richiamo all’ordine” ai DS, “rei” di una presunta mancata concertazione con DL su questioni importanti (Unioni civili, PRG ecc.) che assomiglia tanto alla rivendicazione di una sorta di diritto di veto della Margherita nei confronti dell’autonoma iniziativa dei DS.

Sturani non ha certo bisogno di avvocati difensori d’ufficio e risponderà al suo rientro in Patria. Tuttavia, nel mentre si prende atto della reazione del Segretario Brisighelli (che rileva le ragioni del radicamento DS nella Città, grazie anche all’apporto significativo la Sinistra interna e però preferisce glissare sulle motivazioni reali dell’attacco di Simonetti e Carrescia) non si può fare a meno di rilevare i prodromi di una difficilissima coabitazione, nello stesso futuro PD, di anime e culture così differenziate come sono appunto quelle dei DS e della Margherita, che confermano i contenuti della Mozione Mussi.

La Sinistra interna ai DS, infatti, sostiene la contrarietà alla fusione fredda tra DS e DL che dovrebbe portare ad un “partito unico” e la necessità inderogabile di lavorare, invece, con equilibrio e saggezza politica, per la massima coesione tra tutte le componenti dell’Unione di Centrosinistra, Margherita compresa, fattore decisivo per sbarrare la strada alla Destra.

domenica 25 febbraio 2007

GIOVANI PER IL SOCIALISMO EUROPEO


Pubblichiamo l'appello di compagne e compagni under 30, dei DS e della SG della Federazione di Siena, a sostegno della mozione A Sinistra per il Socialismo Europeo.


Noi, giovani dei Democratici di Sinistra e della Sinistra Giovanile, con questo documento di appoggio alla mozione A SINISTRA PER IL SOCIALISMO EUROPEO, che candida Fabio Mussi a segretario, vogliamo contribuire al dibattito del prossimo congresso del nostro partito.

Con questo appello speriamo di raccogliere (oltre quelle riportate in calce al documento) le adesioni di giovani compagne e compagni che come noi sono convinti che in Italia ci sia ancora bisogno di una rinnovata e rivitalizzata forza di sinistra e socialista.
Oggi, una volta di più, sentiamo il dovere di rimarcare il nostro punto di vista, parlando di noi e guardando a sinistra.

Il partito che vogliamo costruire deve:

Riscoprire la centralità del lavoro: ripristinare il principio dell'occupazione stabile e a tempo pieno, combattere la precarietà e le nuove forme di alienazione, aumentare le tutele e le garanzie per i giovani lavoratori; favorire l'istruzione, incentivare e investire nella ricerca, cercando di arginare la "fuga dei cervelli" dalle nostre università; estendere il campo dei diritti delle persone, indipendentemente dal loro stile di vita e dal loro orientamento sessuale; vogliamo stare al passo con gli altri cittadini dell'Europa laica e pluralista, favorendo il lavoro rispetto al reddito, scardinando un sistema ingessato dal corporativismo a favore di un mondo del lavoro meritocratico e dinamico, motore di una vera crescita sociale e culturale.

Farsi promotore di una nuova politica ambientale:
crediamo che sia necessario intraprendere nuovi percorsi finalizzati concretamente all'incentivazione di modelli sociali ed economici improntati ad una chiara etica ambientale. Ed è per questo che è necessario un ripensamento dell'attuale sistema di sviluppo, basato sull'accumulo e la produzione crescente delle merci, individuando altre forme di indicatori del benessere e della crescita non solo di tipo meramente monetario. Riteniamo perciò fondamentale l'adozione di politiche che pongano al centro il risparmio energetico e dirette al superamento della dipendenza economica e politica dalle energie fossili in funzione di altre forme più sostenibili. Nondimeno è indispensabile rimarcare la centralità ed il valore dei beni comuni dell'umanità.

Perseguire una vera politica di pace:
che parli di disarmo e denuclearizzazione; promuova processi di cooperazione e solidarietà internazionale, abbandonando logiche di guerra e unilaterali, rilanciando il ruolo del nostro Paese come potenza di pace e mediazione tra popoli e controversie internazionali. Ciò che significa ricordare quel che insegna l'art. 11 della Costituzione: "l'Italia ripudia la guerra...".

Investire su un vero ricambio generazionale:
puntiamo ad un concreto e continuo rinnovamento delle idee e delle persone. Per questo, un grande partito di sinistra come il nostro deve aprirsi alla società ed ai movimenti e riuscire a valorizzare le capacità e le sensibilità dei suoi iscritti e aderenti. Ciò affinché la politica torni ad essere luogo di analisi ed elaborazione, capace di assolvere al ruolo di precursore, interprete e guida dei mutamenti e delle problematiche sociali.

Ecco quello che non vogliamo:

Giocare al ribasso sui principi e sui diritti fondamentali:
sottolineiamo la libertà di scegliere con chi e come vivere, nel rispetto dell’autonomia e dell’autodeterminazione delle scelte individuali, agendo per una estensione dei diritti. Capisaldi questi, come anche la libertà di ricerca ed il diritto a disporre del proprio corpo e della propria morte, che non possono essere ridimensionati dalla mancanza di norme e tutele giuridiche.

Disgregare un partito di identità e idealità per raggruppare percentuali, rischiando un’operazione meramente autoreferenziale che ci faccia perdere definitivamente il contatto con la società e con le sue istanze.

Una fusione a freddo tra due identità distinte e troppo spesso divergenti, quali Ds e Margherita; un percorso del genere porterebbe al dissolvimento della maggiore forza della sinistra italiana: ovvero, determinerebbe la scomparsa, unico caso in Europa, della parola socialista dal lessico e dalla pratica politica; non vogliamo essere i primi testimoni della dismissione del grande patrimonio politico e culturale che ha così tanto contribuito, nel corso della storia italiana, al miglioramento dei lavoratori, dei ceti più deboli, delle classi subalterne.

Quello che vogliamo è anche quello per cui abbiamo sempre combattuto: un lavoro dignitoso, stabile e duraturo; un mondo vivibile, oggi e guardando al domani; una politica che parli di pace e di disarmo e che sappia sempre individuare e combattere le vecchie e nuove disuguaglianze; un partito di idee nuove e ricco dell'esperienza storica e culturale della sinistra italiana: radici salde, per un socialismo del futuro.
Ed anche perché il nome "compagno" continua a piacerci.

Aliprandi Andrea, Barra Antonio, Bartolini David, Borghi Eleonora, Borgogni Federico, Boschetti Annarita, Brogi Jacopo, Cicero Alessandro, Coli Fabiana, Conte Carmela, Corsi Francesco, Di Nenno Valentina, Francini Cosimo, Giunti Alessio, Lampis Alberto, Lattanzi Rossella, Leccia Giuseppe, Montagnani Silvia, Mugnaioli Enrico, Scanu Gianmario, Storai Johnny, Tanzini Martina, Tomelleri Cesare, Tuozzolo Giuseppe, Virgilio Ivan.

sabato 24 febbraio 2007

CRISI DI GOVERNO: FATTI E LUOGHI COMUNI

Care compagne e cari compagni, a seguito della Crisi di Governo si sta determinando in diverse realtà territoriali del nostro partito una discussione sulle cause della crisi stessa e sulla prospettiva politica.

Spesso questa discussione anziché essere fondata su una precisa analisi dei fatti, finisce per riflettere una serie di luoghi comuni contro le diverse forze della sinistra e a supporto del partito democratico. Abbiamo individuato una serie di questioni, espresse in meno di una cartella, che vi inviamo sperando che possano costituire la base di un ragionamento ben più serio e articolato su ciò che sta accadendo.

Vi saluto con affetto Roberta Lisi

Nella discussione che segue alla crisi di Governo non può essere eluso un dato di partenza: le elezioni politiche non hanno segnato una vittoria del centrosinistra ma, nei fatti, un pareggio con i numeri parlamentari che ne conseguono. Il problema è l'assenza di maggioranza al Senato.

Se anche Rossi e Turigliatto avessero votato, il centrosinistra non avrebbe avuto la maggioranza dei voti. Il Governo dipende dai senatori a vita. Errori sono stati fatti anche dopo il risultato elettorale. A partire dalla presidenza del Senato. Se invece di fare come se avessimo vinto con larghezza, si fosse data la presidenza del Senato a un esponente del centrodestra, avremmo avuto due voti in più.

Questa crisi nasce da destra, da un'operazione politica preparata e studiata da Udc e Andreotti, con sponde molto potenti che spingono contro questo Governo, contro la sua politica estera, contro i Dico. La scelta molto grave di Rossi e Turigliatto attira i fulmini sulla sinistra ma la vera rottura è stata preparata altrove.


Noi dobbiamo rivendicare che il Governo Prodi è stato ed è il più avanzato. Nello stesso tempo bisogna riflettere sulla perdita di consensi al Governo legata al fatto di aver ignorato una parte del paese (pensionati, lavoratori, questioni sociali, welfare, giovani).


Questo Governo ha fatto molto bene su alcuni fronti come la politica estera e i Dico: e ce lo fanno pagare le forze potenti che non sono d'accordo. Ha fatto meno bene su altri fronti e lo abbiamo pagato nella società.

A quelli che dicono "la soluzione è il Partito Democratico" bisogna replicare che:. I più ottimisti parlano di un possibile Pd al 35%. Ma col 35% non si governa.. Si vuole mandare via Rc e la sinistra radicale dal Governo? E con chi governiamo, FI? (i voti dell'Udc anche volendo non bastano).

Chi argomenta in questo modo vuole la fine del Governo, la sua crisi definitiva. Il problema è invece affrontare le questioni irrisolte: parlare alla parte ignorata del paese; rovesciare la situazione per cui dopo cinque anni di Governo orrendo di Berlusconi il centrosinistra pareggia le elezioni.

Qui si innestano le questioni del congresso e della mozione: per affrontare questi problemi occorre una sinistra forte, autonoma e di governo; bisogna ridare centralità al lavoro; ripartire dalla giustizia sociale; affrontare decisamente le questioni globali del pianeta.


Leggi l'articolo di Gianni Zagato: http://www.aprileonline.info/1927/quel-17-dei-ds-un-anno-fa

venerdì 23 febbraio 2007


giovedì 22 febbraio 2007

RELAZIONE DI PAOLO CECCHETTI ALLA CONFERENZA PROGRAMMATICA DS DI FIASTRA

Relazione presentata alla Conferenza programmatica dei DS: Abbazia di Fiastra 17/02/07

Compagne e compagni,
ho voluto cogliere l’occasione offerta da questa conferenza di programma per esprimere un giudizio sullo stato del Partito,prima che il Congresso Nazionale ne decreterà la fine e consacrerà la nascita di un soggetto politico nuovo,il Partito democratico.

La mia relazione non vuole ,però, essere un’analisi politica di questa proposta,presto ci saranno altre occasioni ,a tutti i livelli in cui si articola la vita del Partito, per poter esprimere un giudizio politico più circostanziato ,ma vuole riflettere, attraverso le vicende degli ultimi anni, incentrate su un tema di primaria importanza per i cittadini come la sanità, sulle condizioni della vita interna del Partito, sulla sua capacità di elaborazione politica ,sulle prospettive per il prossimo futuro che non si esauriscono nella costruzione di un nuovo Partito,ma in un nuovo modo di fare politica,più attenta ai bisogni dei cittadini,più aperta al confronto,meno autoreferenziale ,sostenuta da una più forte tensione etica individuale e collettiva.

Il mio intervento,nasce dal confronto e dalla riflessione tra alcuni compagni dell’Area,sul tema della sanità regionale ed in particolare vuole esprimere un giudizio di metodo e di merito su due temi di attualità e cioè sulla bozza del nuovo Piano Sanitario e sulla vicenda delle nomine dei Direttori di Zona.
Per quest’ultimo, essendo le nomine già state ratificate, l’analisi vuole esprimere un giudizio sulle modalità attraverso le quali si è giunti a tali scelte.

Sono vicende che meglio di tante altre rivelano condizioni di continua,progressiva chiusura al confronto ,alla elaborazione partecipata ,
all’analisi aperta a nuovi soggetti.
La linea politica, le scelte politiche nascono ormai da anni da gruppi dirigenti sempre più ristretti, da piccole oligarchie che hanno ormai assunto il controllo del Partito, diventato strumento di potere e di acquisizione di privilegi.

Se esaminiamo la vicenda della Sanità regionale in relazione al ruolo del Partito non possiamo dimenticare che la Direzione regionale, che si è costituita il 22/01/2005 in seguito al Congresso Regionale che ha riconfermato Vannucci a segretario, sostituito dall’attuale Segretario nel luglio del 2006 ,in seguito alla sua elezione in Parlamento,in questi 2 anni di attività si è riunita quasi esclusivamente per discutere di Regolamenti e di candidature registrando un pesante ritardo sulla elaborazione politica.

Le commissioni di lavoro non si sono costituite e quando costituite o non si sono mai riunite o non hanno elaborato documenti da portare alla discussione generale.
Questa situazione ha determinato una elaborazione politica inadeguata su temi di interesse regionale lasciando ad iniziative personali ogni intervento.

In particolare sulla Sanità,che rappresenta l’80% del bilancio regionale ed un settore fondamentale di interesse non solo sociale ma anche economico,come anche evidenziato nella proposta di Piano Sanitario, è mancata la possibilità di un ampio confronto nella Commissione e con i compagni della Direzione Regionale ;in questo modo si è lasciato il progetto del nuovo Piano Sanitario alla elaborazione di pochi tecnici del settore e di conseguenza si è svuotato il coinvolgimento attivo non solo della Commissione e della Direzione Regionale,ma anche di altri soggetti presenti sul territorio,delle organizzazioni di categoria,delle associazioni dei cittadini privando la proposta di quell’arricchimento sostanziale che solo un processo di elaborazione partecipato e condiviso può realizzare.

La precedente Riforma Sanitaria ,riforma prevalentemente di tipo organizzativo che ha dimostrato una scarsa capacità di contenimento del deficit da parte dell’attuale modello incentrato sull’ASUR ed ha provocato una paralisi del sistema, non ha trovato né sviluppo nè una rivisitazione critica nel nuovo Piano Sanitario,ma solo un tentativo di aggiustamento con un ulteriore appesantimento organizzativo e di livello decisionale,con la prefigurazione , accanto alle zone territoriali ,di un livello di Area Vasta.

Se analizziamo in modo obbiettivo il nuovo Piano Sanitario regionale ci si accorge ,alla fine della sua lettura,che c’è ben poco di Piano ,ma che in realtà è un insieme di Principi ed obiettivi,mentre non si vedono le azioni,i tempi, i soggetti che rappresentano i contenuti di un Piano Sanitario.
Ciò nonostante questo nuovo assetto organizzativo introduce strutture di erogazione di servizi con un primo minimo livello decisionale organizzativo,tutto da verificare e costruire e determinare,poiché né il Piano,né gli atti aziendali chiariscono il livello decisionale di Distretto,ospedale,dipartimento di prevenzione,che potrebbero assurgere ad un ruolo anche di confronto istituzionale,come d’altra parte è previsto dalla normativa nazionale ,e dalla logica di funzionamento di strutture altamente complesse.

A queste si aggiungono strutture di livello zonale,un nuovo livello di area vasta tutto da determinare,un livello regionale ASUR,che non si applica alle aziende ospedaliere,un livello regionale che si applica a tutte le aziende.

Il progetto che emerge con chiarezza da questo nuovo Piano Sanitario è lo svuotamento del modello organizzativo basato sull’ASUR,mentre l’unità vera di programmazione diventa l’Area vasta che è assimilabile ad una Area Provinciale:si sviluppa in questo modo un conflitto di competenza tra Area Vasta ed Asur.
Ogni Area Vasta acquisisce dall’ASUR un Dipartimento Clinico,un Dipartimento socio-sanitario ed un Centro Servizi,mentre l’ASUR mantiene la personalità giuridica.

Il livello di coordinamento e di decisione si trasferisce all’Area Vasta,così come il carico programmatorio e gestionale per cui l’Area vasta acquisisce una forte responsabilità organizzativa ma non giuridica creando in questo modo un forte conflitto di responsabilità con l’ASUR.
Le prerogative aziendali si trasferiscono all’AREA Vasta senza modificare la legge 13.
L’Area vasta conterrebbe la somma delle Conferenze dei Sindaci ed alla fine del processo si realizza lo svuotamento dell’Asur dall’alto e dal basso cioè dalle aree vaste e dal Servizio Salute.

L’appesantimento burocratico ,che ne deriverebbe, si manifesta chiaramente considerando che solo il controllo e la lettura degli atti della singola Unità operativa di erogazione richiederebbero tempi biblici per l’approvazione e l’eventuale realizzazione,come in parte abbiamo sperimentato in questi anni di prima applicazione e senza il livello di Area Vasta.

Ciò creerebbe ulteriori evidenti difficoltà di funzionamento,determinando sì un risparmio,dovuto al blocco di fatto di acquisti,contratti,delle assunzioni anche di turn over ,come è gia avvenuto con l’ASUR,ma in assenza di un chiaro disegno programmatico, anche uno scadimento della qualità delle prestazioni,una pericolosa obsolescenza delle attrezzature,un peggioramento delle condizioni di lavoro degli operatori con l’aumento dei conflitti,non ancora percepito in maniera consapevole dagli utenti, un aumento delle segnalazioni di incidente e di richiesta di indennizzo ,una riduzione del grado di soddisfazione specie delle strutture ospedaliere ed un aumento della mobilità extraregionale.

Continuando di questo passo senza una chiara visione strategica rischiamo non solo il fallimento economico ma anche la paralisi dell’erogazione delle prestazioni.
D’altra parte la degenerazione del sistema è chiaramente percepibile dagli operatori che vedono la precarizzazione del lavoro con il ricorso anche in sanità di contratti a termine,lavoro interinale,
cocopro,appalti,prestazioni aggiuntive che non sono altro che lavoro straordinario meglio pagato.
Quest’ultimo ,se per alcuni può rappresentare una soluzione a problemi economici personali,alla lunga determina rischi e distorsioni gravi e mette a rischio la sicurezza delle prestazioni.In realtà il ricorso a queste prestazioni aggiuntive non rappresenta più neanche un risparmio economico,avendo raggiunto costi esorbitanti tra i più alti a livello nazionale.

Nella bozza di Piano in discussione,ad una analisi sostanzialmente corretta,che vede la mancata realizzazione di un riordino ospedaliero,come una delle principali cause delle difficoltà del sistema sanitario,non corrisponde una proposta di soluzione reale,limitandosi ad indicare una ulteriore riduzione parcellizzata ed indifferenziata in tutte le strutture con la creazione di “specializzazioni per patologia” da erogarsi in Area vasta,lasciando sostanzialmente inalterati il numero delle strutture ospedaliere.
La scelta di non intervenire sugli ospedali,come è avvenuto in questi anni ,con una politica di riduzione ,invece che degli ospedali di Polo, dei posti letto ospedalieri in tutte le strutture,compresi gli ospedali di rete, ha provocato ,soprattutto in certi periodi dell’anno, una reale difficoltà di gestione nell’accoglimento dei ricoveri,con ospedali a zero posti specie nell’area medica, difficoltà di funzionamento e rallentamenti nel PS.
Occorrerebbe quindi una strategia in grado di coinvolgere per primo il Partito che governa in tante città e che può essere preda di tanti particolarismi che non portano a nessun beneficio complessivo e ad un reale soddisfacimento delle esigenze della popolazione,ma solo alla propria immediata popolarità, perché una elaborazione condivisa e consapevole della strategia potrebbe rappresentare un momento di crescita per tutti e portare a soluzioni durature compatibili e ben accette alla popolazione.
Mi riferisco alla necessità di elaborare un setting minimo che definisca cosa un ospedale debba avere per potersi definire tale, con la quantità di organico necessario ad erogare in sicurezza le prestazioni previste in quantità e qualità,il bacino di utenza relativo,i costi e la sua collocazione tenendo conto della realtà marchigiana.
Per una volta si dovrebbe proporre di partire da un modello teorico condiviso per poi calarlo nella particolarità marchigiana e definire il percorso per avvicinarsi al modello proposto e non partire da quello che si ha e per non scontentare nessuno scontentiamo tutti e soprattutto rischiamo di sprecare risorse senza avere risultati ed aggravando l’inappropriatezza del sistema e soprattutto non riuscendo a realizzare l’equità nell’ accessibilità ai servizi su tutto il territorio regionale.

Un progetto,specie se elaborato con la partecipazione di tutti,suscita entusiasmo e permette di superare particolarismi e distorsioni e permette di crescere e non sopravvivere e di recuperare risorse utili che consentirebbero la realizzazione di quanto enunciato:
equità,accessibilità,riequilibrio territoriale,tutti obbiettivi che
risultano irrealizzabili se non vengono chiaramente indicati il modo ed il tempo per raggiungerli.

In conclusione in questo Piano sanitario appare evidente l’inadeguatezza della Politica in termini di indirizzo e di governo,la sua incapacità di scelta,nonostante l’ evidenza che un’ ulteriore burocratizzazione del modello organizzativo può produrre solo un rallentamento ed una distorsione dei processi operativi.
La debolezza della politica sta nel fatto che non si ha il coraggio, di proporre un modello organizzativo del Sistema Sanitario,più semplice e quindi più efficiente e più efficace basato sulle Aziende Provinciali,come già in passato sostenuto dalla Federazione di Ancona.

La politica sanitaria di questi ultimi mesi può sembra più il frutto di una spartizione di favori ai propri sostenitori,di elargizione di incarichi di tipo clientelare, come la vicenda delle nomine dei direttori di zona,che ha tenuto le prime pagine dei giornali negli ultimi mesi ha dimostrato, che una elaborazione di processi di indirizzo e di governo del sistema,.

A questo proposito vorrei far notare che l’opinione pubblica ha interpretato tale vicenda come un momento di spartizione clientelare tra partiti,e non è sfuggito l’attivismo della Margherita,e del Presidente della Giunta regionale, che hanno realizzato il miglior risultato,lasciando al nostro Partito un amaro bottino,depauperato di professionisti di riferimento di grande spessore,vittime della scelta di azzerare la quasi totalità delle nomine con l’obbiettivo di costruire una nuova classe di dirigenti per la Sanità marchigiana.

Tale progetto, discutibile ma comprensibile in una logica di rinnovamento. è stato disatteso per interessi particolari,riconducibili a singoli dirigenti di Partito,in primo luogo della Margherita,che hanno anteposto a questo progetto di apertura a nuove professionalità,la tutela degli interessi di propri uomini.

Per concludere il mio intervento, credo che questa vicenda debba portare ad una riflessione politica che può essere così sintetizzata:

1)il ruolo del nostro Assessore è stato fortemente ridimensionato,ma ancora più grave è stata la mancanza di una guida e di un sostegno politico ,che avrebbero dovuto incoraggiare la scelta di rinnovamento anche opponendosi con forza a decisioni di esclusivo interesse clientelare.
Il fatto che ciò non sia avvenuto denota un’azione politica in affanno,incapace di offrire una prospettiva di forza morale e di dignità politica al nostro Partito.Un’annotazione particolare e peculiare mi preme sottolineare che, pur rappresentando le donne l’80% dei lavoratori della Sanità ed in buon numero anche in posizioni dirigenziali ,nelle terne(52 indicazioni-2 donne)nessuna è stata nominata,a dimostrazione che anche nel Partito,al di là delle enunciazioni,di fatto,le donne non vengono professionalmente valorizzate(e con un segretario regionale donna,mi sarei aspettato di più).

2)se,pur di raggiungere l’obiettivo di costruire il Partito democratico,il nostro Partito accetta,come la vicenda delle nomine insegna,ma come tante altre situazioni diffuse sul territorio regionale e nazionale sembrano confermare,un atteggiamento di subalternità alla Margherita,non solo su questioni di merito,ma soprattutto di accettazione di una logica di lottizzazione diffusa,ciò non potrà che portare alla costruzione di un Partito moderato,fotocopia aggiornata e riveduta in senso peggiorativo della vecchia Democrazia cristiana.

3)La vicenda rende sempre più urgente l’esigenza di elaborare una proposta di legge che svincoli le nomine delle direzioni del sistema sanitario dalla scelta politica

lunedì 19 febbraio 2007



sabato 17 febbraio 2007

ANCORA DISPONIBILI POSTI PER LA MANIFESTAZIONE DI ROMA


In occasione della manifestazione nazionale di presentazione della Mozione Mussi che si terrà a Roma Domenica 18 febbraio alle ore 9.30, è stato organizzato un pulmann che partirà da Ancona alle ore 5.15 da Piazza d'Armi. E' prevista una seconda partenza da Fabriano. Per partecipare inviare un messaggio all'indirizzo E-mail: sinistraancona@libero.it

giovedì 15 febbraio 2007

LE PRIMARIE DS PER LA PROVINCIA DI ANCONA


Cari compagni, vi mando queste riflessioni per la eventuale pubblicazione sul blog.

Venerdì scorso, 9 febbraio, è tornata a riunirsi la Direzione provinciale. L'OdG era davvero "succoso" tra i commenti alle cosiddette "primarie interne" per la candidatura a Presidente della provincia ed i Regolamenti congressuale e per le elezioni amministrative.

A chi magnificava le "primarie interne" come una grande prova di democrazia, abbiamo dovuto contrapporre l'opinione che si è trattato, più che altro, di una grande occasione mancata.

I compagni delle Sezioni hanno una grande voglia di partecipare. Ma la partecipazione non deve essere "taroccata".

Il modo in cui è stata gestita l'informazione sul Regolamento (le lettere sono arrivate agli iscritti dopo la scadenza del termine per la presentazione di proposte di candidatura...) e, soprattutto, i tempi strettissimi - imposssibili - imposti dal Regolamento per la presentazione delle candidature (venerdi 26 gennaio) e lo svolgimento della consultazione (4 febbraio) ha fatto sì che, alla fine, le cd. "primarie" si siano risolte in un confronto tra i "supporters" e "tifoserie".

Situazione alla quale anche la Sinistra interna ha dovuto - gioco forza - assoggettarsi.
Tutta la vicenda denota una concezione assai "originale" (per non dire altro...) della "partecipazione democratica"!

Tale partecipazione alle scelte politiche - prevista, dallo Statuto DS, ad un tempo come un diritto e come un dovere per tutti gli Iscritti - ha come pre-condizione il fatto che tutti siano concretamente posti nella condizione di conoscere i propri diritti ed i propri doveri e di poterli esercitare in modo concreto e pieno.

"Partecipazione democratica" non vuol dire solo prendere parte, più o meno passivamente, a certi "riti".
Non è riducibile alla mera possibilità di scegliere all'interno di una "rosa" di nomi (nel caso in esame, davvero striminzita, che non fa onore alle grandi potenzialità umane e politiche che i DS hanno) ma concorrere, innanzitutto, a formarla.
Non è un "prendere o lasciare", ma la possibilità di avere un ruolo da protagonista attivo e consapevole.

Tutto ciò avrebbe richiesto - come avevamo proposto nel corso della riunione della Direzione provinciale - un "doppio passaggio" nelle Sezioni: una volta per raccogliere le proposte di candidatura; una seconda volta per esprimere le proprie preferenze (con le "primarie"). Il tutto, ovviamente, dopo una breve fase in cui i vari "candidati" potevano presentarsi e presentare le proprie "dichiarazioni di intenti" programmatiche e politiche.

Niente di ciò è accaduto e questo rappresenta una grave responsabilità politica dell'attuale gruppo dirigente della nostra Federazione e della maggioranza "fassiniana".

Vale la pena di riflettere su questa vicenda non tanto e non solo per il fatto in sè, ma per trarre valutazioni di carattere più generale sullo stato reale del Partito, sui suoi mutamenti antropologici, su una certa degenarazione della sua vita interna.

Se a molti di noi "questi DS, così come sono, non piacciono tanto" non è solo perchè siamo inguaribili bastian-contrari!
Forse è perchè pensiamo che i DS o sono un partito davvero Democratico e davvero di Sinistra, o - semplicemente - non sono.

Forse è perchè pensiamo che gli iscritti debbono essere sempre ritenuti i veri detentori della sovranità nel Partito, i decisori reali delle scelte più (o meno) importanti e non solo una specie di "popolo bue" (chiedo scusa per questa frase un po' forte, ma non me ne vengono altre... più diplomatiche) da portare per la cavezza "dove vole el padrò"!

Come vedete, così dicendo, siamo dentro a tutto tondo alle scelte congressuali che ci attendono e che riguardano, innanzitutto, "I DS che vogliamo".

La discussione è aperta... diamo fuoco alle polveri (sia chiaro, è solo un modo di dire)!
Riccardo.

mercoledì 14 febbraio 2007

PER PARTECIPARE: sinistraancona@libero.it

LIBERALIZZAZIONI: LITE DS-DL SU DONAZIONI SCUOLA CATTOLICA

(ANSA) - ROMA, 14 FEB -

La scuola cattolica, e i fondi da destinare ad essa, tornano a dividere Ds e Margherita. Anche se il recente Manifesto del Partito democratico parla di un ''sistema pubblico integrato'', forse il clima surriscaldato dalla crociata di Ruini sui Dico, ha fatto rialzare vecchi steccati.

Alla riunione del gruppo dell'Ulivo, convocata ieri sera per parlare delle liberalizzazioni, diversi esponenti della Quercia hanno chiesto di stralciare le norme sulle donazioni alla scuola, o almeno di escludere quelle agli istituti privati.

Richiesta respinta dalla Margherita e anche dal governo, che era presente alla riunione con la sottosegretaria alla Pubblica istruzione Mariangela Bastico e il ministro Pierluigi Bersani, entrambi Ds.

Ad aprire la ''querelle'' ci ha pensato Alba Sasso. La possibilita' di defiscalizzare le donazioni alle scuole, ha detto la parlamentare, finira' per portare risorse solo alle scuole private e nessun beneficio alle pubbliche. Anzi, rischia addirittura di sottrarle. Infatti la copertura finanziaria di questa norma c'e' solo per due anni, dopo di che il ministro Padoa Schioppa ha detto che la copertura avverra' con i fondi del ministero dell'Istruzione.

''A quel punto - ha detto Sasso - daremo alle scuole private e in piu' toglieremo a quelle pubbliche. Inaccettabile''. La critica e' stata sposata da Walter Tocci, secondo il quale queste norme sono ''foriere di un messaggio devastante''. E cioe', ''se al ragazzo povero viene solo il sospetto che l'amico ricco e' promosso per la donazione del padre alla scuola, allora il messaggio sara' devastante''.

Tocci ha poi criticato la decisione di inserire le norme sulla scuola ''in modo surrettizio'' nel decreto sulle liberalizzazioni. Tutte le nuove norme sulla scuola andavano piuttosto inserite in un provvedimento organico: ''stiamo attenti - ha ammonito - che i decreti omnibus hanno un iter parlamentare faticoso, anche al nostro interno''.

Sarcastica la battuta di Paolo Gambescia: ''vorra' dire che la retta dei 'somari' iscritte alle private passera' da 10.000 euro, a 10.000 piu' 40.000 di donazione''.

Ferma la difesa di tutte le norme sulla scuola inserite nel decreto fatta dal deputato della Margherita, Antonio Rusconi, membro della commissione Cultura e uomo vicino al ministro dell'Istruzione Beppe Fioroni.

E alla fine anche il sottosegretario Mariangela Bastico ha dovuto difendere le donazioni alla scuola cattolica. ''Questo e' un pacchetto - ha spiegato - di carattere politico, che permette di costruire qualcosa con le minoranze''. E poi, ha aggiunto, ''e' una scelta equilibrata'' perche' si prevede un meccanismo per impedire il conflitto di interessi: ''chi fa delle donazioni e' fuori dagli organi collegiali''. Anzi, semmai le maglie andranno allargate, con un emendamento che spieghi che ''chi fa delle piccole donazioni, per esempio un genitore che regala alla scuola la carta o un computer usato, puo' far parte degli organi collegiali''.

Poche le riflessioni di Bersani, ma inequivocabili: ''Quello delle donazioni e' un tema coerente con il decreto. E' un esercizio di liberta'''. ''Si puo' ovviare a questi problemi - ha concluso - trovando una formula adeguata''. (ANSA).

martedì 13 febbraio 2007

PARTITO DEMOCRATICO: UNICO E TRINO Di Gianni Zagato

da AprileOnLine.info
di Gianni Zagato Coordinatore Organizzativo della Mozione Mussi

E adesso che c'è, cosa se ne fa di questo Manifesto dei valori del partito democratico? C’è qualcuno in grado di spiegarcelo? Sarà votato dagli iscritti nei congressi di ds e Margherita, inaugurando in tal modo il doppio voto contestuale, quello che estingue i partiti esistenti e l’altro voto per il partito che sarà ? Oppure verrà archiviato agli atti, pronto per tesi di laurea sul tema? E ancora, il varo del nuovo partito avverrà nel 2008 – come si legge nel testo uscito ieri – o già entro quest’estate, come auspica convinto Dario Franceschini, il più candidato di tutti a guidarlo? Quante cose ancora continuano ad essere incerte, opache se non addirittura oscure a ridosso di questi strani congressi incrociati.

Dobbiamo senz’altro rispetto al lavoro e all’intelligenza dei dodici saggi, ma ora che il loro apostolato si è concluso bisogna dire che il risultato non semplifica ma complica il quadro politico e lo rende, se possibile, ancora più confuso.

Partiamo da una domanda semplice. A cosa serve questo Manifesto?, dov’è il suo luogo vero, il suo reale spazio politico? Sempre Dario Franceschini ha provato a convincerci, nei mesi scorsi, che il partito democratico non sarà un partito identitario, bensì programmatico.

Lo leggeremo meglio, lo rileggeremo, ce lo faremo spiegare, ma intanto ci sentiamo di dire che il testo che abbiamo sotto gli occhi non è né l’uno né l’altro. In discussione non è l’elencazione - per la verità più da arco costituzionale che da partito politico – di valori capitali come la libertà, l’uguaglianza, la solidarietà, la pace, la dignità della persona. Sia detto senza iattanza. Questi valori – che certo come tali non nascono politicamente oggi, ma si affermano quanto meno a partire dall’epoca moderna – li ritroviamo scritti, esattamente così, nella carta costituzionale di ogni paese autenticamente civile e democratico, a cominciare dal nostro.

Ma un partito politico è un’altra cosa. E se lo connoto con una gamma di valori che è la stessa di ogni altri partito che si riconosce prima di tutto nel dettato costituzionale – i comuni valori fondanti che determinano la reciproca riconoscibilità di ciascuno e di tutti nell’essere un popolo e una nazione – allora non riesco più a capire né cosa sia né a cosa serva davvero un partito politico. E tanto meno poi riuscirò più a capire perché mai la storia ci abbia consegnato, forse da sempre ma senz’altro da alcuni secoli a questa parte, partiti che si definiscono di destra da altri che si definiscono di sinistra.

Silvio Berlusconi fonda Forza Italia tredici anni fa, nel 1994. Esordisce a reti unificate con la nota frase L’Italia è il paese che amo. Più o meno lo stesso incipit del Manifesto del nuovo partito. Memori di questo, si poteva forse trovare un altro incipit, sia per sfuggire al facile confronto sia perché è difficile trovare chi afferma il contrario e per una verità tautologica bastava il Berlusconi prima maniera. Anche nella tavola valoriale berlusconiana che lancia Forza Italia troviamo però l’elencazione della libertà, dell’equità, della solidarietà e della dignità umana. Dove sta la differenza? Naturalmente non vogliamo con questo dire che Forza Italia del ’94 e il Partito Democratico di oggi siano la stessa cosa, dirimpettai della politica. E non solo perché di là c’era (e c’è) Berlusconi a garantire per la destra populista e di qua c’è invece D’Alema a garantire per la sinistra riformista…

Vogliamo però dire che a forza di stemperare identità, appartenenze e collocazioni internazionali – anziché rimboccarsi le maniche e investire nel presente e nel futuro per rinnovarle e attuarle – non resterà alla fine che rifugiarsi in valori così universali da poter essere solo indistintamente condivisi. C’è infatti qualcuno che, definendosi cittadino italiano e vivendo in un paese democratico, non senta come propri i vincoli morali, culturali, antropologici verso un’idea di libertà come di uguaglianza, di pace come di solidarietà? C’è qualche movimento politico che possa – senza chiamarsi sol per questo fuori dall’ampio alveo costituzionale – avversare o addirittura negare programmaticamente quei valori? Ma non fu il laico e liberale Benedetto Croce già diversi decenni fa a spiegarci perché non possiamo non dirci cristiani? Che bisogno c’è dunque che oggi arrivi il caro amico Giorgio Tonini a dirci perché non possiamo non riconoscerci in quei valori che, egli scrive con altri, “trovano alimento nel pensiero politico liberale, socialista e cattolico democratico”.

Ma appunto queste tre culture politiche, proprio perché distinte e diverse ed espressione a loro volta di partiti politici distinti e diversi, hanno potuto insieme scrivere la Carta Costituzionale. E se, com’è evidente, la libertà di cui si parla nella Costituzione non può altro che essere la libertà di ciascuno e di tutti, così come la solidarietà, la pace, l’uguaglianza, un partito politico, che voglia fare e creare politica deve però dire come.

La pace, come? Con l’uso esclusivo della forza o a partire dalla lotta alla disuguaglianza? Uguaglianza, come? Rimuovendo all’origine le cause sociali che la inibiscono o adoperando politiche sussidiarie e puramente assistenziali? Dignità della persona, come? Riconoscendo reciproca autonomia tra sfera laica statale e sfera religiosa o pensando – come pensa oggi Fioroni – che così facendo si finisce per stare dietro la deriva zapaterista? I valori fondanti ci uniscono in un consesso civile e democratico, in una nazione e in un popolo, ma è come li decliniamo che trova esercizio la politica e spazio un partito piuttosto che un altro.

Ségolène ha presentato anche lei il suo programma per aprile, in cento punti. Rafforzare il welfare, cure mediche gratuite fino a 16 anni, costo zero per le pillole contraccettive per le donne fino a 25 anni, scolarizzazione dai tre anni, formazione professionale immediata per 180 mila giovani senza diploma, requisizione di case vuote da almeno due anni, aumento del 20% del salario minimo fissato per legge a 1.500 euro al mese, incremento del 5% delle pensioni più basse, sussidio pubblico pari al 90% del salario per un anno a chiunque perda il lavoro.

Fermiamoci qui, ma tanto basta per definirlo un catalogo insieme identitario e programmatico. La “SégoSphère” (il nuovo e felice nome di battaglia della campagna della Royal) può vincere o perdere, ma usa un lessico che evoca le grandi questioni – lavoro, diritti, sapere – e li declina da sinistra, da una prospettiva socialista.

E’ precisamente questo che non si trova da nessuna parte del Manifesto, ma se una simile mancanza conta poco o nulla per la Margherita, conta invece tutto per i Democratici di sinistra. Ed è questo il nodo, il punto in discussione, la cosa da decidere al congresso. Non solo un patrimonio da salvare, è anche una prospettiva da ricostruire.

Per questo occorre il linguaggio della verità, perché non si può dire una cosa nella mozione Fassino, una cosa diversa nella mozione Rutelli e un’altra cosa ancora nel Manifesto per il nuovo partito democratico.

Chi vota per la mozione Fassino, al punto cruciale di quale collocazione europea far parte dal prossimo aprile, con un solo voto terrà aperte tre differenti possibilità. Dirà si al Pse. Ma avendo votato per far nascere il nuovo partito, si fonderà con un suo dirimpettaio margheritino che nel contempo avrà detto no al Pse . Tutti e due poi voteranno insieme il Manifesto che non dirà né si né no, semplicemente perché ritiene che, nei valori del nuovo secolo che già corre veloce, il socialismo sia una delle scorie rimaste impigliate nelle macerie del passato.

Un partito che nasce così, rischia il corto circuito. Per sé e per la politica italiana.

lunedì 12 febbraio 2007

L'ON. CLAUDIO MADERLONI A PROPOSITO DEL PROSSIMO CONGRESSO

A proposito del prossimo congresso dei Democratici di Sinistra, tre riflessioni prima di entrare nel merito della mozione che ho scelto:

1) ogni nostra azione deve tendere a salvare questo Governo e far si che il programma elettorale per il quale siamo andati a chiedere il voto possa essere realizzato (sempre compatibilmente con le risorse finanziare disponibili). Non possiamo permetterci di creare le condizioni per un ritorno della destra populista alla guida della repubblica italiana;

2) io voglio bene a questo partito e farò di tutto perché possa continuare a vivere perché anche in Italia ci sia un partito di sinistra e del socialismo.
Ogni azione dovrà tendere al rafforzamento del partito dei democratici di sinistra, e ad apportare le modifiche necessarie affinché si creino nuovamente le condizioni per avere uno strumento vivo e rinnovato.
Un partito che sia di riferimento per il mondo dei lavori, che esprima tutta la laicità necessaria per un buon governo, che guardi alla pace come strumento indispensabile per il progresso mondiale, che punti allo sviluppo della ricerca, che guardi alla questione ambientale come strumento fondamentale della nuova crescita, che garantisca il diritto individuale, che faccia della partecipazione l’elemento cardine per il rinnovo di se stesso e delle leve per il governo dagli enti locali al governo del paese, che sia strumento di novità nel rinnovare quel socialismo europeo ed internazionale pronto a misurarsi con i cambiamenti politici ed economici che stanno travolgendo il nostro pianeta;

3) occorre un impegno straordinario per non perdere di vista l’azione complessiva che sta svolgendo l’UNIONE, e che sia fatto ogni sforzo per non perdere di vista la necessità di un rafforzamento strutturale per il futuro.

Il nostro congresso, quello che siamo chiamati a celebrare tra qualche settimana non sarà un Congresso “normale”, un congresso che decide solo la linea politica e il rinnovo degli organismi: quello che andiamo a celebrare potrebbe esser l’ultimo congresso dei DEMOCRATICI DI SINISTRA. Ma non solo, potrebbe essere anche il congresso che pur non dichiarandolo decida di non avere più un partito della sinistra, che non sia dentro il socialismo europeo e che pensi così in grande da portare oltre il socialismo non solo l’Italia ma lo stesso socialismo europeo. Tutto questo lo si vuol fare pensando ad una unificazione a freddo senza entusiasmo, con una semplice unificazione del quadro dirigente dei DS e della Margherita.

SIAMO CHIAMATI AD UNA SCELTA FONDAMENTALE IN CUI OGNUNO DEVE ESPRIMERSI PIU' LIBERAMENTE POSSIBILE AVENDO CHIARO CHE COSA C’E’ IN GIOCO.

Ma qual è lo scenario oggi?

Dopo Orvieto tutto è cambiato: si è affossata una Federazione costituita da due anni che non si è mai riunita, si è deciso con i soli stati maggiori dei Ds e della Margherita (un percorso fuori dagli organi statutari del partito) di dare vita nei fatti ad una formazione politica che abbia alla base quel gruppo parlamentare dell’Ulivo che di fatto ha sostituito i partiti ed ha deciso che in pochi scelgono per tutti facendo dell’azione parlamentare la strada per un nuovo partito. Quanto sono lontani gli slogan della partecipazione e il popolo delle primarie che aveva voluto, scegliendo di Prodi, scegliere anche di creare un nuovo partito politico, il partito democratico per l’appunto.

E i tanti passi fatti: la nomina dei saggi per la stesura di un manifesto fondante del partito democratico, una scuola di partito per la formazione di quadri politici del partito democratico, un gruppo parlamentare che risponde alle segreterie dei due partiti, un giornale nuovo del partito democratico che uscirà tra qualche giorno…

In poche parole il partito c’è già, anche se nulla si vede, nulla è stato chiarito ad iniziare dalla laicità quale momento fondante, se sarà dentro il socialismo europeo, se ci saranno attivisti o (come alcuni pensano) solo elettori da consultare ogni tanto e soprattutto eletti e Segreterie.
Le vecchie sezioni? I militanti? Tutto in forse, ma intanto si va avanti.

Un manifesto nella nostra sezione ha sollecitato, durante l’ultima assemblea sul costo della politica, una riflessione collettiva .

Io guardavo più ai vecchi manifesti e ai vecchi quadri e alle fotografie, tutti carichi della nostra storia delle nostro lotte, ma anche del nostro futuro.

Ma un compagno si è domandato “ma questo manifesto nel partito democratico avrà un suo posto?” Il manifesto dice Marco e Matteo hanno il diritto di avere una vita insieme e una loro casa un loro futuro felice. E i volti dei due ragazzi sono sorridenti.

Ogni volta si dovrà fare una battaglia.

Avevamo chiesto un percorso diverso partendo da:
- un’analisi sui partiti, sul ruolo dei partiti nella situazione nazionale ed internazionale, con i nuovi movimenti e le nuove culture, sul nuovo ruolo del partito del socialismo europeo;
- che cosa rappresenta oggi un partito socialista soprattutto nei confronti del mondo del lavoro;
- un nuovo sogno, di quel socialismo rinnovato, partecipato, per quel “socialismo dei cittadini” indicato da Zapatero;
- il ruolo del socialismo oggi di fronte alle nuove sfide, alle crisi ambientali, al problema energetico, ai nuovi scenari di guerra, ai nuovi lavori e ai nuovi diritti, ai nuovi strumenti di partecipazione e nuovi momenti per le decisioni; per una distribuzione dei benefici universali a partire dalla conoscenza e della tecnica, alla distribuzione della ricchezza secondo principi di equità assicurandola a tutti donne e uomini.

La mozione A SINISTRA PER IL SOCIALIMO EUROPEO che candida Fabio Mussi a segretario, richiama molte delle cose che ho detto e che abbiamo detto in questi anni, con lo sforzo che tutti noi abbiamo profuso per ridare forza al nostro partito, per farlo ritornare ad essere al centro della vita politica.

Noi con questa mozione proponiamo una alternativa a quelli che oggi dicono non possiamo fermarci (senza sapere dove vogliono andare). E con chi andare oltre che cosa essere dopo e dove collocarsi in Europa e nel mondo oltre ovviamente che nelle coscienze dei cittadini.

NASCE IL BLOG DELLA SINISTRA DI ANCONA

Care compagne, cari compagni
abbiamo attivato questo spazio per dare e ricevere informazioni sulle iniziative che gli aderenti alla Mozione congressuale "A sinistra per il socialismo europeo" stanno prendendo e prenderanno almeno fino allo svolgimento del Congresso nazionale.

Non mi soffermo ad illustrare l'importanza della "posta in gioco". Essa è evidente. Siamo ad un passaggio cruciale per tanti che hanno fatto, in politica, una "scelta di vita" e che ritengono necessaria - indispensabile - la presenza anche nel nostro Paese di una forza politica organizzata che si rifaccia agli ideali, ai valori, alle rappresentanze sociali della sinistra democratica e del socialismo, parte integrante - senza equivoci o ambigui tatticismi - del Partito del Socialismo Europeo.

Questo spazio è aperto a tutti i contributi con riferimento ai contenuti della Mozione congressuale.

Questo spazio potrà ospitare osservazioni e riflessioni anche sulle quotidiane vicende che ci accompagneranno fino alle scadenze congressuali, ma anche alle prossime scadenze elettorali amministrative.

A riguardo, il materiale su cui ragionare non manca, se si pensa a come si sono impostate e poi svolte le consultazioni (cosiddette "primarie") interne per la scelta del candidato DS alla Presidenza della Provincia ed a ciò che sta accadendo nei Comuni che vanno al voto, innanzitutto a Jesi.

Dunque, teniamoci in rete (almeno una volta al giorno) ma soprattutto... teniamoci forte!

Riccardo Maderloni (Portavoce Coordinamento)

domenica 11 febbraio 2007

RIUNIONE COORDINAMENTO

La prossima riunione settimanale del coordinamento si terrà giovedì 15, alle ore 21.00, presso la sezione di Chiaravalle.

MANIFESTAZIONE NAZIONALE PRESENTAZIONE MOZIONE MUSSI

Domenica 18 febbraio a Roma, presentazione della Mozione congressuale " A sinistra per il socialismo europeo" . E' molto importante partecipare. Per adesioni, entro il 15 febbraio, tel. 333.9777560 (Riccardo), 338.8806170 (Fabrizia), fax: 071.2073974 oppure all’indizzo e-mail sinistraancona@libero.it

sabato 10 febbraio 2007

IL COORDINAMENTO "A SINISTRA PER IL SOCIALISMO"

Nei giorni scorsi si è costituito il Coordinamento dei DS della Federazione di Ancona che si riconoscono nella Mozione congressuale “A sinistra per il socialismo” (Mussi, Salvi, Bandoli, Spini).

Il Coordinamento risulta così composto:

ZONA ANCONA Luca Barbadoro, Matteo Cognini, Mario Fratesi, Ylenia Tognazza,

ZONA ANCONA SUD Francesca Manoni,

ZONA JESI Stefano Bornigia, Franco Ferri, Silvano Gattini, Giorgio Lucarini,

ZONA AGUGLIANO POLVERIGI Fabrizia Zanoni,

ZONA CHIARAVALLE Rino Diano, Carmine Luciani,

ZONA FALCONARA Claudio Paolinelli,

ZONA VALLESINA Gianni Fiorentini, Riccardo Maderloni,

ZONA FABRIANO Mauro Cucco,

ZONA 5 COLLI Bruno Bordoni,

ZONA ARCEVIA Paolo Agostinelli,

ZONA SASSOFERRATO Luciana Angelucci,

ZONA OSIMO Roberto Lampa, Gualtiero Menicagli,

ZONA MISA Giuseppe Galli, Paola Scattolini,

ZONA SENIGALLIA Lucia Mazzoli e Silvana Seri.

Portavoce del Coordinamento è stato nominato Riccardo Maderloni.

CALDAROLA: VOTERO' LA MOZIONE MUSSI

L'intervista pubblicata da l'Unità del 9 febbraio 2007
Caldarola: «Voterò la mozione Mussi, l'unica che si oppone al Pd» Intervista tratta da "L'Unità" del 9 febbraio «Se al congresso dovesse prevalere la mozione che scioglie i Ds, riconsegnerò immediatamente la tessera» «Al congresso nazionale non parteciperò, ma a quello della mia sezione di Bari centro sì, e voterò la mozione Mussi, l'unica che si oppone davvero alla nascita del partito democratico. Se alla fine dovesse prevalere la mozione che scioglie i Ds riconsegnerò immediatamente la tessera del partito».

Ad annunciare questa scelta è Peppino Caldarola, ex direttore dell'Unità, per lungo tempo vicino alle posizioni di Massimo D'Alema.

Dalla terza mozione alla sinistra. Perché questa scelta? «È chiaro che la mia storia non è quella della sinistra Ds, abbiamo idee diverse sul welfare, io sono filoatlantico: e infatti non aderisco alla mozione Mussi ma la voterò. Perché dice un no chiaro e tondo al Pd e per la prospettiva di una forza ancorata al Pse. Insomma per l'idea che in Italia debba rimanere una forza socialista e riformista, che è il tema del congresso. Ho letto attentamente la mozione Mussi, trovo che ci siano state delle evoluzioni importanti dall'antico radicalismo. In particolare mi sento di condividere la centralità del tema ambientale».
La terza mozione non le le sembrava abbastanza esplicita rispetto all'identità socialista? «Il loro è un sì condizionato al Pd, il mio è un no chiaro, perché quel progetto ha limiti e difetti insormontabili: il primo è l'idea di far sparire la sinistra italiana, rendendo l'Italia un caso unico in Europa; in secondo luogo il partito che si sta profilando è la fusione di due ceti politici con il fine dell'autoconservazione. Nonostante le buone intenzioni di Fassino si rischiano di fondere una miriade di partiti personali e di comitati elettorali. No, non vedo il big bang di qualcosa di grandioso che giustifichi il grave prezzo che si intende far pagare alla sinistra italiana: al contrario c'è una sconvolgente debolezza di elaborazione politica e culturale, si va verso un partito a numero chiuso, dove tutto sarà contrattualizzato, fino all'ultimo segretario di sezione. Insomma, un partito che non sarà casa mia».
Dopo il congresso cosa farà? «Finché ci sarà l'Ulivo resterò in quel gruppo parlamentare, quando nascerà il Pd non potrò più aderire. Intendo mettermi a disposizione del progetto di dar vita a una nuova formazione socialista e liberale, che abbia al suo interno una componente radicale».
Qualcosa che coinvolga anche Rifondazione? «Stanno facendo un'esperienza di governo utile e leale e sono molto incuriosito dalla rivalutazione che ha fatto Bertinotti dell'esperienza parlamentare di Allende e del socialismo di Lombardi. Ma non credo ci siano le condizioni per una casa comune».
Dunque nascerà un altro partito del centrosinistra? «Tra il Pd e il Prc ci sarà una prateria e questo è uno dei peggiori effetti collaterali della fusione Ds-Margherita: i promotori dovevano metterlo in conto. Lì in mezzo si apre lo spazio per una grande sinistra riformista».

giovedì 8 febbraio 2007

LA MOZIONE MUSSI



PARTE PRIMA

C’E’ UN’ALTERNATIVA


1. QUESTO E’ IL CONGRESSO CHE DECIDE

Questo è il Congresso che decide l’avvenire della sinistra italiana. Noi, compagne e compagni che veniamo da diverse esperienze politiche e da diverse collocazioni nei precedenti congressi dei Ds, siamo contrari alla scomparsa in Italia, unico Paese europeo, di un grande partito socialista e di sinistra.
Noi proponiamo un’alternativa per i Ds.
Proponiamo un rinnovamento profondo dei Ds, partito del socialismo europeo e dell’Internazionale socialista. Proponiamo una tavola di valori e una piattaforma programmatica più avanzate: nelle politiche economiche, sociali e ambientali; nell’impegno per la libertà e i diritti di tutte e di tutti; nel rinnovamento etico e democratico della politica; nella lotta per la pace e la giustizia del mondo; nella capacità di rappresentare il lavoro.
Noi proponiamo di curare i mali della frantumazione politica superando, su basi chiare, quelle divisioni a sinistra che rappresentano uno dei fattori della crisi italiana. Vogliamo contribuire al consolidamento e all'allargamento dell'Unione, che ha vinto le elezioni, ha dato vita ad un governo di coalizione e si prefigge di aprire la strada ai profondi e necessari cambiamenti nella società, nell'economia, nella cultura e nell'etica. Vogliamo dare impulso alla partecipazione diretta dei cittadini alla vita politica.
Tutta la sinistra è, oggi, al governo del Paese. Noi indichiamo l’obiettivo di una più grande e unitaria forza della sinistra. Il luogo degli ideali e dell’impegno e della passione civile e politica. Lo strumento della trasformazione economica e sociale, per noi e per le generazioni del futuro.
Una grande forza socialista e di sinistra, parte di un campo internazionale di forze, serve al mondo. Per realizzare la pace, il disarmo, cambiare i caratteri dello sviluppo globale affrontando con un’azione forte il riscatto delle aree di povertà, di malattia, di degrado come l’Africa. Per indicare l’orizzonte di un nuovo umanesimo, fondato su giustizia e libertà.
Serve all’Europa. Per realizzare il progetto di un’Europa unita, democratica e sociale, legittimata dal consenso dei cittadini e protagonista di un mondo multipolare, retto dalla cooperazione e non dalla guerra.
Serve all’Italia di oggi per sostenere e rilanciare l’azione del governo Prodi, che ha bisogno della coesione di tutte le forze politiche dell’Unione, non della contrapposizione tra “riformisti” e “radicali”. Il Governo deve durare l’intera Legislatura. A questa maggioranza non c’è alternativa.
Serve alla storia lunga del nostro Paese.
L’Italia è troppo diseguale e troppo divisa; troppo scarsa è la sua qualità economica, sociale, ambientale, tecnologica. La sinistra è e sarà la forza che contrasta le grandi ingiustizie sociali, le nuove e vecchie forme di esclusione e di povertà. Che si batte per uno sviluppo sostenibile e di qualità, per la piena, stabile e buona occupazione, la garanzia dei diritti sociali universali, la laicità dello Stato e l’avanzamento dei diritti civili e di libertà, per mettere in valore la libertà e la differenza femminile. Per ricostruire il rapporto di fiducia tra cittadini e istituzioni, attraverso una profonda riforma della politica.
Socialismo e sinistra non sono per noi solo un richiamo a identità profondamente radicate da più di un secolo in Italia. A una storia e a una memoria. Sono una risposta alle sfide di oggi e di domani. L’esperienza storica del socialismo non basta. Occorre certo rinnovarla, aprirla ai nuovi problemi, alle nuove idee, ai nuovi movimenti, alle nuove culture critiche. Quando le reti di comunicazione abbracciano il mondo e consentono a tutti di sapere di tutti.
Ma il partito democratico non va “oltre” la sinistra e il socialismo: va fuori e indietro.

2. CHI E’, IL PARTITO DEMOCRATICO?

La mozione promossa dal segretario Fassino chiama il congresso Ds a consentire alla costituzione di un nuovo partito, “democratico”, ma non più “di sinistra”. I Ds, la forza principale della sinistra politica italiana, non ci saranno più.
In parallelo, la Margherita deciderà la stessa cosa. Il Partito democratico nasce come fusione tra Ds e Margherita.
Quale sarà il suo posto nel mondo, in un mondo sempre più dominato da relazioni ed eventi sovranazionali? Il Pse si è detto disponibile ad accogliere nuovi venuti, partiti progressisti e democratici, che ne accettino identità e piattaforma. Tutti i dirigenti della Margherita, e la mozione congressuale unica di quel partito, dicono con chiarezza: “mai nel Pse”. Rimandare ad un momento successivo la risposta a una questione di tale portata strategica vuol dire condannare il nuovo partito ad essere senza casa in Europa e nel mondo.
Analoga domanda fu formulata anche alla vigilia delle elezioni europee. Si garantì allora la maturità di soluzioni innovative nel Parlamento europeo: la lista fu unica, ma gli eletti Ds e quelli della Margherita si separarono subito, gli uni nel gruppo socialista, gli altri in quello liberaldemocratico. Con un indebolimento del peso dei Ds nel Pse.
Nel mondo di oggi, durano poco esperimenti nazionali isolati. L’eventuale idea di saltare l’Atlantico, verso l’omonimo Partito Democratico americano, può rivelarsi rapidamente illusoria o velleitaria.
Il rapporto unitario tra Ds e Margherita è un bene per la coalizione democratica e richiede mediazioni e compromessi. Ma per stare in un partito solo, troppe sono le differenze politiche e culturali: su bioetica e diritti civili, pace e guerra, pubblico e privato, libertà della ricerca scientifica e laicità dello Stato. Dove manca il pieno, c’è il vuoto, e può nascere un partito figlio della mescolanza di ceti politici piuttosto che della fusione di culture, comitato elettorale più che comunità di valori. Un partito che, annunciato come stabilizzatore del governo, può al contrario accendere competizioni tra diverse personalità politiche e accentuare le distanze con altre forze del centrosinistra.
Noi siamo per l’unità di tutto il centrosinistra. Nella passata esperienza di governo, ci impegnammo per l’unità dell’Ulivo, che conteneva tutta l’alleanza, salvo il Prc. Oggi il campo comune del centrosinistra è l’Unione. La bussola della coalizione e del governo di centrosinistra è il programma con cui l’Unione ha vinto le elezioni, battendo il populismo plebiscitario della destra guidata da Berlusconi.
Per queste ragioni siamo nettamente contrari al Pd. Vogliamo un partito di sinistra di ispirazione socialista che rinnovi i suoi rapporti con la società italiana e conquisti i giovani, che rappresenti il lavoro, la cultura, l’ecologia, la scienza, l’impresa responsabile, che apra la porta al protagonismo femminile. Che stia in un rapporto fecondo con le associazioni e i movimenti che operano nel Paese, valorizzando sempre più le forme politiche anche non partitiche.
Un partito protagonista già nella battaglia delle idee, che traduca i sogni delle persone in speranza e in azione.
Noi candidiamo Fabio Mussi, che durante la sua militanza ha contribuito a tante idee innovative, a guidare la nuova fase della vita del partito.

3. NOI, I CONTEMPORANEI CHE HANNO POCO TEMPO PER GARANTIRE UN FUTURO ALL’UMANITA’

Apparteniamo alle generazioni che hanno assistito ad un’accelerazione bruciante della globalizzazione, ad uno sviluppo mai visto del mercato e dell’economia globale, ad un allargamento della sfera del benessere a miliardi di persone, alla rivoluzione della “società della conoscenza”, ad un’inedita diffusione della tecnologia.
Apparteniamo alle generazioni che toccano con mano il rischio di una catastrofe ambientale, l’impatto delle attività umane sulla biosfera, gli effetti dannosi dei cambiamenti climatici e i rischi di mutazioni irreversibili delle condizioni di produzione e riproduzione della vita sul pianeta Terra.
La rottura dell’equilibrio ecologico condanna intere aree del mondo, a partire dall’Africa, a processi di degrado, che oggi la globalizzazione ignora. Per questo è importante che il movimento mondiale per una globalizzazione regolata ed equa veda il pieno impegno della sinistra italiana, europea e mondiale. Da Nairobi vengono altre indicazioni importanti che debbono essere trasformate in politiche precise.
Apparteniamo alle generazioni su cui si riversano le promesse infrante della globalizzazione: in luogo del benessere dell’umanità, il benessere a misura di mercato; in luogo del comando dello Stato democratico, quello della rete delle oligarchie economiche; in luogo del lavoro stabile, la via spianata al lavoro precario; in luogo dei diritti di cittadinanza tesi a promuovere la personalità complessiva degli individui, quelli di una massa di individui primariamente caratterizzati dalla loro capacità di accesso al consumo consentita dal proprio livello di reddito; in luogo di un’equa distribuzione dei beni comuni dell’umanità (cibo, acqua, medicinali, informazione), l’esclusione di intere parti del mondo; in luogo dell’ideale della giustizia sociale, quello che affida alla competizione generale tra gli individui la vittoria degli uni sugli altri.
Siamo perciò le generazioni che devono affrontare una sfida gigantesca, una riforma profonda della società e dell’economia, la diffusione del sapere a beneficio di tutti, un salto tecnologico che fermi la guerra dell’uomo alla natura, una guerra che l’uomo non può vincere.

PARTE SECONDA

IL MONDO CHIEDE UN NUOVO SOCIALISMO

1. UN MONDO PIU’ GIUSTO, UN PIANETA IN EQUILIBRIO, UN FUTURO DI PACE

Il dominio di un mercato senza regole non può garantire un assetto giusto e sicuro all’economia globale. La violenza dei nuovi fondamentalismi – una minaccia per tutta l’umanità – non si fronteggia con la guerra. L’egemonismo militare dell’attuale amministrazione USA non è in grado di governare il mondo. Per questo occorre regolare e correggere il mercato, che da solo non si porrà mai limiti. E promuovere una politica di pace: alla teoria e alla pratica dello scontro di civiltà va sostituito il primato del diritto internazionale, la riforma e il rilancio dell’ONU.
Il mondo sta cambiando. I principi maschili e patriarcali sui quali si è costruito un modello di civiltà sono stati incrinati e vanno superati ovunque per la salvezza di tutti. Dall’America Latina viene la domanda di nuovi equilibri economici internazionali. Pur con grandi contraddizioni, l’Asia, India e Cina in testa, afferma un nuovo protagonismo. L’Africa è largamente abbandonata alla fame, alla sete, alle guerre civili, ai massacri, alle malattie, e le potentissime lobbies dell’industria farmaceutica, del commercio delle materie prime, dello sfruttamento energetico, prive di controllo, prosperano sul disastro del continente. Il mondo islamico attraversa una crisi profonda, che diventerà sempre più esplosiva se la si fronteggia con la pura contrapposizione di civiltà e con la minaccia di nuove guerre. Ovunque emergono più spazi per chi vuole un mondo sostenibile e democratico, come ha mostrato anche il recente global forum africano.
La parabola del liberismo è discendente, il modello di sviluppo e di globalizzazione dell’ultimo ventennio non regge. Il mondo chiede un nuovo socialismo, una nuova organizzazione di idee e di forze a livello mondiale.
Il primo imperativo è costruire la pace. Le spese militari hanno superato i mille miliardi di dollari ed è ripresa in pieno la corsa agli armamenti nucleari, chimici, batteriologici. L’Italia non può né assistere né concorrere ad una situazione nella quale una quota crescente del surplus mondiale finisce in armamenti. E’ matura un’iniziativa per riaprire il processo del disarmo e della denuclearizzazione.
L’uso della forza è legittimo solo nel rispetto integrale della Carta delle Nazioni Unite e dell’art. 11 della Costituzione italiana. La catastrofe della guerra in Iraq deve servire da ammonimento: guerra porta guerra. La stessa situazione in Afghanistan rischia di andare fuori controllo.
Il primo strumento per la sicurezza globale sono le politiche per uno sviluppo equo e sostenibile, e la collaborazione tra i popoli e gli stati del pianeta. La non violenza è il valore cui tendere.
L’Italia è in un rapporto di alleanza con gli Stati Uniti. E’ vicina agli americani per le minacce terroristiche, è stata loro vicina per il sanguinoso attacco dell’11 settembre. L’alleanza non preclude un giudizio chiaro sull’attuale politica dell’amministrazione USA: unilateralismo, negazione del diritto internazionale, la guerra infinita al nemico di volta in volta indicato.
Sulla base di Vicenza, riteniamo si debba ascoltare l’opinione contraria delle popolazioni locali, far precedere ogni decisione dallo svolgimento della Conferenza nazionale sulle servitù militari, prevista dal Programma dell’Unione, secondo quanto indicato dall’ordine del giorno approvato da tutti i gruppi dell’Unione al Senato. Occorre, inoltre, avviare una riflessione sui trattati che vanno adeguati al nuovo contesto internazionale.
Dunque è realismo politico, non utopia, porre il grande tema di un governo democratico per il pianeta, della riforma delle Nazioni Unite e delle istituzioni internazionali, di nuove regole per il mercato, di una politica globale del ciclo della materia e dell’energia. I temi che l’Internazionale socialista ha posto al centro del suo prossimo congresso.
Un'economia senza regole fa gravare sull'umanità la minaccia della catastrofe ambientale. La somma delle previsioni di crescita formulate nei singoli Stati per il prossimo decennio è insostenibile per gli equilibri ambientali e ingiusta per gli equilibri sociali del pianeta. Va contestata l'idea stessa di misurare lo sviluppo di un paese dalla crescita della ricchezza e del prodotto interno lordo.
Ci sono prodotti e consumi che devono crescere, ci sono prodotti e consumi che devono decrescere. Ci sono interessi che devono essere garantiti come diritti, ci sono interessi che devono essere limitati e mediati. L'indice da assumere deve essere quello dello sviluppo umano equo e diffuso e della salvaguardia ambientale. Gli obiettivi di sviluppo sostenibile devono tener conto dei cambiamenti climatici e dei cambiamenti della biosfera, della crescita demografica e dei crescenti squilibri tra città e campagne; devono reagire alla squilibrata divisione internazionale del lavoro e alla concentrazione in poche mani del capitale finanziario e del patrimonio immobiliare nell'intero pianeta. La garanzia, nei diritti nazionali, della libertà sindacale, della tutela dei lavoratori, dei diritti sociali fa parte dell'impegno del socialismo contro ogni perdurante forma di oppressione, maschile, coloniale, razziale, religiosa, classista, generazionale.
Nel nuovo secolo l'umanità deve affrontare la sfida più alta: l'insostenibilità dell'attuale organizzazione dell'economia globale, il progressivo esaurimento dei combustibili fossili, il riscaldamento del pianeta, la riduzione e il deterioramento delle risorse naturali, il degrado del suolo e della terra, nuove sofferenze di fame, sete, povertà. Una tale sfida comporta la riforma dello sviluppo, la riconversione ecologica dell'economia globale e delle economie nazionali, un inedito salto tecnologico verso sistemi di risparmio e verso fonti rinnovabili e non inquinanti di energia.
La logica del protocollo di Kyoto, cioè di un insieme di regole che collegano diritto e natura, va estesa, coinvolgendo tutti i paesi nella maggiore riduzione delle emissioni di gas serra, individuando vincoli, scadenze, sanzioni per gli altri obiettivi multilaterali del millennio. Va affermato il diritto di tutti i popoli e di tutti gli abitanti del pianeta a quel grande bene comune che è l'acqua. Deve essere pattuito nel mondo un inventario dei beni comuni e delle conoscenze tradizionali dell'umanità, non disponibili alla logica della speculazione e del profitto.
Le grandi migrazioni del nostro tempo, che vedono spostarsi da una parte all’altra del mondo milioni di persone, alla ricerca di opportunità e di speranze di vita, devono essere affrontate – combattendo risolutamente la vergogna del nuovo schiavismo – estendendo i diritti di cittadinanza, a partire, nel nostro Paese, dall’estensione del diritto di voto amministrativo.

2. UN’EUROPA DEMOCRATICA E SOCIALE

L’Europa è una grande carta nelle mani dell’umanità.
L'Europa che vogliamo deve essere democratica e sociale. E' indispensabile rilanciare il progetto di una Costituzione europea. L'Europa deve infatti avere istituzioni democratiche, rinnovate ed efficienti, la Carta dei diritti fondamentali dei cittadini, un governo europeo che risponda a un parlamento europeo, partiti politici realmente sovranazionali.
E' questo il passaggio storico che il socialismo europeo ha di fronte, per mantenere, nell'era della globalizzazione, l'impegno di emancipazione e libertà che la sinistra ha svolto nell'epoca in cui l'economia e la finanza potevano essere regolate su base nazionale. In tal senso diamo un giudizio molto positivo del recente congresso del Pse di Porto.
L'Europa deve avere politiche fiscali, sociali, ambientali ed energetiche comuni, altrettanto vincolanti di quelle monetarie e di mercato. Gli attuali parametri di Maastricht non devono essere immodificabili, e l'Italia deve impegnarsi nella loro revisione.
E' importante che la crisi costituzionale trovi soluzione prima delle elezioni del 2009. L'Italia, paese convintamente europeista, si impegni per contribuire a questo obiettivo, anche promuovendo forme di partecipazione dei cittadini alle decisioni fondamentali.
L'Europa si presenti unita all’Onu e nelle sedi internazionali, anzitutto con una forte iniziativa contro la pena di morte nel mondo e per l'affermazione ovunque dei diritti della persona. L'Europa assuma il Mediterraneo non come confine tra civiltà contrapposte, ma come priorità di un impegno comune: per renderlo un mare di pace, di integrazione, di cooperazione, di scambio equo.
L'identità europea non si definisce in contrapposizione ai valori o alle fedi religiose altrui, ma per i valori di cui essa è portatrice: la pace, la democrazia, i diritti umani, l'ecologia e lo stato sociale, questo grande lascito e questa conquista di civiltà che la seconda metà del novecento europeo ha saputo costruire.
Della storia e del modello europeo fa parte un sistema politico e di partiti di massa radicati.
Oggi solo partiti a dimensione europea possono costituire i soggetti della democratizzazione della vita politica europea e del cambiamento sociale. Per la sinistra italiana sarebbe un grave errore abbandonare questa prospettiva a dedicarsi a progetti di destrutturazione del sistema politico europeo.

3. L’ITALIA AD UN BIVIO

L’Italia è un Paese importante, in Europa e nel mondo. L’Italia attraversa una prolungata crisi: finanziaria, di crescita economica, di competitività, di classi dirigenti, di quadro democratico, di tenuta del rapporto di fiducia tra cittadini e politica. Sono aumentate le disuguaglianze sociali, si sono rafforzati i fattori corporativi. Un Paese bloccato. Le nuove generazioni sono preda dell’insicurezza: per molti appare preclusa la speranza in un futuro di libera costruzione del proprio lavoro e della propria vita.
Il nuovo Governo di centro sinistra ha mosso i primi passi affrontando l’emergenza finanziaria e ponendo le prime pietre di una politica di riforme. Si è determinata una difficoltà nel rapporto con il Paese che va riconosciuta, analizzata e affrontata con determinazione. Bisogna cambiare passo, compiere scelte nuove e coraggiose.
Il punto centrale è la qualità dello sviluppo.
o Qualità è un rinnovato Stato sociale e spesa pubblica efficiente.
o Qualità è diritti dei lavoratori e impresa responsabile.
o Qualità è redistribuzione equa delle ricchezze tra i cittadini e le famiglie.
o Qualità è tutela dell’ambiente, risparmio energetico, fonti rinnovabili, sviluppo rurale.
o Qualità è una coerente riconversione ecologica del modello produttivo, infrastrutturale e della mobilità.
o Qualità è calcolo – attraverso la contabilità ambientale – dell’equilibrio ecologico complementare al prodotto interno lordo.
o Qualità è centralità della ricerca scientifica e tecnologica, e perciò della scuola e dell’università: sistemi da riformare, e investimenti nel sapere e nella ricerca e nei beni culturali, oggi incredibilmente bassi, da portare a livello europeo.
o Qualità è innovazione e tecnologia, piuttosto che competizione a ribasso di salari e condizioni di lavoro.
o Qualità sono istituzioni pubbliche fedeli alla loro missione.

4. CENTRALITA’ DEL LAVORO: PER UNA PIENA, STABILE, BUONA OCCUPAZIONE

La nostra Costituzione afferma una visione della società fondata sul valore sociale del lavoro. Nell'economia globalizzata il lavoro rimane più che mai decisivo. Mai, nella storia dell’umanità il lavoro salariato ed intellettuale è stato così esteso. Ma il lavoro è reso precario, incerto, mal retribuito, i diritti collettivi e la libertà sindacale sono messi sotto attacco. Questo perché è mancata una rappresentanza politica del lavoro. Compito della sinistra è colmare questo vuoto. Oggi sono molti gli operai e i precari che votano per la destra o non votano perché non si sentono difesi né coinvolti. La sinistra, se vuole rappresentare il mondo del lavoro e i suoi cambiamenti, non può essere equidistante tra la Confindustria e i Sindacati. Le donne continuano ad essere particolarmente svantaggiate nell’accesso e nelle condizioni contrattuali. Serve una politica per la piena, stabile e buona occupazione, più democrazia e partecipazione delle lavoratrici e dei lavoratori, garanzia di livelli di reddito dignitosi per ogni lavoratore dipendente e autonomo, per i pensionati, per tutti.
Piena occupazione, per portare il lavoro là dove manca, e soprattutto nel Mezzogiorno. L’impegno per il Mezzogiorno come scommessa vincente di tutto il Paese non può rimanere solo una promessa elettorale. Il Mezzogiorno ancora attende la grande svolta, il profondo cambiamento necessario. E' ripresa nel Sud l'emigrazione giovanile, riproducendo il dramma di un passato che si sperava non dovesse più tornare. Nel Mezzogiorno va condotta una grande battaglia politica, sociale e ideale intorno al binomio: lavoro e legalità. Le donne e le ragazze italiane vogliono lavorare e devono poterlo fare come nel resto d’Europa, senza dover scegliere tra lavoro o maternità e con retribuzioni e soddisfazioni pari agli uomini.
Occupazione stabile, perché la lotta alla precarietà non può limitarsi agli ammortizzatori sociali, ma richiede una nuova normativa che rovesci la logica della legge 30. Un'intera generazione sarebbe altrimenti condannata a un futuro di precarietà e di livelli infimi di reddito. Va ripristinato il principio del lavoro a tempo pieno e indeterminato come regola generale. Va favorito l’accesso dei giovani alle professioni, al lavoro autonomo, alla creazione di impresa.
Buona occupazione vuol dire tutele e garanzie in ogni posto di lavoro, condizioni di sicurezza che affrontino alla radice le cause strutturali del drammatico ripetersi delle stragi sul lavoro. Vuol dire reddito dignitoso per tutti coloro che lavorano, mentre salari e stipendi sono oggi in Italia scandalosamente bassi. Della condizione operaia una forza della sinistra deve occuparsi sempre, non solo quando sente i fischi di Mirafiori.
Per la redistribuzione della ricchezza, una lotta senza quartiere all'evasione fiscale è necessaria. Ma in una moderna società sono almeno altrettanto importanti la garanzia di servizi e beni pubblici, e di diritti sociali come l'istruzione pubblica, la salute, la casa, una pensione dignitosa. Ai giovani, alle donne, agli anziani vanno garantiti diritti che non possono essere a spese degli operai o di chi vive del proprio lavoro. In una visione moderna, lo Stato sociale rappresenta non un freno allo sviluppo, ma un investimento per l’oggi e per il domani, per governare le grandi trasformazioni sociali, culturali e demografiche che abbiamo di fronte.

5. UNO STATO LAICO, I DIRITTI CIVILI, LA LIBERTA’

Per una forza di sinistra la promozione delle libertà e dei diritti civili è un fattore costitutivo della propria identità. La laicità dello stato è lo spazio di tutte le libertà, compresa quella religiosa. La laicità dello Stato è una conquista della democrazia repubblicana, è un principio non negoziabile, e va difesa dai molti che oggi vogliono negarla o non intendono difenderla. Non è in discussione la libertà, della Chiesa cattolica e delle altre confessioni religiose di esporre le proprie posizioni. Ma nemmeno può essere discusso il diritto di esprimere un giudizio critico sull'offensiva integralista che viene da settori importanti delle gerarchie ecclesiastiche. Tacere di fronte a dichiarazioni lesive della dignità delle cittadine e dei cittadini può legittimare gesti di quotidiana violenza, fisica e verbale, che molte persone subiscono in virtù della propria identità. Tanto più questa battaglia va condotta, quanto più è evidente che la legislazione italiana è gravemente arretrata nel campo dei diritti civili e di libertà e che servono riforme che colmino il ritardo rispetto ai diritti degli altri paesi europei.
Di fronte a nuovi dilemmi sulla vita e la morte, dinanzi a una pluralità di modi di essere nella sfera della sessualità e dell’affettività e di scelte in materia di convivenza, bisogna sostenere la libertà, come spazio di autonoma e responsabile decisione di ciascuno. Lo Stato deve riconoscere il diritto all’autodeterminazione delle donne e degli uomini. Vanno riconosciute, con una moderna legge sulle unioni civili, le forme di amore e di comunione di vita che hanno luogo fuori del matrimonio, indipendentemente dall’orientamento sessuale e dall’identità di genere delle persone coinvolte.
La ricerca scientifica, che pure non è mai senza limiti e che deve fare i conti, di fronte alla potenza della tecnica, con il principio di responsabilità, non può essere compressa in nome di una fede o di un’etica sola. La libertà delle donne e l’inviolabilità del corpo femminile sono principi imprescindibili. Nel nostro paese questi capisaldi rischiano di essere messi in discussione. Le donne non possono essere messe sotto tutela politica o religiosa. Va riaffermato il principio costituzionale, incrinato anche dalle recenti scelte legislative, che esclude oneri a carico dello Stato per le scuole private, comprese quelle religiose.
Non sono temi che possono essere rimessi alla coscienza individuale. Una forza politica ha il dovere di dire quali proposte avanza, e sulla base di quale piattaforma ideale. Ecco perché siamo per il riconoscimento dei diritti delle persone, indipendentemente dal loro stile di vita e dal loro orientamento sessuale, di identità di genere e delle istanze ad esse collegate, per l'eliminazione dei residui patriarcali nel diritto di famiglia, per il divorzio breve, per la libertà di ricerca, per il diritto a diventare madri e padri anche attraverso la fecondazione assistita, per il diritto a decidere in prima persona del proprio corpo e della propria morte, per la rimozione degli ostacoli che le donne affrontano nel dare attuazione ai propri progetti di vita.

6. DEMOCRAZIA E RIFORMA DELLA POLITICA

Aspetto centrale della crisi italiana è il crescente distacco tra cittadini e politica e la crescente sfiducia dei cittadini nei confronti delle stesse istituzioni. Il sistema politico appare sempre più autoreferenziale, interessato molto più ai problemi del ceto politico che a quelli delle italiane e degli italiani. I partiti sono sempre più macchine volte alla gestione del potere, e sempre meno organismi vitali in mano agli iscritti. Né il partito democratico pare in grado di rispondere alle istanze di riforma della politica che sono state avanzate nella stagione migliore dell’Ulivo.
Si è aperta una nuova e inquietante questione morale. La riforma della politica e il ripristino dell'etica pubblica sono oggi la questione democratica e istituzionale più importante per l'Italia e per la sinistra.
La vigilanza nella lotta alla mafia si è allentata. L'impegno senza quartiere contro le mafie e gli intrecci tra politica, affarismo e criminalità deve diventare invece prioritario, quotidiano e diffuso sul territorio.
La separazione tra finanza, economia e politica deve essere netta e chiara, come non è accaduto nel caso Unipol. Si devono esigere sobrietà ed esemplarità dei comportamenti, correttezza e rigore nell'azione amministrativa, un tempo tratti distintivi della sinistra italiana.
La drastica riduzione degli abnormi e crescenti costi impropri della politica è una priorità.
E' indispensabile una legge sui partiti che attui l’articolo 49 della Costituzione garantendo la trasparenza, la vita democratica, i diritti di ogni iscritto e contrastando la concentrazione del potere decisionale in ristrette oligarchie. I partiti devono essere strumenti a disposizione dei cittadini per concorrere a determinare la politica nazionale e locale, per costruire un senso nuovo della militanza e dell’impegno volontario.
Particolarmente nelle regioni meridionali, anche dove il centrosinistra è al governo, si avverte l'esigenza di un profondo e radicale salto di qualità nel modo di fare politica.
L'impegno per abolire le "leggi vergogna" sulla giustizia, a cominciare dal falso in bilancio, e per una vera soluzione del conflitto di interessi, non può essere accantonato.
Sul problema istituzionale, le idee e le soluzioni del passato vanno superate con coraggio. La crisi della democrazia italiana è una crisi di rappresentatività e di fiducia, non di governabilità. Lo svuotamento delle assemblee elettive a favore dei poteri dell'esecutivo, un federalismo egoista e autoreferenziale sono l'altra faccia di partiti troppo spesso arroganti nelle pretese di potere e deboli nella capacità di direzione, rappresentanza, sintesi. Il sistema istituzionale va semplificato, e per tale via reso più moderno ed efficiente.
Siamo contrari al referendum elettorale che viene prospettato, e chiediamo che il partito si esprima in tal senso. In caso di approvazione del quesito, emergerebbe un sistema aberrante, che peggiora tutti i difetti di quello attuale. Riteniamo giusto cambiare la legge elettorale, e indichiamo due ipotesi: un sistema a doppio turno di tipo francese, con quota proporzionale; ovvero un sistema proporzionale corretto di tipo tedesco.
La stabilità dei governi e l’efficacia della loro azione è un valore. Ma riteniamo preoccupante la riproposizione della tesi di un’accentuazione ulteriore dei poteri di chi governa, o di nuovi cambiamenti che contrabbandano per federalismo un separatismo territoriale di stampo leghista. La necessità, che condividiamo, di ampie intese per i cambiamenti istituzionali non può comportare cedimenti su questioni di principio. Anche sotto questo aspetto è importante continuare la battaglia per una moderna e democratica società dell'informazione fondata sul pluralismo, su un forte servizio pubblico e su di un'adeguata normativa antitrust.
Il futuro della democrazia italiana deve svilupparsi nel solco dell'impianto e degli ideali della Costituzione democratica, frutto di un'alta stagione della storia italiana, iniziata con la Resistenza antifascista. E' quello che hanno voluto e chiesto gli italiani nel referendum dello scorso anno, e il risultato del voto popolare va rispettato fino in fondo.

Su questa piattaforma politica chiamiamo le compagne e i compagni a mobilitarsi per fare di questo congresso non un momento burocratico di delega al gruppo dirigente a sciogliere i Democratici di Sinistra nel partito democratico, ma, al contrario, un’occasione di partecipazione e di ripresa della politica nel partito.
Chiamiamo tutti gli uomini e le donne, i gruppi e le formazioni politiche che le tormentate vicende della sinistra italiana e dei suoi partiti hanno moltiplicato, diviso e frammentato, a discutere e confrontarsi con la nostra iniziativa, a riprendere fiducia nell’impegno politico.
Anche l’Italia merita una grande forza di sinistra saldamente collocata nel socialismo europeo, collegata a tutte le forze di progresso e di cambiamento del mondo.