giovedì 22 febbraio 2007

RELAZIONE DI PAOLO CECCHETTI ALLA CONFERENZA PROGRAMMATICA DS DI FIASTRA

Relazione presentata alla Conferenza programmatica dei DS: Abbazia di Fiastra 17/02/07

Compagne e compagni,
ho voluto cogliere l’occasione offerta da questa conferenza di programma per esprimere un giudizio sullo stato del Partito,prima che il Congresso Nazionale ne decreterà la fine e consacrerà la nascita di un soggetto politico nuovo,il Partito democratico.

La mia relazione non vuole ,però, essere un’analisi politica di questa proposta,presto ci saranno altre occasioni ,a tutti i livelli in cui si articola la vita del Partito, per poter esprimere un giudizio politico più circostanziato ,ma vuole riflettere, attraverso le vicende degli ultimi anni, incentrate su un tema di primaria importanza per i cittadini come la sanità, sulle condizioni della vita interna del Partito, sulla sua capacità di elaborazione politica ,sulle prospettive per il prossimo futuro che non si esauriscono nella costruzione di un nuovo Partito,ma in un nuovo modo di fare politica,più attenta ai bisogni dei cittadini,più aperta al confronto,meno autoreferenziale ,sostenuta da una più forte tensione etica individuale e collettiva.

Il mio intervento,nasce dal confronto e dalla riflessione tra alcuni compagni dell’Area,sul tema della sanità regionale ed in particolare vuole esprimere un giudizio di metodo e di merito su due temi di attualità e cioè sulla bozza del nuovo Piano Sanitario e sulla vicenda delle nomine dei Direttori di Zona.
Per quest’ultimo, essendo le nomine già state ratificate, l’analisi vuole esprimere un giudizio sulle modalità attraverso le quali si è giunti a tali scelte.

Sono vicende che meglio di tante altre rivelano condizioni di continua,progressiva chiusura al confronto ,alla elaborazione partecipata ,
all’analisi aperta a nuovi soggetti.
La linea politica, le scelte politiche nascono ormai da anni da gruppi dirigenti sempre più ristretti, da piccole oligarchie che hanno ormai assunto il controllo del Partito, diventato strumento di potere e di acquisizione di privilegi.

Se esaminiamo la vicenda della Sanità regionale in relazione al ruolo del Partito non possiamo dimenticare che la Direzione regionale, che si è costituita il 22/01/2005 in seguito al Congresso Regionale che ha riconfermato Vannucci a segretario, sostituito dall’attuale Segretario nel luglio del 2006 ,in seguito alla sua elezione in Parlamento,in questi 2 anni di attività si è riunita quasi esclusivamente per discutere di Regolamenti e di candidature registrando un pesante ritardo sulla elaborazione politica.

Le commissioni di lavoro non si sono costituite e quando costituite o non si sono mai riunite o non hanno elaborato documenti da portare alla discussione generale.
Questa situazione ha determinato una elaborazione politica inadeguata su temi di interesse regionale lasciando ad iniziative personali ogni intervento.

In particolare sulla Sanità,che rappresenta l’80% del bilancio regionale ed un settore fondamentale di interesse non solo sociale ma anche economico,come anche evidenziato nella proposta di Piano Sanitario, è mancata la possibilità di un ampio confronto nella Commissione e con i compagni della Direzione Regionale ;in questo modo si è lasciato il progetto del nuovo Piano Sanitario alla elaborazione di pochi tecnici del settore e di conseguenza si è svuotato il coinvolgimento attivo non solo della Commissione e della Direzione Regionale,ma anche di altri soggetti presenti sul territorio,delle organizzazioni di categoria,delle associazioni dei cittadini privando la proposta di quell’arricchimento sostanziale che solo un processo di elaborazione partecipato e condiviso può realizzare.

La precedente Riforma Sanitaria ,riforma prevalentemente di tipo organizzativo che ha dimostrato una scarsa capacità di contenimento del deficit da parte dell’attuale modello incentrato sull’ASUR ed ha provocato una paralisi del sistema, non ha trovato né sviluppo nè una rivisitazione critica nel nuovo Piano Sanitario,ma solo un tentativo di aggiustamento con un ulteriore appesantimento organizzativo e di livello decisionale,con la prefigurazione , accanto alle zone territoriali ,di un livello di Area Vasta.

Se analizziamo in modo obbiettivo il nuovo Piano Sanitario regionale ci si accorge ,alla fine della sua lettura,che c’è ben poco di Piano ,ma che in realtà è un insieme di Principi ed obiettivi,mentre non si vedono le azioni,i tempi, i soggetti che rappresentano i contenuti di un Piano Sanitario.
Ciò nonostante questo nuovo assetto organizzativo introduce strutture di erogazione di servizi con un primo minimo livello decisionale organizzativo,tutto da verificare e costruire e determinare,poiché né il Piano,né gli atti aziendali chiariscono il livello decisionale di Distretto,ospedale,dipartimento di prevenzione,che potrebbero assurgere ad un ruolo anche di confronto istituzionale,come d’altra parte è previsto dalla normativa nazionale ,e dalla logica di funzionamento di strutture altamente complesse.

A queste si aggiungono strutture di livello zonale,un nuovo livello di area vasta tutto da determinare,un livello regionale ASUR,che non si applica alle aziende ospedaliere,un livello regionale che si applica a tutte le aziende.

Il progetto che emerge con chiarezza da questo nuovo Piano Sanitario è lo svuotamento del modello organizzativo basato sull’ASUR,mentre l’unità vera di programmazione diventa l’Area vasta che è assimilabile ad una Area Provinciale:si sviluppa in questo modo un conflitto di competenza tra Area Vasta ed Asur.
Ogni Area Vasta acquisisce dall’ASUR un Dipartimento Clinico,un Dipartimento socio-sanitario ed un Centro Servizi,mentre l’ASUR mantiene la personalità giuridica.

Il livello di coordinamento e di decisione si trasferisce all’Area Vasta,così come il carico programmatorio e gestionale per cui l’Area vasta acquisisce una forte responsabilità organizzativa ma non giuridica creando in questo modo un forte conflitto di responsabilità con l’ASUR.
Le prerogative aziendali si trasferiscono all’AREA Vasta senza modificare la legge 13.
L’Area vasta conterrebbe la somma delle Conferenze dei Sindaci ed alla fine del processo si realizza lo svuotamento dell’Asur dall’alto e dal basso cioè dalle aree vaste e dal Servizio Salute.

L’appesantimento burocratico ,che ne deriverebbe, si manifesta chiaramente considerando che solo il controllo e la lettura degli atti della singola Unità operativa di erogazione richiederebbero tempi biblici per l’approvazione e l’eventuale realizzazione,come in parte abbiamo sperimentato in questi anni di prima applicazione e senza il livello di Area Vasta.

Ciò creerebbe ulteriori evidenti difficoltà di funzionamento,determinando sì un risparmio,dovuto al blocco di fatto di acquisti,contratti,delle assunzioni anche di turn over ,come è gia avvenuto con l’ASUR,ma in assenza di un chiaro disegno programmatico, anche uno scadimento della qualità delle prestazioni,una pericolosa obsolescenza delle attrezzature,un peggioramento delle condizioni di lavoro degli operatori con l’aumento dei conflitti,non ancora percepito in maniera consapevole dagli utenti, un aumento delle segnalazioni di incidente e di richiesta di indennizzo ,una riduzione del grado di soddisfazione specie delle strutture ospedaliere ed un aumento della mobilità extraregionale.

Continuando di questo passo senza una chiara visione strategica rischiamo non solo il fallimento economico ma anche la paralisi dell’erogazione delle prestazioni.
D’altra parte la degenerazione del sistema è chiaramente percepibile dagli operatori che vedono la precarizzazione del lavoro con il ricorso anche in sanità di contratti a termine,lavoro interinale,
cocopro,appalti,prestazioni aggiuntive che non sono altro che lavoro straordinario meglio pagato.
Quest’ultimo ,se per alcuni può rappresentare una soluzione a problemi economici personali,alla lunga determina rischi e distorsioni gravi e mette a rischio la sicurezza delle prestazioni.In realtà il ricorso a queste prestazioni aggiuntive non rappresenta più neanche un risparmio economico,avendo raggiunto costi esorbitanti tra i più alti a livello nazionale.

Nella bozza di Piano in discussione,ad una analisi sostanzialmente corretta,che vede la mancata realizzazione di un riordino ospedaliero,come una delle principali cause delle difficoltà del sistema sanitario,non corrisponde una proposta di soluzione reale,limitandosi ad indicare una ulteriore riduzione parcellizzata ed indifferenziata in tutte le strutture con la creazione di “specializzazioni per patologia” da erogarsi in Area vasta,lasciando sostanzialmente inalterati il numero delle strutture ospedaliere.
La scelta di non intervenire sugli ospedali,come è avvenuto in questi anni ,con una politica di riduzione ,invece che degli ospedali di Polo, dei posti letto ospedalieri in tutte le strutture,compresi gli ospedali di rete, ha provocato ,soprattutto in certi periodi dell’anno, una reale difficoltà di gestione nell’accoglimento dei ricoveri,con ospedali a zero posti specie nell’area medica, difficoltà di funzionamento e rallentamenti nel PS.
Occorrerebbe quindi una strategia in grado di coinvolgere per primo il Partito che governa in tante città e che può essere preda di tanti particolarismi che non portano a nessun beneficio complessivo e ad un reale soddisfacimento delle esigenze della popolazione,ma solo alla propria immediata popolarità, perché una elaborazione condivisa e consapevole della strategia potrebbe rappresentare un momento di crescita per tutti e portare a soluzioni durature compatibili e ben accette alla popolazione.
Mi riferisco alla necessità di elaborare un setting minimo che definisca cosa un ospedale debba avere per potersi definire tale, con la quantità di organico necessario ad erogare in sicurezza le prestazioni previste in quantità e qualità,il bacino di utenza relativo,i costi e la sua collocazione tenendo conto della realtà marchigiana.
Per una volta si dovrebbe proporre di partire da un modello teorico condiviso per poi calarlo nella particolarità marchigiana e definire il percorso per avvicinarsi al modello proposto e non partire da quello che si ha e per non scontentare nessuno scontentiamo tutti e soprattutto rischiamo di sprecare risorse senza avere risultati ed aggravando l’inappropriatezza del sistema e soprattutto non riuscendo a realizzare l’equità nell’ accessibilità ai servizi su tutto il territorio regionale.

Un progetto,specie se elaborato con la partecipazione di tutti,suscita entusiasmo e permette di superare particolarismi e distorsioni e permette di crescere e non sopravvivere e di recuperare risorse utili che consentirebbero la realizzazione di quanto enunciato:
equità,accessibilità,riequilibrio territoriale,tutti obbiettivi che
risultano irrealizzabili se non vengono chiaramente indicati il modo ed il tempo per raggiungerli.

In conclusione in questo Piano sanitario appare evidente l’inadeguatezza della Politica in termini di indirizzo e di governo,la sua incapacità di scelta,nonostante l’ evidenza che un’ ulteriore burocratizzazione del modello organizzativo può produrre solo un rallentamento ed una distorsione dei processi operativi.
La debolezza della politica sta nel fatto che non si ha il coraggio, di proporre un modello organizzativo del Sistema Sanitario,più semplice e quindi più efficiente e più efficace basato sulle Aziende Provinciali,come già in passato sostenuto dalla Federazione di Ancona.

La politica sanitaria di questi ultimi mesi può sembra più il frutto di una spartizione di favori ai propri sostenitori,di elargizione di incarichi di tipo clientelare, come la vicenda delle nomine dei direttori di zona,che ha tenuto le prime pagine dei giornali negli ultimi mesi ha dimostrato, che una elaborazione di processi di indirizzo e di governo del sistema,.

A questo proposito vorrei far notare che l’opinione pubblica ha interpretato tale vicenda come un momento di spartizione clientelare tra partiti,e non è sfuggito l’attivismo della Margherita,e del Presidente della Giunta regionale, che hanno realizzato il miglior risultato,lasciando al nostro Partito un amaro bottino,depauperato di professionisti di riferimento di grande spessore,vittime della scelta di azzerare la quasi totalità delle nomine con l’obbiettivo di costruire una nuova classe di dirigenti per la Sanità marchigiana.

Tale progetto, discutibile ma comprensibile in una logica di rinnovamento. è stato disatteso per interessi particolari,riconducibili a singoli dirigenti di Partito,in primo luogo della Margherita,che hanno anteposto a questo progetto di apertura a nuove professionalità,la tutela degli interessi di propri uomini.

Per concludere il mio intervento, credo che questa vicenda debba portare ad una riflessione politica che può essere così sintetizzata:

1)il ruolo del nostro Assessore è stato fortemente ridimensionato,ma ancora più grave è stata la mancanza di una guida e di un sostegno politico ,che avrebbero dovuto incoraggiare la scelta di rinnovamento anche opponendosi con forza a decisioni di esclusivo interesse clientelare.
Il fatto che ciò non sia avvenuto denota un’azione politica in affanno,incapace di offrire una prospettiva di forza morale e di dignità politica al nostro Partito.Un’annotazione particolare e peculiare mi preme sottolineare che, pur rappresentando le donne l’80% dei lavoratori della Sanità ed in buon numero anche in posizioni dirigenziali ,nelle terne(52 indicazioni-2 donne)nessuna è stata nominata,a dimostrazione che anche nel Partito,al di là delle enunciazioni,di fatto,le donne non vengono professionalmente valorizzate(e con un segretario regionale donna,mi sarei aspettato di più).

2)se,pur di raggiungere l’obiettivo di costruire il Partito democratico,il nostro Partito accetta,come la vicenda delle nomine insegna,ma come tante altre situazioni diffuse sul territorio regionale e nazionale sembrano confermare,un atteggiamento di subalternità alla Margherita,non solo su questioni di merito,ma soprattutto di accettazione di una logica di lottizzazione diffusa,ciò non potrà che portare alla costruzione di un Partito moderato,fotocopia aggiornata e riveduta in senso peggiorativo della vecchia Democrazia cristiana.

3)La vicenda rende sempre più urgente l’esigenza di elaborare una proposta di legge che svincoli le nomine delle direzioni del sistema sanitario dalla scelta politica

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