martedì 3 luglio 2007

RISPOSTA DI MUSSI A PIERO FASSINO

Da Piero idee oniriche. Io non entrerò nel Pd
di Riccardo Barenghi
Nell’intervista pubblicata ieri sulla Stampa Piero Fassino ha accusato Mussi e la sua Sinistra democratica di usare due pesi e due misure: «Non capisco perché quando a Firenze io lavoravo per il Partito democratico, stavo liquidando la sinistra. Mentre oggi va bene Veltroni che sostiene la stessa prospettiva da molti anni. (...) Tornino pure tutti quelli che vogliono tornare ma ammettano di essersi sbagliati su di me».

Allora Ministro Mussi, torna nel Pd adesso che c’è Veltroni?«Queste di Fassino mi sembrano opinioni oniriche. Sono assai preoccupato perché vedo con qualche dispiacere che il mio amico Piero non solo non domina gli eventi, ma non capisce esattamente neanche quello che succede».

Quindi non è vero che lei e suoi compagni state pensando di rientrare nel Partito democratico?«Ma neanche per sogno. Non capisco come a Fassino possa venire in mente una prospettiva del genere: mai come ora sono stato convinto delle mie scelte. Naturalmente ho apprezzato la candidatura di Walter, visto che fino a quel momento il progetto del Pd era una nave che correva verso gli scogli. Lui forse può evitare il naufragio, che certo io non mi auguro: se fallisse il Pd, perderebbe tutto il centrosinistra. Tanto è vero che all’ultimo Congresso dei Ds ho augurato ai miei ex compagni buona fortuna. Ma questo non cambia la mia opinione su quell’avventura politica: il Partito democratico non è e non sarà il mio Partito. Non aderirò mai e non lo voterò».

Eppure Veltroni le ha rivolto un appello diretto...«Lo ringrazio ma mi sembra sempre più chiaro, anche grazie a lui, che il profilo che assume il Pd non ha nulla a che fare con la sinistra, non è l’ennesima metamorfosi della sinistra. Non sarà un Partito di sinistra ma un qualcosa che va verso il centro, tanto che persino Walter ventila, sbagliando, alleanze variabili in futuro. E qui vorrei dire a Fassino che semmai sono io che pretendo le sue scuse, visto che c’era una volta il più grande Partito della sinistra italiana e oggi non c’è più».

Ma del discorso di Torino cosa pensa?«Come si dice, luci e ombre. Mi è piaciuta l’agenda di priorità, dal precariato alla formazione, alla ricerca. Non mi è piaciuta invece la parte sulla democrazia che deve decidere. Non credo che la crisi della politica possa essere affrontata con un assetto iperpresidenzialista. A me interessa sapere soprattutto su cosa deve decidere la democrazia, e il cosa per me è l’estrema diseguaglianza che esiste nel nostro Paese».
Dal 14 ottobre in poi avrete un premier in carica (Prodi) e un premier in corsa (Veltroni): saranno guai per il governo?«Io sostengo da tempo che il Partito democratico è un fattore destabilizzante per il quadro politico, e infatti ne abbiamo avute parecchie conferme. Ricordo che D’Alema lo chiamò il Partito di Prodi, invece sarà il Partito di Veltroni. E’ evidente che in autunno si aprirà un problema da trattare con molto garbo, bisognerà sforzarsi tutti per mantenere un equilibrio che si preannuncia piuttosto delicato. Ma bisogna fare di tutto per evitare che il governo cada, altrimenti gli eventi precipitano».

Nel frattempo la vostra Cosa rossa, che potrebbe colmare quel vuoto che il Pd apre a sinistra, sembra marciare piuttosto a rilento.«E’ evidente che si tratta di un processo difficile. Non sarebbe giusto limitarsi a sommare le quattro forze in campo, cioè Rifondazione, Pdci, Verdi e noi della Sinistra democratica, senza ingaggiare una battaglia politica, provocare spostamenti di forze, confrontarsi sui contenuti. Tuttavia la Cosa va e io non penso a tempi biblici, anche perché sono convinto che il bipolarismo potrà sopravvivere solo se dalla nostra parte del campo avremo un Partito democratico dal profilo riformatore ma alleato con una forza di sinistra».

Una forza che si presenterà insieme alle elezioni? E quando?«Alle amministrative dell’anno prossimo. Altrimenti il progetto fallirebbe».

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