lunedì 30 aprile 2007

sabato 28 aprile 2007

APPELLO DI FABIO MUSSI E GAVINO ANGIUS


La scomparsa dei Ds pone l’esigenza di ripensare tutta la sinistra italiana

Abbiamo condotto la battaglia congressuale all’interno dei Democratici di Sinistra da posizioni diverse. Ora ci troviamo insieme per affermare la necessità storica che anche in Italia, oggi e domani, sia presente un’autonoma forza democratica e socialista, laica, riformista e ambientalista parte integrante del Pse. Di governo.

Le idealità e i valori del socialismo moderno, aperto alle nuove culture, danno forza all'Europa e a quanti non si rassegnano alla ineluttabilità della guerra, e non accettano così profonde disuguaglianze del mondo contemporaneo, messo a rischio di sopravvivenza dalla devastazione ambientale e dai cambiamenti climatici, indotti dall’attuale modello di globalizzazione e di sviluppo.

L’Italia ha bisogno di una grande rigenerazione morale, politica, sociale, culturale e civile. E' un compito che vede impegnate nel governo del Paese, per la prima volta nella storia della repubblica tutte le forze del centrosinistra di diversa ispirazione politico culturale. Il Paese deve essere ben governato per rinnovarsi e restare così ancorato al gruppo di testa dei paesi fondatori dell’Ue.

Per fare ciò, oggi, il governo ha bisogno della massima coesione e determinazione di tutta l’Unione. A tal fine continueremo a dare tutto il nostro contributo affinché il governo Prodi realizzi il suo programma nel corso della legislatura.

La scomparsa dei Ds pone l’esigenza di ripensare tutta la sinistra italiana. L'apporto che vogliamo dare è quello di contribuire a far sì che, dopo decenni di divisioni e di rotture, maturi in tutte le diverse componenti della sinistra italiana l'esigenza - ormai improrogabile - di una netta inversione di rotta, offrendo alla società italiana una sinistra che, nelle sue distinte peculiarità, ritrova la sua missione unitaria di rappresentanza e di governo. Per noi questo percorso non può più essere rinviato. Deve iniziare subito.

Per questo diamo appuntamento a tutti coloro che non considerano esauriti i valori e la forza della sinistra e del socialismo europeo a Roma, il 5 maggio alla Manifestazione per dare vita al movimento della "Sinistra Democratica per il Socialismo europeo".

Movimento diffuso su tutto il territorio nazionale, radicato nel mondo dei lavori, della cultura, delle nuove generazioni. Che assume il rinnovamento della politica, forme nuove di partecipazione e la “questione morale” nel suo programma fondamentale.

martedì 24 aprile 2007

NASCE IL MOVIMENTO POLITICO SINISTRA DEMOCRATICA PER IL SOCIALISMO EUROPEO

SABATO 5 MAGGIO ORE 14.30 - 18.30
PALAZZO DEI CONGRESSI
Piazzale Kennedy, Roma EUR


INIZIATIVA NAZIONALE DI PRESENTAZIONE DEL MOVIMENTO POLITICO AUTONOMO PROMOSSO DA "A SINISTRA PER IL SOCIALISMO EUROPEO"

STIAMO ORGANIZZANDO A ROMA UNA GRANDE INIZIATIVA NAZIONALE DI PRESENTAZIONE DEL MOVIMENTO POLITICO AUTONOMO PROMOSSO DA "A SINISTRA PER IL SOCIALISMO EUROPEO".

L'iniziativa è aperta al pubblico

Da Ancona e provincia si parte in pulmann. Per informazioni ed adesioni:

CAMPAGNA CONTRO LA PRIVATIZZAZIONE E LA QUOTAZIONE IN BORSA DI FINCANTIERI

Riceviamo e pubblichiamo volentieri l'appello al Presidente del Consiglio Romano Prodi dei lavoratori del cantiere navale di Ancona, contro la privatizzazione di Fincantieri.




lunedì 23 aprile 2007

25 APRILE: LA FESTA DELLA LIBERAZIONE AD ARCEVIA



L'Associazione Nazionale Partigiani d’Italia Sezione di Arcevia nel celebrare il 25 aprile 2007 la Festa nazionale della Liberazione invita tutti i cittadini alle ore 10 al Monte Sant’Angelo di Arcevia con una lodevole iniziativa intitolata: “ SCRIVIAMO LA LIBERAZIONE”

Laboratorio a cielo aperto per la costruzione di un testo cooperativo davanti al Memoriale dell’Eccidio

L’iniziativa è inserita all’interno delle manifestazioni per la Commemorazione del 63° anniversario dell’Eccidio di Monte Sant’Angelo (4 maggio 1944) e del programma “ Resistenza: la nostra libertà” promosso dal Sistema Bibliotecario della Comunità Montana dell’Esino-Frasassi.

La scrittura cooperativa è la somma virtuosa e qualitativa delle scritture individuali ed è in grado di comunicare efficacemente – intorno ad argomenti di comune interesse – un forte senso di appartenenza e riconoscimento: in questo caso, a partire da materiali di documentazione storica e attraverso le testimonianze, le riflessioni, le interpretazioni e i sogni dei presenti, si potrà giungere ad una narrazione condivisa che restituisce la pienezza e il calore dei significati attribuiti al luogo e alla ricorrenza.

Molto apprezzata sarà la presenza anche di poeti e musicisti.

Per raggiungere il Memoriale dell’Eccidio, giungere ad Arcevia, seguire le indicazioni per Monte Sant’Angelo, salire verso la cima del monte, oltrepassare un noto ristorante; dopo circa un chilometro, in corrispondenza di un pianoro, si giunge a destinazione.

L’iniziativa si svolgerà sotto qualsiasi cielo, quindi anche in caso di maltempo. Data l’abbondanza dei prati, sarà possibile il picnic.

Il testo cooperativo, una volta elaborato, sarà restituito a tutti gli intervenuti che lo gradiranno.

Per richiesta di informazioni, comunicazione di adesioni e invio di contributi in caso di impossibilità a partecipare scrivere a info@anpiarcevia.it

venerdì 20 aprile 2007

L'INTERVENTO DI FABIO MUSSI AL CONGRESSO


Care compagne, cari compagni, Giorni fa il Presidente del Partito, Massimo D’Alema ha detto: “spero che Mussi ci risparmi i commiati drammatici”. Seguirò il suo consiglio. Ma credo – dopo 40 anni dedicati a questo partito, avendo attraversato, credo con coraggio, tutte le sue profonde trasformazioni – di avere diritto di parola. Anzi, il dovere di parlare, prima di tutto a voi.

I delegati della Mozione “A Sinistra. Per il Socialismo Europeo”, 242, si sono riuniti, hanno discusso, hanno votato. Un voto quasi unanime, con una astensione. Le cose che dirò, rappresentano anche loro.Il mio, il nostro dissenso data dal 2001, dal congresso di Pesaro quando candidammo Giovanni Berlinguer alla segreteria del Partito. E io voglio tornare a ringraziarlo, per la forza, la passione, il rigore con cui continua a combattere la sua battaglia delle idee.Abbiamo espresso il dissenso senza mai provocare rotture, dando sempre un contributo leale alle comuni battaglie. Senza mai disperdere non solo il senso di una solidarietà politica, ma anche il sentimento di amicizia verso Piero Fassino e tutti gli altri compagni ai quali siamo legati da una lunga comune militanza nella sinistra e dalla coscienza di un dovere verso l’Italia.

A Pesaro non condividemmo la risposta alla sconfitta elettorale del 2001, una ispirazione “riformista” vicina alla terza via di Blair e di Giddens (una “terza via” che si è persa nell’avventura della guerra irachena). Ora se ne propone una quarta: la fine, nel nostro Paese, unico in Europa, della presenza di una autonoma forza di sinistra di ispirazione socialista. E non è vero che siamo di fronte ad una pura trasformazione delle forme, ad un’altra metamorfosi della sinistra: con il Partito Democratico, l’asse del centrosinistra, e dunque della politica italiana, sarà inesorabilmente più spostato al centro.I DS si sciolgono. Quando sollevammo il dubbio, all’ultimo recente Congresso di Roma:” Ma questa storia, finisce in un “partito unico”? Ci si rispose che era un malevole processo alle intenzioni. Ecco, invece ci siamo.

Non metto in discussione il valore della politica unitaria. Questa è essenziale per governare il Paese. Noi siamo stati, tutti, e dovremo essere sempre, l’anima della coalizione democratica. Metto però in discussione la natura ed caratteri dei partiti politici, che si muovono su tempi più lunghi di quelli di una legislatura. Sono i partiti che fanno i governi, non i governi che fanno i partiti. E i partiti vivono anche nelle sconfitte, non sono fatti solo per la vittoria. E sono soggetti identitari, non solo programmatici. Quando qualcuno ti chiede: “chi siete?”, non basta rispondere :”siamo tanti”.

Sono stato tra i protagonisti della svolta dell’89, quando ricollocammo storicamente il più grande partito della sinistra italiana. Eravamo un gruppo di giovani, segretario Achille Occhetto, che si prese la responsabilità di sciogliere il PCI, allora al 27% dei voti e 800.000 iscritti, perché pensammo che fosse un dovere – politico, intellettuale, morale – fare i conti con la caduta del movimento comunista internazionale, di cui pure il PCI era stato una straordinaria variante nazionale, partito eretico a forte vocazione democratica e socialista.Questa svolta, non è in continuità con quella. Guardiamoci dal cattivo storicismo, quel modo di pensare provvidenzialistico, per cui ciò che viene dopo è tutto contenuto in ciò che viene prima. Al contrario, penso che questa svolta sia figlia di un fallimento, fallimento che sento anche mio. Penso che essa rappresenti il tentativo, sbagliato, di rispondere al problema che fra gli altri ha posto chiaramente un nostro amico, Eugenio Scalfari, quando giorni fa ha scritto che anche il nostro partito “è arrivato al capolinea, ha perso ruolo e rappresentanza. Con una dimensione quantitativa inadeguata alla società di massa, una dimensione qualitativa e culturale povera”.

Non mi si dica che, se si cerca il legame tra passato e presente, si parla di cose incomprensibili a chi avrà 20 anni nel 2010. I giovani ci portano mondi nuovi, e noi dobbiamo sempre esortarli alla storia: a ricostruire incessantemente la memoria collettiva, conoscere le radici, comprendere i risultati dei processi storici, e i “sentieri interrotti”, le cose che avrebbero potuto essere e non sono state. Cancellare le tracce, è diseducativo. Quando il Moderno si presenta come “il nuovo” assoluto, in verità è già decrepito.

Ora il nostro primo dovere è governare. Corrispondere alle aspettative di chi ci ha votato, non solo per liberarsi da Berlusconi, ma perché vuole un’Italia più pulita, più giusta, più colta, più efficiente. Un’Italia consapevole della propria missione verso l’Europa e verso il resto del mondo. Non è facile, sul filo del rasoio di un soffio di seggi al Senato, e di un soffio di voti di elettori alla Camera. Insomma, dato il risicatissimo risultato delle elezioni politiche 2006, un “sostanziale pareggio”, come ha detto giustamente il Capo dello Stato, Giorgio Napolitano.Il Governo sta risanando i conti pubblici, un obiettivo ineludibile. E sta avviando un piano di riforme. Sentiamo tutti che occorre dare più forza al Governo, ricaricare di energia il nostro progetto per l’Italia.

L’Italia ha enormi possibilità, ed è un Paese dove è bello vivere. E’ anche un Paese dove sono esplose le diseguaglianze. Un Paese ricco, ma che vede i salari più bassi d’Europa, dove si lavora in pochi, e poche sono in particolare le donne che lavorano; dove la condizione fondamentale dei giovani è la precarietà, non figlia della tecnica, ma di un ritorno di condizioni servili nella società contemporanea; dove si muore di lavoro; dove proprietà e ricchezza si sono sempre più concentrate nelle mani di una minoranza; dove la “questione morale” torna a dilagare in ogni campo della vita civile, economica e politica (e non esiste nuova buona politica che non abbia la “questione morale” come sua stella polare: forse conviene tenersi stretto questo pensiero di Enrico Berlinguer, piuttosto che giocare a metterlo e toglierlo dal Pantheon). Il nostro è un Paese dove la qualità dei sistemi (servizi, formazione, ricerca, tecnologia), perde terreno. E non c’è futuro, con uno sviluppo senza ricerca e innovazione. Per questo servono risorse e riforme. Risorse, molte di più di quelle che siamo stati in grado di mettere quest’anno in finanziaria per la scuola, l’Università, la scienza, se non si vuole restare ultimi in Europa. Il prossimo anno non si può fare il bis. E riforme, orientate alla qualità e al merito. Al merito. Il valore dello studio e della serietà l’ho imparato nella mia casa di operai: il merito non è l’invenzione dei ricchi per escludere i poveri, è la carta che hanno in mano i poveri per non essere esclusi. E’ una frase a cui sono affezionato, e mi ha fatto piacere ritrovarla nella relazione di Fassino. Ho tentato, in questi mesi, di non dimenticarlo. Il responsabile per l’Università della Margherita mi ha accusato di “demagogia della serietà”. Che cosa vuol dire? Forse vuol dire che esagero con la serietà. Bene, lo prendo come un complimento.

C’è da fare tanto. Il Governo è quello di Romano Prodi. Lo spazio politico della maggioranza è l’Unione. Penso che sia essenziale, qualunque cosa accada sul terreno più propriamente politico, garantire tenuta della maggioranza di centrosinistra e stabilità del Governo. Tra di noi deve esserci comunque questo patto di ferro.Governiamo uno dei Paesi più importanti del mondo. Pensavo che ci fosse abbastanza da fare, senza gettarci in imprese azzardate come quella di sciogliere partiti e farne di nuovi a pochi mesi dalla formazione dell’esecutivo, nell’illusione di pescare la soluzione magica, la nuova indiscussa guida, il timone, la “cabina di regia” della coalizione e del Governo. La formazione del partito democratico in verità complica il quadro, non lo semplifica – anche solo a voler tenere il livello delle dottrine politologiche e funzionalistiche da cui ha preso le mosse.Governiamo uno dei Paesi più importanti del mondo. E il mondo cambia velocemente. Quante profezie durate una breve stagione! La profezia della fine della storia, della fine del lavoro, del trionfo del mercato senza vincoli, senza regole, senza frontiere.

La globalizzazione ha subìto nell’ultimo quarto di secolo una bruciante accelerazione. Gli effetti sono misurabili. Sono misurabili i progressi, e le contraddizioni, e le nuove diseguaglianze. Sono misurabili le “promesse infrante”, a partire da quella della pace, se i nuovi venti di violenza e di guerra scuotono tanto drammaticamente l’umanità, alle soglie del nuovo millennio.

Le ricette pragmatiche sono acqua fresca. Bisogna fare uno sforzo di andare più al fondo delle cose.Le classi medie sono certamente cresciute, ma mai come ora nella storia dell’umanità si era presentato tanto esteso il lavoro dipendente e salariato e il lavoro intellettuale venduto e comprato ai prezzi di quello salariato. Il lavoro è stato svalorizzato su scala globale. Mai come ora dunque è stato strategico il bisogno di rappresentare, sindacalmente e politicamente, il lavoro, in tutte le sue forme e in tutti i continenti.

Mai l’umanità ha dovuto fronteggiare gli effetti potenzialmente catastrofici delle sue attività economiche. Crescono popolazione e consumi, e il ciclo dei rifiuti (in particolare i gas serra) non si chiude. Il Quarto Rapporto sui cambiamenti climatici ci restituisce un quadro sempre più allarmante. Il tempo di radicali cambiamenti – economici, sociali, tecnologici - stringe assolutamente. Altrimenti si rischia di veder degradato irreversibilmente l’ambiente e, con gli eserciti dell’ultima guerra per il petrolio, di combattere la prima guerra per l’acqua. Non siamo certo in grado di pensare un’economia senza mercato. Ma il mercato da solo non risolverà i problemi dell’umanità. Non valorizzerà il lavoro, non farà le scelte tecnologiche appropriate, non si autoriformerà su principi ecologici. Per questo torna, torna in grande il tema delle scelte collettive consapevoli. Il tema del Governo e della politica. Il tema di un nuovo socialismo. La profezia della “fine del socialismo” si presenta come un’altra di quelle all’ultimo grido, ed è invece una cianfrusaglia ideologica.

Torna il tema di una nuova politica che dia una risposta non solo alle questioni pratiche, ma al bisogno inestinguibile di senso e di identità. Che viene sempre più affidato – quando non alla pura merce – all’etnia, alla nazione, alla religione. Non scaturisce da qui quella crisi dei partiti e della democrazia moderna, che ha allontanato così tanto le masse dalle istituzioni pubbliche? Sono questioni di fondo, di lungo periodo, che richiedono “pensieri lunghi”. E noi, noi dove vogliamo portare la sinistra italiana? Qui, condividiamo tutti la necessità di una strategia unitaria. Non è questo che ci divide. L’Italia si governa con il centrosinistra, con una larga alleanza democratica. Quell’alleanza di cui l’Ulivo è stato il cuore, la scelta decisiva del riscatto democratico, dopo l’apparire dell’inedita destra populistico-plebiscitaria di Berlusconi (che sarebbe magari bene non allargasse ulteriormente la sua posizione di controllo nel campo dei media e delle telecomunicazioni, e la possibilità di farla fruttare politicamente: la lotta per affermare il principio di legalità, e una legge seria sul conflitto di interessi sono urgenti).L’Ulivo raccolse nel ’96, nel maggioritario, il 44% dei voti: rappresentava quasi tutto il centrosinistra. Nel 2006 ha raccolto il 31% e, con l’ultima uscita, quella dello Sdi, che pure aveva partecipato alla “Federazione riformista”, comprendeva DS e Margherita. Così drasticamente ridotto, se ne vuol fare un partito.

L’ultima volta che ho votato una mozione di maggioranza, al congresso di Torino, si titolava : “Una grande sinistra in un grande Ulivo”. Sarà certamente un limite mio, ma io sono rimasto lì.Con i congressi paralleli in corso, DS e Margherita cessano una loro autonoma vita. Diventano comitati promotori del Partito Democratico. Chi partecipa, i prossimi mesi non avrà altro da fare che questo. L’appuntamento, prima fissato al 2009, è stato anticipato di un anno. Si accelera. Sul Congresso della Margherita, leggo di giudizi severissimi di molti suoi esponenti di primo piano. Per quanto riguarda i DS, non discuto della legittimità della proposta di Fassino, che si presenta con il sostegno del 75% degli iscritti (anche se mi permetto di ricordare che dunque uno su quattro è contrario o fortemente critico). Penso che si stia commettendo, sia pure a larga maggioranza, un errore di vasta portata. Penso che si stia imboccando una strada che porta la sinistra non a rinnovarsi, come pure è radicalmente necessario, ma a perdersi. “Sinistra”, non è un bagaglio appresso che i dirigenti si portano dietro. Sono valori, programma fondamentale, identità. La retorica dell’”oltre” – oltre i partiti, oltre le tradizioni, oltre il socialismo – non dice nulla, se non è, chiaro dove si va. Vedo che si chiede a noi, della minoranza: “dove andate?”. Io chiedo a voi, compagni della maggioranza: “dove andate, esattamente?”. Si apre la Costituente del Partito Democratico. Al buio. La piattaforma è costituita da un Manifesto: debole, pasticciato, confuso. Non so se la “fusione” in corso sia calda o fredda: se il risultato è quel Manifesto, la fusione è al momento fallita. L’unica cosa chiara è il riferimento al Cristianesimo. Fondamentale componente della cultura universale, non c’è dubbio. Ma un principio religioso non può costituire il fondamento costituzionale né di uno Stato, né di un’Unione di Stati come l’Europa, né di un partito politico moderno.

Precipitiamo verso il Partito Democratico senza aver chiarito niente.Non certo la collocazione internazionale. I nomi sono potenti. Questo nuovo partito si chiama come quello americano e, in Europa, come quello del centrista francese François Bayrou. Sarà, centrista e americano, “Con un rapporto forte e strutturato con il PSE” – ha detto Fassino – Una formula aperta a diversi esiti, salvo uno: è evidente che non potrà far parte del PSE. Lo capiscono tutti. Il sostegno opposto di DS e Margherita ai due candidati concorrenti alle presidenziali francesi (Royal e Bayrou) è solo un antipasto di ciò che ci aspetta. D’altronde Rutelli (che rispetto, e con cui collaboro volentieri nel Governo) è stato chiaro: nel Parlamento europeo, ognuno resta ai suoi posti fino al 2009, poi nascerà un nuovo raggruppamento politico nazional-democratico. Non stiamo parlando di diplomazia internazionale: stiamo parlando delle appartenenze alle grandi famiglie politiche che esistono in Europa e nel mondo. Stiamo parlando della nostra identità in Italia. Temo che con il Partito Democratico condanneremo di nuovo l’Italia a rappresentare in Europa un “caso”.

Torna l’”eccezionalismo”, dal quale abbiamo faticosamente tentato di liberare il nostro Paese, che ne è afflitto fin dalla costituzione dello Stato nazionale.Non abbiamo chiarito niente di ciò che è essenziale. I grandi temi – lavoro, sapere, ambiente, questione morale e riforma della politica – galleggiano con insostenibile leggerezza nel dibattito politico sul Partito Democratico. Sul sindacato non si dice parola, o si dicono parole sbagliate. Altri temi sono immersi nella più grande confusione. Per esempio il tema della laicità. Il Governo ha proposto la legge sui “Diritti dei conviventi” – il minimo per chi abita in questa parte del mondo. C’è, tra i costruttori del PD, chi ha partecipato a manifestazioni di sostegno ai Dico, e chi parteciperà al “family day” : non ho l’impressione che siano la stessa cosa. Ci sono, nello spazio del PD, voci assolutamente dissonanti anche rispetto a fenomeni intollerabili come l’onda ritornante di fobia verso gli omosessuali. Laicità è lo spazio della libertà di tutti. Non ce n’è una “sana” e una “insana”, come ritiene Papa Ratzinger. C’è semplicemente quella di uno Stato che garantisce che possano ben esserci nella società idee e modi di vita egemoni, proprio perché non esistono punti di vista che una qualche autorità impone come dominanti, e obbligatori per tutti.

Da questo dipende l’autodeterminazione degli individui, il libero movimento delle forme della vita civile, la libertà della cultura, dell’arte, della scienza (e bisogna tornare a difendere la scienza, se è vero che, non ancora concluso l’appello per il processo a Galilei, si apre quello a Darwin). La stessa libertà religiosa, che è uno dei pilastri della libertà senza aggettivi, è durevolmente garantita solo dal principio di laicità. L’unico antidoto alla barbarie dei conflitti di civiltà e alle guerre di religione. Per questo la laicità dello Stato è un principio non negoziabile, che sta al fondo della politica moderna. Le mezze soluzioni, sono soluzioni gravemente sbagliate.

Persino sulla legge elettorale, il campo del Partito Democratico è diviso in tre: quelli del proporzionale corretto, quelli del neomaggioritario di collegio, quelli del referendum – nonostante che il referendum come è noto sia una spada di Damocle appesa sulla testa del Governo. Date queste condizioni politiche, non è sorprendente che via via l’attenzione si sia andata concentrando sulle questioni di leadership. Fino alle tensioni esasperate di questi giorni. Questa è la domanda che imperversa. Chi? Chi prenderà il comando? Chi guiderà il Partito Democratico? Chi deciderà?Decideranno gli iscritti, o i cittadini delle primarie? Una “testa un voto”? Si vota nei gazebo? Ed ecco, come in una matrioska, che dalla discussione sulla legge elettorale per il Parlamento fa capolino quella per le primarie della Costituente del nuovo partito. Mi permetto di ricordare che, centrale, nel pensiero democratico e socialista italiano, è il tema del rinnovamento delle classi dirigenti. Plurale. Sempre più spesso invece ho sentito in questi anni abusare del singolare: “la classe dirigente”. Si tratta di un’altra teoria, quella della “circolazione delle élites”: Pareto, non Gramsci. Una teoria non nuova, che si sposa felicemente con la più recente tendenza alla estrema personalizzazione della politica, sempre più innervata di potere, denaro e televisione. Comunque, il fatto è che non riesco a rassegnarmi.

Non riesco a rassegnarmi all’idea che il destino della sinistra italiana possa ridursi a questo: una rete di correnti superpersonalizzate dentro un partito che ammaina i simboli stessi della sinistra e del socialismo, e poi una galassia di partiti più piccoli, verdi, socialisti, comunisti, di sinistra cosiddetta “radicale”.

E’ una storia grande e drammatica, quella della sinistra italiana del Novecento. Molte delle conquiste sociali e civili si devono a lei. E ora si sono messi in moto due movimenti contraddittori: da un lato, per la prima volta, dai primissimi anni della Repubblica, tutta la sinistra è al governo insieme; dall’altro, nasce il Partito Democratico, che perpetua la separazione, sempre più artificiale, tra “riformisti” e “radicali”.Confermo qui – non con animo leggero – l’indisponibilità della minoranza che rappresento a partecipare alla Costituente del Partito Democratico. E’ vero che anche nei DS ci sono le correnti: a questo Congresso tre. Nel PD ce ne saranno trentatre: non si sentirà la nostra mancanza. Noi ci fermiamo qui.

Non ci si formano idee sui sondaggi, certo. Tuttavia ho l’impressione che il Partito Democratico non recupererà tutto, o quasi tutto, lo spazio del centrosinistra. Ci sarà una parte grande della società italiana, che guarda a sinistra, che non si sentirà rappresentata. Una parte essenziale per fare, oggi e domani, maggioranza e governo. Molte forze si sono messe in cammino. La nostra intenzione è di costituire un movimento politico autonomo, che si propone di aprire un processo politico nuovo, più a sinistra del Partito Democratico. Non un altro piccolo partito. Ma un progetto volto a riunificare forze. A mantenere viva la prospettiva di una forza di sinistra di ispirazione socialista. Laica e di governo. Del lavoro, dei diritti, delle libertà femminili, dell’ambientalismo, aperta alle nuove culture e alle sfide di questo secolo. Alleata del Partito Democratico.

Lo so che è un’impresa difficile. Ma anche la vostra non sarà facile. Per quanto mi riguarda, abbiamo maturato, insieme ai compagni che hanno sostenuto la mozione “A sinistra. Per il socialismo europeo”, una convinzione profonda, e sentiamo il dovere di provarci. Si aprono due fasi costituenti. Sarebbe bello un doppio successo.

Buona fortuna, compagni.Firenze, 20 aprile 2007

martedì 17 aprile 2007

UN ERRORE IRREVERSIBILE




Carlo Leoni da aprileonline 17 aprile 2007



Saremo a Firenze per il IV Congresso Nazionale dei Democratici di Sinistra. Ci saremo, noi delegati della mozione "A sinistra per il socialismo europeo" innanzitutto in segno di rispetto nei confronti dei dirigenti, dei militanti e degli iscritti al partito.

E' la comunità di donne e di uomini dentro la quale abbiamo vissuto per molti anni, con la quale abbiamo condiviso vittorie importanti e momenti critici. Una comunità alla quale abbiamo cercato di dare un contributo ma, soprattutto, dalla quale molto abbiamo ricevuto.

Saremo a Firenze, poi, per dare conto ai delegati eletti dai congressi, agli invitati e all'opinione pubblica delle conseguenze politiche che la Sinistra DS intende trarre dall'esito di un Congresso che ha registrato un ampio consenso alla proposta del segretario di dare vita ad un nuovo partito.

Avevamo chiesto alla maggioranza del partito di prendere una pausa, di fermare il processo di costituzione del Partito Democratico, di riflettere. Tutti insieme.
Ma nel momento in cui si decide non solo di andare avanti, ma di accelerare i tempi della messa in campo del nuovo soggetto, si apre allora di fronte a tutti noi una nuova prospettiva.

La nostra contrarietà al progetto del PD è nota, e non da oggi. Non siamo perplessi o inquieti solo dal modo in cui sta nascendo: i nodi politici fondamentali tuttora elusi ed irrisolti, la fase costituente annunciata così vicina e rapida da far prefigurare l'impossibilità di avviare un vero processo di approfondimento e condivisione, l'incertezza e la confusione sul profilo identitario di quello che -comunque- sarà un partito... e la ridda, quotidiana, di interventi, suggerimenti, decisioni -tutte a mezzo stampa- che danno un quadro sempre più caotico di quello che sarà il progetto politico e la vita democratica interna del Partito Democratico...

Naturalmente, giacché il partito Democratico si farà, io mi auguro che sia una forza più aperta, più inclusiva, più partecipata.
E me lo auguro per quell'urgente bisogno di rinnovamento che solo chi pensa alla politica come "tecnologia della gestione del potere" può considerare cosa da poco. Credo fermamente alla necessità di una riforma radicale dei partiti politici, diventati ormai sempre meno rappresentativi e democratici, ma al tempo stesso sempre più invadenti nella sfera civile e amministrativa. Per questo, nonostante lo scetticismo che in me permane, voglio sperare che il PD -al pari di tutti gli altri soggetti politici- realizzi una vera innovazione della politica. Ne trarrebbe giovamento la democrazia italiana.

Ma la nostra proposta politica non si limita certo all'auspicio di un Partito Democratico più "democratico". La netta contrarietà alla proposta del segretario si articolava, nella nostra mozione, fondamentalmente su tre punti. Avevamo detto: 1) l'Italia non può essere l'unico paese Europeo privo di una grande forza della sinistra di governo; 2) nell'epoca della globalizzazione e dell'integrazione europea non è immaginabile abbandonare il campo del socialismo europeo; 3) i DS, invece di fondersi con la Margherita -che deve rimanere in ogni caso un solido alleato- avrebbero dovuto mettersi al centro di un processo di coraggioso rinnovamento, di revisione politica e soprattutto culturale, volto a realizzare una nuova e più grande forza unitaria della sinistra italiana, approfittando, in questo processo unitario, della contingenza che vede TUTTA la sinistra partecipe all'esperienza di governo e riconoscendo il fatto che la frammentazione della sinistra è una delle cause principali della crisi italiana.
Questo è il cuore politico della mozione che abbiamo sostenuto.

Prendiamo atto dell'esito assolutamente legittimo del congresso, dei suoi risultati numerici. Ma rimaniamo convinti che quello che si sta per compiere sia un errore, uno di quegli errori dai quali sarà poi impossibile tornare indietro.
Con il Congresso di Firenze si conclude l'esperienza politica autonoma del partito dei Democratici di Sinistra.
Poco importa se poi, dal punto di vista meramente formale, i Ds come tali sopravvivranno ancora qualche mese.
Dal 22 aprile inizia il lavoro per costruire un altro partito. Il processo costituente non è una serie di tavole rotonde o dibattiti accademici volti a verificare e a discettare su come vanno le cose. E', come dicono tutti i dirigenti dei DS che credono in questo processo, l'immediata costituzione in ogni Comune di un comitato promotore del PD, che dovrà lanciare gruppi dirigenti, campagne di adesione, aprire il tesseramento. Ad un altro partito. Un altro partito, al quale aderirà ovviamente chi crede in quel progetto.

Non c'è dubbio che per me e per altri sarebbe più comodo e rassicurante scegliere di dire "vado con la mia gente, anche se la direzione è sbagliata": ha il sapore di un vecchio e triste slogan comunista, quel "meglio sbagliare con il partito che avere ragione fuori dal partito".
Sarebbe più rassicurante, magari: ma non sarebbe la scelta politica più giusta, la collocazione politica più utile.

La nascita del PD (con la conseguente scomparsa dei DS) lascia un vuoto a sinistra, uno spazio politico che le attuali formazioni politiche della sinistra, nella loro configurazione odierna, non possono certo rappresentare. I passi che si stanno muovendo sono interessanti: la "costituente socialista" proposta da Boselli, le aperture della "sinistra europea" di Giordano... interessanti, appunto, ma ancora inadeguati, perché la domanda politica che dobbiamo aver il coraggio di porre è quella di una nuova formazione di tutta la sinistra italiana. Non solo di un allargamento delle organizzazioni ora esistenti.

Cerchiamo di immaginare il centrosinistra di domani: un PD non autosufficiente e, alla sua sinistra, la stessa attuale frammentazione. Non dovrebbe volerlo nessuno, io credo, neanche chi oggi crede e si impegna per la nascita del PD.
A cosa servirebbe allora -e a chi, se non ad un gruppo ristretto preoccupato solo della propria autotutela- trascinarci in una esperienza non voluta, che non sentiamo nostra, per confinarci poi in una riserva sterile? Impegnati magari solo a contrastare, rallentare, criticare, cercare di rallentare... cosa dovrebbero fare concretamente, giorno per giorno, coloro che nelle sezioni sono stati e sono contrari a questa esperienza, mentre lavorano i comitati promotori del PD? Farebbero davvero una poco appassionante opera di interdizione.

Meglio è per tutto il centrosinistra che noi, le compagne e i compagni dei DS che hanno sostenuto altre posizioni politiche, ci impegniamo in qualcosa che ci convince di più. Che ci motiva e ci appassiona di più: perché è più utile a tutti. Metterci dunque al lavoro per creare una nuova formazione della sinistra italiana, dove sinistra significhi soprattutto rappresentanza del mondo del lavoro, parte integrante del socialismo europeo. Alleata e amica del futuro partito democratico.
Non pensiamo certo di dar vita ad un altro "partitino", ma ad un movimento politico organizzato che abbia la missione di superare se stesso, in una casa più grande di tutta la sinistra italiana. Una casa, non una semplice federazione.

E' difficile? Sì, è difficile. Ma vogliamo provarci. Per questo saremo a Firenze. Per spiegare -con l'unico intervento a nome della nostra area di Fabio Mussi- le ragioni della nostra scelta.
Proporremo alle delegate e ai delegati della nostra mozione, che si riuniranno mercoledì sera, di non partecipare agli organismi dirigenti del partito, né alle commissioni congressuali: una scelta di ovvia coerenza verso quanto diciamo e, soprattutto, di rispetto verso la strada che altre compagne e compagni stanno intraprendendo.

Se vogliamo un confronto politico maturo tra di noi, non ha senso usare la parola "scissione". Ci si scinde da un partito che rimane, che continua a far politica; non da qualcosa che "cessa la sua attività", come sembra reciti il dispositivo comune che DS e Margherita dovranno votare alla conclusione dei congressi.

Si apriranno, per ciò che erano i Democratici di Sinistra, due fasi costituenti. Tutti combattiamo per l'impresa comune del centrosinistra italiano. Questo impegno comune si vedrà già nelle imminenti elezioni amministrative.
Vale davvero la pena di guardare con civiltà e in modo moderno alle scelte che ognuno di noi si appresta a fare.
Io, l'ho detto, non credo nella strada che la maggioranza dei DS ha deciso di percorrere. Ma guarderò sempre con rispetto all'impegno che gli iscritti, i militanti, i dirigenti ci metteranno: so che lo faranno con passione e generosità.
Chiedo analogo rispetto per le compagne e i compagni che si metteranno in cammino su un altro sentiero -anch'esso non privo di incognite- ma necessario.
Necessario per non disperdere forze, per tenere aperta una prospettiva dignitosa alla sinistra, per rendere ancora più forte il centrosinistra italiano.

*Vicepresidente Camera dei deputati

venerdì 13 aprile 2007

GRANDI: DOPO FIRENZE PERCORSO ALTERNATIVO AL PD

Solo la maggioranza del gruppo dirigente Ds continua a non voler prendere atto della realta'

(DIRE) Roma, 13 apr

"Continuano inutili bizantinismi sul partito democratico, e mentre Rutelli fa benissimo a chiarire che il Pse non e' l'approdo internazionale per il partito democratico, io credo di essere facile indovino a prevedere che non si lascera' imporre da un referendum una scelta politica di affiliazione internazionale, che la Margherita ha, a chiare lettere, dichiarato di non volere".

Lo afferma il sottosegretario ed esponente della sinistra Ds, Alfiero Grandi, secondo il quale "solo la maggioranza del gruppo dirigente Ds continua a non voler prendere atto della realta', e si appresta a una nuova arrampicata sugli specchi in cerca di soluzioni sempre piu' bizantine, non solo sull'affiliazione internazionale del futuropartito democratico, ma, ora, anche sullo scioglimento del partito". Per Grandi "dovrebbe, invece, essere chiaro a tutti che se si forma un nuovo partito quelli vecchi non ci sono piu', perche', in altre parole, si sciolgono. Tanto piu' che, ormai, vengono indicate date e scadenze sempre piu' ravvicinate.

La parola "scioglimento" dei Ds e' pronunciata con un pudore incomprensibile, e si cercano locuzioni strane e indecifrabili. Se sciogliere i Ds e dare vita al partito democratico e' una scelta, ormai, fatta, come e' fatta, e sara' ratificata dall'imminente congresso nazionale, e' preferibile che si proceda, senza ulteriori e ambigue dichiarazioni, che come unico obiettivo hanno quello di cercare di rassicurare i militanti che tutto cambia senza cambiare nulla".

Ancora "meno comprensibile", prosegue Grandi, "e' capire perche' chi non e' d'accordo con questo processo di autoaffondamento dei Ds come forza di sinistra, e non si rassegna a diventare una mera corrente di sinistra in un generico contenitore democratico, dovrebbe fermarsi.

E' del tutto evidente che la prospettiva del partito democratico, a una parte dei Ds, non interessa e, quindi, si attrezzera' per dare vita a qualcosa di diverso".Lo spazio politico a sinistra, conclude Grandi "c'e', e qualcuno lo deve occupare.

Meglio per tutti che la sinistra Ds, esaurito il percorso congressuale, cominci, senza perdere tempo, il cammino per occupare questo spazio e prima lo fa, meglio e', perche' puo', cosi', contribuire a rimettere in movimento l'attuale articolazione della sinistra nel nostro Paese e a riequilibrare i sempre possibili contraccolpi sull'Unione, come dimostrano anche le attuali tensioni sulla legge elettorale.

Deve essere chiaro a tutti, inoltre, che la sinistra Ds difendera' con le unghie e con i denti la tenuta dell'Unione e del governo Prodi, anche da azioni improvvide di "amici".

giovedì 12 aprile 2007

PD: FASSINO, SONDAGGI? SE DIRIGENTI NE PARLANO MALE...

da Repubblica.it 12/04/07 Roma, 18:11

"Non mi stupisco se i sondaggi vanno male visto che una parte di quei dirigenti che dovrebbero costruire il Partito democratico spiegano tutti i giorni ai cittadini che il Pd e' una brutta cosa...". Il segretario dei Ds, Piero Fassino, commenta cosi' il sondaggio pubblicato ieri dal Corriere secondo cui se si votasse oggi il Pd avrebbe un 23%. "Non sono abituato a seguire i sondaggi, ma i voti veri - ha detto Fassino intervenendo ad un convegno sul Pd e le donne - ma non mi stupisco che i sondaggi vadano male se i dirigenti che dovrebbero costruirlo dicono tutti i giorni che il Pd e' una brutta cosa. Forse - ha concluso - se ne parlassero meglio anche i sondaggi sarebbero migliori".

La domanda sorge spontanea: perchè i dirigenti che dovrebbero costruirlo ne parlano male?

MUSSI: STA NASCENDO QUALCOSA CHE NON MI PIACE

12 Aprile 2007
intervista di Corradino Mineo per la trasmissione "il Caffè" di rainews24

Fabio Mussi, Ministro dell'Universita' e della Ricerca

"Da quello che vedo sta nascendo qualche cosa che non mi piace". Con queste parole Fabio Mussi, Ministro dell'Università e della Ricerca, ospite del Caffè ha ribadito le sue perplessità sulla nascita del Partito Democratico.

"Tutti mi fanno degli appelli - ha detto Mussi - "ma il Partito Democratico che nasce è esattamente quello che si dice che non deve essere, ciè la fusione tra Ds e margherita: due partiti si fondono senza avere deciso esattamente cosa deve essere questo partito, dove deve stare nel mondo a quale famiglia politica deve appartenere, quale è la piattaforma programmatica fondamentale la tavola dei valori".

"Io penso che un grande paese europeo come l'Italia non possa non avere un grande partito autonomo di sinistra di ispirazione socialista, non penso che sia semplice mutuare il modello dagli Stati Uniti d'America", ha detto Mussi. "Io non ho mai provocato rotture - ha aggiunto Mussi - però se si forma un nuovo partito l'adesione è facoltativa".

PARTITO DEMOCRATICO: ROBE DEL SECOLO SCORSO

Da wallstreetitalia.com di Michele Serra

12 Aprile 2007 ROMA

E' tutto volto all´indietro, novecentesco, precotto, come se la storia fosse una zavorra inestinguibile, mai un propellente. Di una casa nuova interessano le novità, i nuovi spazi, le atmosfere inedite. Nel centro-sinistra tutto puzza di vecchio.

La fatica inane e dunque ammirevole di Piero Fassino in vista del sospirato approdo nel Partito Democratico comporta anche molti, ennesimi ritocchi al famoso "rapporto con le proprie radici". Ivi compresa una riabilitazione di Craxi (la numero dieci, o undici, anche se nessuna vidimata dalla severissima notaia Stefania), una riflessione sul caso Moro quasi trent´anni dopo e l´omaggio numero dieci, o undici, alle vittime dei Gulag.

È tutto giusto, magari anche tutto necessario. Non fosse che è tutto volto all´indietro, novecentesco, precotto, come se la storia della sinistra italiana fosse una zavorra inestinguibile, mai un propellente. Come se a una Bolognina ne dovessero seguire altre dieci, o undici, sentendosi comunque sempre in debito, in ritardo rispetto a chi di Bolognine magari non ne ha fatte mezza, e delle proprie magagne se ne strafotte.

E forse è proprio per questo che il costruendo Partito Democratico riesce estraneo, freddino, poco accogliente perfino a chi ne sente la necessità: perché di una casa nuova interessano le novità, i nuovi spazi, le atmosfere inedite, e di quelle si sa poco o niente. E la paura è che, dopo il trasloco, ci si ritrovi a riabilitare Craxi (docicesima volta, con Stefania che straccia il compito e dice: rifallo!), a condannare il leninismo, a ripensare Bad Godesberg o Amadeo Bordiga. Eh, ma che due palle!

mercoledì 11 aprile 2007

NUOVO SONDAGGIO SUL PARTITO DEMOCRATICO

Da unitaonline 11/4/07

Sondaggio sul Pd, Mussi: «Non sono sorpreso»

Un nuovo campanello d'allarme per il Partito democratico. Almeno nelle intenzioni di voto raccolte dal sondaggista Renato Mannheimer sul “Corriere della Sera”. «Se si votasse domenica, il Partito democratico otterrebbe il 23-24%», scrive il sondaggista e spiega che tra gli intervistati «il tratto prevalente è la sfiducia». Si fa anche notare che attualmente, «secondo gran parte delle stime, Ds e Margherita possono contare oggi, nel loro insieme, sul 25-26 % dei consensi». Dunque, il sondaggio attesta il Pd al di sotto della somma di due partiti fondatori.

Tra i fattori di “sfiducia” nei confronti del Pd, Mannheimer individua «la progressiva diminuzione di consensi verso le forze del centrosinistra nel loro insieme»; «l'accentuarsi nell'elettorato (e quel che più preoccupa tra i militanti) dell'impressione che il Pd potrebbe finire per diventare un partito “vecchio”, simile a forse a quelli della Prima Repubblica»; «una delusione nei confronti della leadership del Pd vista spesso come portatrice di valori e di logiche politiche vecchie». «Questi ed altri motivi hanno portato ad una sempre minore capacità di attrazione del Pd nei confronti degli elettori tanto che dichiara di prenderlo in considerazione solo il 2-3% dei votanti», al di fuori di Ds e Margherita.

Tuttavia, sottolinea infine il sondaggista, «il bacino potenziale è molto più ampio e giunge al 37% con dichiarazioni di interesse da parte degli elettori di una molteplicità di forze politiche, a destra come a sinistra. Ma per conquistarli occorrerebbe suscitare nuovamente l'entusiasmo e la speranze di rinnovamento che, in questi mesi, sono sembrate offuscarsi».

Contrastanti le reazioni nei Ds. «Io non sono sorpreso», dice il ministro dell'università Fabio Mussi, leader della sinistra Ds. «È una forzatura sostenere che quel sondaggio sia un giudizio negativo sul Partito Democratico - dice Marina Sereni, vice capogruppo dell'Ulivo alla Camera -: c'è una flessione di tutto il centrosinistra nei sondaggi ed emerge la percezione di un momento di difficoltà anche nell'azione di governo». «È un'ulteriore dimostrazione dei limiti e della debolezza di questo progetto – dice il portavoce della terza mozione dei Ds, Alberto Nigra -: la costruzione del Partito democratico è un’operazione vissuta anche dallo stesso elettorato come una fusione e le fusioni nella storia non hanno mai portato a risultati positivi». «Non mi soprende affatto», dice Carlo Leoni, vicepresidente della Camera ed esponente dell'area Mussi della Quercia, «è un'ulteriore dimostrazione che si tratta di una operazione che ha poco fascino tra gli iscritti, figuriamoci tra gli elettori». Il coordinatore della segreteria Ds Maurizio Migliavacca, invece, guarda al potenziale elettorato: «Per un partito che non c'è ancora e si sta costruendo, il 37% di voto potenziale è il segno che si può costruire qualcosa di solido e importante».

Sono molti invece gli esponenti Ds che allargano il discorso. «È inutile fare sondaggi su una cosa che ancora non c'è, che è in allestimento», taglia corto il ministro per lo Sviluppo economico, Pierluigi Bersani. Il ministro ha ricordato di aver davanti «ancora un anno di lavoro con una potenzialità enorme. È poco produttivo fare sondaggi di cose i cui tratti del volto non si sono ancora visti». Secondo Bersani, «dobbiamo costruire l'identità di questo partito e si tratta di un lavoro appassionante. Il problema -ha concluso- è se sapremo farlo dando da subito l'idea che vi è una cosa nuova in corso». «Il mio unico assillo di queste ore è quello di continuare e lottare per l'unità dei Democratici di sinistra – dice invece il segretario regionale dei Ds del Lazio Nicola Zingaretti -. Mi sto battendo e mi batterò fino alla fine per questo obiettivo e credo che il modo migliore per raggiungerlo sia promuovere un forte processo per la Costituente del Partito democratico, dove anche coloro che in questi mesi hanno espresso riserve possano trovare un ruolo e risposte ai propri dubbi».

venerdì 6 aprile 2007

La sinistra non può ridursi ad essere la corrente di un partito

Commento di Carlo Leoni, firmatario della seconda mozione congressuale dei Ds, da "Il Riformista"

L’appello che, come mozione “A sinistra per il socialismo europeo”, abbiamo rivolto a Piero Fassino qualche giorno fa, propone una pausa che consenta una riflessione comune sull’immediato futuro. Questa proposta non nasce certo dal fatto che si ignorano o si sottovalutano i risultati del Congresso.

I dati li conosciamo: la mozione presentata dal segretario ha vinto con ampio margine ed ha ora la piena legittimazione ad andare avanti e a realizzare il proprio progetto politico. Nessuno mette in discussione l’esito di un processo democratico, che noi per primi abbiamo fortemente voluto e che, semmai, avrebbe dovuto svolgersi prima. Prima, cioè, che il gruppo dirigente dei DS desse il suo assenso all’unificazione con la Margherita, senza un mandato degli iscritti.

Ma questa è storia passata: svolti i congressi, la maggioranza può andare avanti. Il problema che noi abbiamo posto è di natura squisitamente politica: si stanno per superare i DS, l’Italia sta per diventare l’unico paese europeo privo di una grande forza autonoma di sinistra e socialista. E i nodi politici dirimenti non sono stati ancora sciolti in nessun modo.

Primo: il PD nascerà senza aver deciso preventivamente la propria collocazione internazionale. Considerare questo tema, nell’era della globalizzazione e delle grandi sfide mondiali, cosa da poco è, a mio avviso, un clamoroso abbaglio culturale, oltre che un grave errore politico.
Secondo: sul tema della laicità dello Stato – mentre viene sferrato un attacco quasi senza precedenti a questo principio costituzionale - la confusione nel nascente PD regna sovrana. Noi DS eravamo a Piazza Farnese a difendere i DICO (un disegno di legge del Governo Prodi), non pochi esponenti della Margherita dichiarano di voler aderire al Family Day, contro gli stessi DICO. E tra pochi mesi dovremmo essere non più solo alleati, ma membri dello stesso partito…Si dice che il PD andrà oltre la cultura del socialismo europeo. Oltre? Sui temi dei diritti civili e della libertà delle persone, la fusione tra il nostro partito e la Margherita costringerà – sta già costringendo- i DS ad una mediazione inevitabilmente più arretrata rispetto alle posizioni di qualunque partito di sinistra e socialista. Altro che modernità…

Quell’operazione innovativa che tanti avevano intravisto nella suggestione del PD si è ridotta alla mera fusione tra due partiti. I quali, piuttosto che affrontare il difficile e coraggioso impegno di rinnovare se stessi, hanno scelto semplicemente di mettere insieme la propria forza elettorale.

A Orvieto c’erano DS e Margherita: non altri. I DS e la Margherita hanno nominato gli estensori del Manifesto. Sono sempre e solo questi due partiti a svolgere i propri congressi e a decidere la data per la fusione. Non c’è altro.

E dire che questo è solo l’atto iniziale, equivale – come ha scritto efficacemente Achille Occhetto sulle pagine del Riformista - “all’apertura dei giardini della regia ai cittadini, quando tutto è già stato deciso.”La delusione per tutto questo si sta facendo sentire, anche tra i sostenitori della prima ora del progetto del PD.

E la distanza tra il “Grande Ulivo” del ’96 –nel quale ho molto creduto- e quest’esperienza è enorme, non solo quantitativamente. Vale dunque la pena di chiudere i Ds per ottenere così poco? Dividere e lacerare la nostra comunità per realizzare un’esperienza tanto precaria? Per questo abbiamo detto “fermatevi, raccontiamoci la verità e ragioniamo insieme”. Ma fino ad ora si è risposto, al contrario, con l’impegno ad accelerare rispetto ai tempi già stretti indicati nella mozione Fassino. Non trovo giusto che si sia andati nei congressi di sezione a dire “non preoccupatevi, abbiamo due anni di tempo, fino al 2009, per verificare”; e poi, una volta ottenuto il consenso, comunicare invece che già all’inizio del prossimo anno, cioè tra pochi mesi, i DS non ci saranno più e nascerà il partito Democratico.

Accelerare vuol dire che non si farà nessuna vera fase costituente, nessuna apertura esterna reale. A decidere tutto saranno gli attuali gruppi dirigenti dei due partiti. Può apparire forse rassicurante, certo: ma tutto questo non è né innovativo, né democratico. Anche se le parole fino ad oggi pronunciate da Fassino e da D’Alema sembrano chiudere ogni spiraglio, io continuo a sperare fino all’ultimo momento utile – fino, cioè, al congresso nazionale - che qualche novità intervenga, che si raccolga questo nostro appello.Certo che ha vinto la mozione Fassino, chi lo mette in dubbio?

Ma il fatto che circa un quarto dei tanti che hanno votato nei congressi di sezione abbia espresso contrarietà o forti dubbi non conta proprio nulla? No, evidentemente. Conta talmente poco da far dire “noi andiamo avanti come se voi non aveste detto nulla. Ma seguiteci e fate la minoranza (la minoranza, sia chiaro) nel futuro partito”.

Abbiamo già detto con chiarezza che questo “ruolo” non ci convince e non ci appassiona. Che non siamo disponibili. Non ci convince perché sarebbe una collocazione del tutto inutile, improduttiva. Non solo per noi, ma per il centrosinistra italiano. Una riserva sterile. Saremmo in pochi e poco rappresentativi, perché comunque molti compagni faranno altre scelte. Dentro un partito nel quale non crediamo e, proprio per questo, impegnati solo in una funzione di freno, di intralcio, di interdizione. Ecco, sarebbe solo l’autotutela di una nicchia politica: non credo servirebbe neanche al partito democratico.

Sarebbe meglio, questo ci siamo detti, metterci al servizio di un’idea più difficile e più ambiziosa. Lavorare, per tutto il tempo che ci vorrà, ad un processo di rinnovamento e di unità nella sinistra italiana, per dare vita ad una forza più grande e più innovativa di quelle attuali, legata al socialismo europeo. Una forza autonoma della sinistra di governo, alleata del Partito Democratico, in un assetto del centrosinistra più razionale e più coeso di quello presente, così frammentato e così rissoso. Non sarebbe meglio per tutti? Io penso di sì.

Continuo dunque a sperare in un ripensamento, in una riflessione aggiornata e più matura. Che dia a noi e ai compagni della mozione Angius quelle risposte fin qui negate. Ma dico onestamente che se il PD dovesse nascere, sebbene io non ne farò parte, non gli augurerò di deragliare, di andare a sbattere: perché ci tengo al centrosinistra e alla tenuta della politica democratica italiana. Augurerò buon lavoro alle compagne e ai compagni che –secondo me sbagliando- sceglieranno quella strada. La cosa migliore da fare sarebbe tenere e rinnovare i DS. Ma se questo sarà proprio impossibile, dalla nostra storia e dalla nostra esperienza politica vorrei che emergano non una fusione ed una resa, non un accorpamento ed una “scissione”: ma due processi costituenti, entrambi benefici per il centrosinistra e la democrazia italiana.

La sinistra non può ridursi né ad essere a mala pena la corrente di un partito (così non è in nessun paese europeo), né una testimonianza di fede personale (del tipo “ovunque io vada, resterò sempre di sinistra!”). La sinistra non può neanche essere un pulviscolo di formazioni residuali in conflitto tra di loro, perché è proprio questo uno dei fattori della crisi italiana. Serve unità e servono novità: culturali, prima ancora che politiche. Su questo avrebbero dovuto e dovrebbero impegnarsi i Ds.

Se i DS non ci saranno più, qualcuno si prenderà il carico di contribuire – senza spocchia né arroganza, ma con necessaria determinazione - ad introdurre questa novità nel panorama politico italiano.

LA SINISTRA DS NELLA SEGRETERIA PROVINCIALE

La Sinistra DS accoglie l’invito del segretario Lodolini ed entrerà nella Segreteria della Federazione di Ancona, confermando i componenti uscenti: Matteo Cognini, Roberto Lampa e Gianni Fiorentini (quest’ultimo designato anche come coordinatore della mozione nella Direzione provinciale).
La decisione è stata assunta ieri sera, nel corso di una riunione a cui hanno partecipato i componenti della Direzione provinciale.

“E’ la riprova della nostra volontà di contribuire in modo costruttivo e responsabile alla gestione dei DS, finchè esisteranno, onorando così gli impegni presi nei Congressi di Sezione con i tanti compagni che hanno sostenuto la mozione ‘A Sinistra, per il socialismo europeo’.
In una fase politica molto impegnativa per il partito, alla vigilia della consultazione elettorale provinciale, vogliamo contribuire concretamente, su un piano di pari dignità, di diritti e di doveri, al successo dell’Unione.
Resta immutata la contrarietà al progetto del PD che ha come condizione necessaria e inevitabile, per volontà della maggioranza, lo scioglimento dei DS”.

Riccardo Maderloni - Portavoce provinciale della Mozione “A Sinistra, per il socialismo europeo”

giovedì 5 aprile 2007

SONDAGGI: IL PARTITO DEMOCRATICO AL 25%

Da Affari Italiani

Terremoto nell'Ulivo per il sondaggio condatto da Ipr Marketing che assegna al futuro partito democratico un misero 25%, il 6,3% in meno rispetto a quanto ottenuto dalla lista unitaria Ds-Margherita alle Politiche dell'anno scorso (31,3%).

Questo dato "mi preoccupa. Ma non sta scritto da nessuna parte - osserva Arturo Parisi - che resti al 25%. Lavoreremo perché questo non accada". Per il ministro delle Comunicazioni, Paolo Gentiloni, il sondaggio "mette in luce problemi di consenso per la maggioranza e per noi del governo prima ancora che sulle chance future del partito democratico".

Ma che cosa pensano gli altri sondaggisti delle difficoltà del Pd? Affari lo ha chiesto a sei dei principali ricercatori italiani.

"Vale certamente meno delle elezioni politiche", afferma Nando Pagnoncelli, presidente dell’Ipsos. Secondo Alessandra Ghisleri (Euromedia Research) "oscilla tra il 25 e il 27%". Pessimista sul partito democratico anche Alessandro Amadori (Coesis Research): "Se arriva al 29% è tanto, è in forte calo rispetto a 6-8 mesi fa. Si colloca tra il 27 e il 29%. Per i Ds è grasso che cola se arrivano al 17%, mentre la Margherita è tra il 10 e l'11%". Per il presidente dell'Swg Roberto Weber "a essere ottimisti si colloca tra il 25 e il 26%". Renato Mannheimer spiega che "il mercato potenziale del partito democratico è il 37%; ovvero la cifra degli elettori che lo prendo in considerazione. Però magari neanche la metà lo votano. Il 37% è il massimo. Ma attualmente vale un filino meno della somma di Ds e Margherita". E infine Nicola Piepoli, secondo il quale "la configurazione attuale assegna al Pd circa il 30%. Ma poi oscillerà, quanto porterà via Mussi? Bisognerà valutarlo".

mercoledì 4 aprile 2007

IL POPOLO USA E GETTA

Fulvia Bandoli, 04 aprile 2007 da aprileonline

Il Punto

Le primarie che indicarono Prodi quale leader del centro sinistra risalgono all'ottobre 2005, da allora nessuno ha più chiamato alla partecipazione attiva quel "popolo", perché la partecipazione alle scelte politiche non va d'accordo con una politica sempre più verticistica e personalistica.

Per la verità alcuni dei cittadini che votarono alle primarie sono stati "contattati" diciamo così.. è infatti accaduto che ad alcuni di loro ( persino ad iscritti ad altri partiti) sia arrivata d'ufficio, a casa, la tessera della Margherita.

Ora vedo che diversi e autorevoli commentatori ed esponenti politici invocano quel "popolo" per dare un pò di lustro e di colore alla costituente del partito democratico.

Quei cittadini potevano essere tenuti in campo e consultati su molte delle scelte che abbiamo fatto, dall'indulto alle scelte contenute in Finanziaria, dalle pensioni alle politiche per combattere il precariato, dal tema dei diritti civili e della laicità a quelli enormi che riguardano la qualità ambientale dello sviluppo.

Rincorrerli ed evocarli ora, solo per dare lustro e colore ad una costituente del partito Democratico che appare assai spenta mi pare un pò strumentale e poco rispettoso.

I cittadini mandano segnali precisi e molteplici: da quando siamo al governo ci hanno tolto consenso, e non poco, sui diriti civili hanno dimostrato sensibilità avanzata sia rispetto alla vicenda Dico sia rispetto alla dolorosa vicenda di Giorgio Welby, partecipano numerosissimi alle associazioni e ai movimenti di volontariato, si organizzano su vertenze ambientali a volte giuste e a volte no (ma è sempre una risorsa importante averli attenti alle trasformazioni del loro territorio).

Insomma c'è una forte spinta alla partecipazione che si situa quasi sempre fuori dai partiti politici tradizionali.

Voglio dire che quel "popolo delle primarie" altro non sono che i tanti cittadini singoli che in questi anni si sono già fatti sentire in molti e vari modi.

Non c'è dunque nessun "popolo delle primarie" da risvegliare, c'è una politica che resta sorda e spesso autoreferenziale e che di tanto in tanto fa appelli populisti per rimediare alla sua carenza di ascolto e di dialogo con il paese.