Commento di Carlo Leoni, firmatario della seconda mozione congressuale dei Ds, da "Il Riformista"
L’appello che, come mozione “A sinistra per il socialismo europeo”, abbiamo rivolto a Piero Fassino qualche giorno fa, propone una pausa che consenta una riflessione comune sull’immediato futuro. Questa proposta non nasce certo dal fatto che si ignorano o si sottovalutano i risultati del Congresso.
I dati li conosciamo: la mozione presentata dal segretario ha vinto con ampio margine ed ha ora la piena legittimazione ad andare avanti e a realizzare il proprio progetto politico. Nessuno mette in discussione l’esito di un processo democratico, che noi per primi abbiamo fortemente voluto e che, semmai, avrebbe dovuto svolgersi prima. Prima, cioè, che il gruppo dirigente dei DS desse il suo assenso all’unificazione con la Margherita, senza un mandato degli iscritti.
Ma questa è storia passata: svolti i congressi, la maggioranza può andare avanti. Il problema che noi abbiamo posto è di natura squisitamente politica: si stanno per superare i DS, l’Italia sta per diventare l’unico paese europeo privo di una grande forza autonoma di sinistra e socialista. E i nodi politici dirimenti non sono stati ancora sciolti in nessun modo.
Primo: il PD nascerà senza aver deciso preventivamente la propria collocazione internazionale. Considerare questo tema, nell’era della globalizzazione e delle grandi sfide mondiali, cosa da poco è, a mio avviso, un clamoroso abbaglio culturale, oltre che un grave errore politico.
Secondo: sul tema della laicità dello Stato – mentre viene sferrato un attacco quasi senza precedenti a questo principio costituzionale - la confusione nel nascente PD regna sovrana. Noi DS eravamo a Piazza Farnese a difendere i DICO (un disegno di legge del Governo Prodi), non pochi esponenti della Margherita dichiarano di voler aderire al Family Day, contro gli stessi DICO. E tra pochi mesi dovremmo essere non più solo alleati, ma membri dello stesso partito…Si dice che il PD andrà oltre la cultura del socialismo europeo. Oltre? Sui temi dei diritti civili e della libertà delle persone, la fusione tra il nostro partito e la Margherita costringerà – sta già costringendo- i DS ad una mediazione inevitabilmente più arretrata rispetto alle posizioni di qualunque partito di sinistra e socialista. Altro che modernità…
Quell’operazione innovativa che tanti avevano intravisto nella suggestione del PD si è ridotta alla mera fusione tra due partiti. I quali, piuttosto che affrontare il difficile e coraggioso impegno di rinnovare se stessi, hanno scelto semplicemente di mettere insieme la propria forza elettorale.
A Orvieto c’erano DS e Margherita: non altri. I DS e la Margherita hanno nominato gli estensori del Manifesto. Sono sempre e solo questi due partiti a svolgere i propri congressi e a decidere la data per la fusione. Non c’è altro.
E dire che questo è solo l’atto iniziale, equivale – come ha scritto efficacemente Achille Occhetto sulle pagine del Riformista - “all’apertura dei giardini della regia ai cittadini, quando tutto è già stato deciso.”La delusione per tutto questo si sta facendo sentire, anche tra i sostenitori della prima ora del progetto del PD.
E la distanza tra il “Grande Ulivo” del ’96 –nel quale ho molto creduto- e quest’esperienza è enorme, non solo quantitativamente. Vale dunque la pena di chiudere i Ds per ottenere così poco? Dividere e lacerare la nostra comunità per realizzare un’esperienza tanto precaria? Per questo abbiamo detto “fermatevi, raccontiamoci la verità e ragioniamo insieme”. Ma fino ad ora si è risposto, al contrario, con l’impegno ad accelerare rispetto ai tempi già stretti indicati nella mozione Fassino. Non trovo giusto che si sia andati nei congressi di sezione a dire “non preoccupatevi, abbiamo due anni di tempo, fino al 2009, per verificare”; e poi, una volta ottenuto il consenso, comunicare invece che già all’inizio del prossimo anno, cioè tra pochi mesi, i DS non ci saranno più e nascerà il partito Democratico.
Accelerare vuol dire che non si farà nessuna vera fase costituente, nessuna apertura esterna reale. A decidere tutto saranno gli attuali gruppi dirigenti dei due partiti. Può apparire forse rassicurante, certo: ma tutto questo non è né innovativo, né democratico. Anche se le parole fino ad oggi pronunciate da Fassino e da D’Alema sembrano chiudere ogni spiraglio, io continuo a sperare fino all’ultimo momento utile – fino, cioè, al congresso nazionale - che qualche novità intervenga, che si raccolga questo nostro appello.Certo che ha vinto la mozione Fassino, chi lo mette in dubbio?
Ma il fatto che circa un quarto dei tanti che hanno votato nei congressi di sezione abbia espresso contrarietà o forti dubbi non conta proprio nulla? No, evidentemente. Conta talmente poco da far dire “noi andiamo avanti come se voi non aveste detto nulla. Ma seguiteci e fate la minoranza (la minoranza, sia chiaro) nel futuro partito”.
Abbiamo già detto con chiarezza che questo “ruolo” non ci convince e non ci appassiona. Che non siamo disponibili. Non ci convince perché sarebbe una collocazione del tutto inutile, improduttiva. Non solo per noi, ma per il centrosinistra italiano. Una riserva sterile. Saremmo in pochi e poco rappresentativi, perché comunque molti compagni faranno altre scelte. Dentro un partito nel quale non crediamo e, proprio per questo, impegnati solo in una funzione di freno, di intralcio, di interdizione. Ecco, sarebbe solo l’autotutela di una nicchia politica: non credo servirebbe neanche al partito democratico.
Sarebbe meglio, questo ci siamo detti, metterci al servizio di un’idea più difficile e più ambiziosa. Lavorare, per tutto il tempo che ci vorrà, ad un processo di rinnovamento e di unità nella sinistra italiana, per dare vita ad una forza più grande e più innovativa di quelle attuali, legata al socialismo europeo. Una forza autonoma della sinistra di governo, alleata del Partito Democratico, in un assetto del centrosinistra più razionale e più coeso di quello presente, così frammentato e così rissoso. Non sarebbe meglio per tutti? Io penso di sì.
Continuo dunque a sperare in un ripensamento, in una riflessione aggiornata e più matura. Che dia a noi e ai compagni della mozione Angius quelle risposte fin qui negate. Ma dico onestamente che se il PD dovesse nascere, sebbene io non ne farò parte, non gli augurerò di deragliare, di andare a sbattere: perché ci tengo al centrosinistra e alla tenuta della politica democratica italiana. Augurerò buon lavoro alle compagne e ai compagni che –secondo me sbagliando- sceglieranno quella strada. La cosa migliore da fare sarebbe tenere e rinnovare i DS. Ma se questo sarà proprio impossibile, dalla nostra storia e dalla nostra esperienza politica vorrei che emergano non una fusione ed una resa, non un accorpamento ed una “scissione”: ma due processi costituenti, entrambi benefici per il centrosinistra e la democrazia italiana.
La sinistra non può ridursi né ad essere a mala pena la corrente di un partito (così non è in nessun paese europeo), né una testimonianza di fede personale (del tipo “ovunque io vada, resterò sempre di sinistra!”). La sinistra non può neanche essere un pulviscolo di formazioni residuali in conflitto tra di loro, perché è proprio questo uno dei fattori della crisi italiana. Serve unità e servono novità: culturali, prima ancora che politiche. Su questo avrebbero dovuto e dovrebbero impegnarsi i Ds.
Se i DS non ci saranno più, qualcuno si prenderà il carico di contribuire – senza spocchia né arroganza, ma con necessaria determinazione - ad introdurre questa novità nel panorama politico italiano.
L’appello che, come mozione “A sinistra per il socialismo europeo”, abbiamo rivolto a Piero Fassino qualche giorno fa, propone una pausa che consenta una riflessione comune sull’immediato futuro. Questa proposta non nasce certo dal fatto che si ignorano o si sottovalutano i risultati del Congresso.
I dati li conosciamo: la mozione presentata dal segretario ha vinto con ampio margine ed ha ora la piena legittimazione ad andare avanti e a realizzare il proprio progetto politico. Nessuno mette in discussione l’esito di un processo democratico, che noi per primi abbiamo fortemente voluto e che, semmai, avrebbe dovuto svolgersi prima. Prima, cioè, che il gruppo dirigente dei DS desse il suo assenso all’unificazione con la Margherita, senza un mandato degli iscritti.
Ma questa è storia passata: svolti i congressi, la maggioranza può andare avanti. Il problema che noi abbiamo posto è di natura squisitamente politica: si stanno per superare i DS, l’Italia sta per diventare l’unico paese europeo privo di una grande forza autonoma di sinistra e socialista. E i nodi politici dirimenti non sono stati ancora sciolti in nessun modo.
Primo: il PD nascerà senza aver deciso preventivamente la propria collocazione internazionale. Considerare questo tema, nell’era della globalizzazione e delle grandi sfide mondiali, cosa da poco è, a mio avviso, un clamoroso abbaglio culturale, oltre che un grave errore politico.
Secondo: sul tema della laicità dello Stato – mentre viene sferrato un attacco quasi senza precedenti a questo principio costituzionale - la confusione nel nascente PD regna sovrana. Noi DS eravamo a Piazza Farnese a difendere i DICO (un disegno di legge del Governo Prodi), non pochi esponenti della Margherita dichiarano di voler aderire al Family Day, contro gli stessi DICO. E tra pochi mesi dovremmo essere non più solo alleati, ma membri dello stesso partito…Si dice che il PD andrà oltre la cultura del socialismo europeo. Oltre? Sui temi dei diritti civili e della libertà delle persone, la fusione tra il nostro partito e la Margherita costringerà – sta già costringendo- i DS ad una mediazione inevitabilmente più arretrata rispetto alle posizioni di qualunque partito di sinistra e socialista. Altro che modernità…
Quell’operazione innovativa che tanti avevano intravisto nella suggestione del PD si è ridotta alla mera fusione tra due partiti. I quali, piuttosto che affrontare il difficile e coraggioso impegno di rinnovare se stessi, hanno scelto semplicemente di mettere insieme la propria forza elettorale.
A Orvieto c’erano DS e Margherita: non altri. I DS e la Margherita hanno nominato gli estensori del Manifesto. Sono sempre e solo questi due partiti a svolgere i propri congressi e a decidere la data per la fusione. Non c’è altro.
E dire che questo è solo l’atto iniziale, equivale – come ha scritto efficacemente Achille Occhetto sulle pagine del Riformista - “all’apertura dei giardini della regia ai cittadini, quando tutto è già stato deciso.”La delusione per tutto questo si sta facendo sentire, anche tra i sostenitori della prima ora del progetto del PD.
E la distanza tra il “Grande Ulivo” del ’96 –nel quale ho molto creduto- e quest’esperienza è enorme, non solo quantitativamente. Vale dunque la pena di chiudere i Ds per ottenere così poco? Dividere e lacerare la nostra comunità per realizzare un’esperienza tanto precaria? Per questo abbiamo detto “fermatevi, raccontiamoci la verità e ragioniamo insieme”. Ma fino ad ora si è risposto, al contrario, con l’impegno ad accelerare rispetto ai tempi già stretti indicati nella mozione Fassino. Non trovo giusto che si sia andati nei congressi di sezione a dire “non preoccupatevi, abbiamo due anni di tempo, fino al 2009, per verificare”; e poi, una volta ottenuto il consenso, comunicare invece che già all’inizio del prossimo anno, cioè tra pochi mesi, i DS non ci saranno più e nascerà il partito Democratico.
Accelerare vuol dire che non si farà nessuna vera fase costituente, nessuna apertura esterna reale. A decidere tutto saranno gli attuali gruppi dirigenti dei due partiti. Può apparire forse rassicurante, certo: ma tutto questo non è né innovativo, né democratico. Anche se le parole fino ad oggi pronunciate da Fassino e da D’Alema sembrano chiudere ogni spiraglio, io continuo a sperare fino all’ultimo momento utile – fino, cioè, al congresso nazionale - che qualche novità intervenga, che si raccolga questo nostro appello.Certo che ha vinto la mozione Fassino, chi lo mette in dubbio?
Ma il fatto che circa un quarto dei tanti che hanno votato nei congressi di sezione abbia espresso contrarietà o forti dubbi non conta proprio nulla? No, evidentemente. Conta talmente poco da far dire “noi andiamo avanti come se voi non aveste detto nulla. Ma seguiteci e fate la minoranza (la minoranza, sia chiaro) nel futuro partito”.
Abbiamo già detto con chiarezza che questo “ruolo” non ci convince e non ci appassiona. Che non siamo disponibili. Non ci convince perché sarebbe una collocazione del tutto inutile, improduttiva. Non solo per noi, ma per il centrosinistra italiano. Una riserva sterile. Saremmo in pochi e poco rappresentativi, perché comunque molti compagni faranno altre scelte. Dentro un partito nel quale non crediamo e, proprio per questo, impegnati solo in una funzione di freno, di intralcio, di interdizione. Ecco, sarebbe solo l’autotutela di una nicchia politica: non credo servirebbe neanche al partito democratico.
Sarebbe meglio, questo ci siamo detti, metterci al servizio di un’idea più difficile e più ambiziosa. Lavorare, per tutto il tempo che ci vorrà, ad un processo di rinnovamento e di unità nella sinistra italiana, per dare vita ad una forza più grande e più innovativa di quelle attuali, legata al socialismo europeo. Una forza autonoma della sinistra di governo, alleata del Partito Democratico, in un assetto del centrosinistra più razionale e più coeso di quello presente, così frammentato e così rissoso. Non sarebbe meglio per tutti? Io penso di sì.
Continuo dunque a sperare in un ripensamento, in una riflessione aggiornata e più matura. Che dia a noi e ai compagni della mozione Angius quelle risposte fin qui negate. Ma dico onestamente che se il PD dovesse nascere, sebbene io non ne farò parte, non gli augurerò di deragliare, di andare a sbattere: perché ci tengo al centrosinistra e alla tenuta della politica democratica italiana. Augurerò buon lavoro alle compagne e ai compagni che –secondo me sbagliando- sceglieranno quella strada. La cosa migliore da fare sarebbe tenere e rinnovare i DS. Ma se questo sarà proprio impossibile, dalla nostra storia e dalla nostra esperienza politica vorrei che emergano non una fusione ed una resa, non un accorpamento ed una “scissione”: ma due processi costituenti, entrambi benefici per il centrosinistra e la democrazia italiana.
La sinistra non può ridursi né ad essere a mala pena la corrente di un partito (così non è in nessun paese europeo), né una testimonianza di fede personale (del tipo “ovunque io vada, resterò sempre di sinistra!”). La sinistra non può neanche essere un pulviscolo di formazioni residuali in conflitto tra di loro, perché è proprio questo uno dei fattori della crisi italiana. Serve unità e servono novità: culturali, prima ancora che politiche. Su questo avrebbero dovuto e dovrebbero impegnarsi i Ds.
Se i DS non ci saranno più, qualcuno si prenderà il carico di contribuire – senza spocchia né arroganza, ma con necessaria determinazione - ad introdurre questa novità nel panorama politico italiano.
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