lunedì 19 marzo 2007

DI CHE SINISTRA ABBIAMO BISOGNO?

Pietro Folena da aprileonline di lunedì 19 marzo 2007

Dal punto di vista dei contenuti, la sinistra ha bisogno di chiare discriminanti politiche e programmatiche. Se poi pensiamo al contenitore, fare massa critica non vuol dire rinunciare al percorso di ridefinizione delle idee della sinistra, ma dare loro forza e credibilità. Quindi non un "tutti dentro" indistinto. Non basta essere "a sinistra del partito democratico".

Non voglio ripercorrere puntualmente quanto ha scritto [ieri] Famiano Crucianelli. Su alcune cose sono d'accordo, su altre molto meno. Mi preme invece cogliere la domanda finale di Famiano che è la stessa che noi - Uniti a sinistra, Ars e Rossoverde - ci poniamo da tempo e sulla quale abbiamo organizzato diverse iniziative, come quella di sabato 10 marzo al Capranichetta che vedrà la partecipazione anche di diversi esponenti della Sinistra Ds, domanda su cui abbiamo prodotto un documento che ha punti di contatto significativi con la mozione con la quale Mussi si presenta al congresso della Quercia.

La riassumo così: "Di che sinistra abbiamo bisogno?". Una domanda preliminare - sono d'accordo con Famiano - rispetto anche all'esigenza di fare "massa critica". Ma proprio perché sui contenuti non siamo all'anno zero, credo che una discussione sulla "massa critica" abbia senso.

Sarebbe infatti inutile - una riproposizione di vecchi patti di unità d'azione - l'idea di ridurre il tema dell'unità della sinistra al solo ambito degli obiettivi programmatici o delle aspirazioni ideali. E sarebbe dannoso, d'altro canto, porsi l'obiettivo dell'unità delle forze attuali senza una chiara determinazione delle fondamenta di un nuovo soggetto politico. Le idee camminano sulle gambe degli uomini ma si fa ben poca strada se gli uomini camminano senza idee. Sarà così, azzardo una previsione, per il partito democratico.

Fatta questa premessa, metto i piedi nel piatto. Noi pensiamo che la sinistra abbia bisogno di chiare discriminanti politiche e programmatiche.

Punto primo: un nuovo soggetto della sinistra deve essere nonviolento. Quindi estremamente critico verso qualsiasi cedimento a pratiche che non siano puramente pacifiche. Nemico del terrorismo quanto della guerra. E avversario di ogni regime che conculca le libertà, anche se questo si ammanta di rosso. Anzi, a maggior ragione. Dopo, solo dopo, si può discutere delle colpe degli altri, dell'imperialismo americano, del capitale strangolatore. Una sinistra che giustifica i nemici del suo nemico è machiavellica. Una sinistra che ha la sua visione del mondo e su questa base critica l'esistente - anche quello che appartiene alla sua storia o alla sua famiglia - è una sinistra credibile.

Punto secondo: un nuovo soggetto di sinistra deve fondarsi sulla riproposizione del conflitto tra capitale e lavoro. Non è anticaglia. La precarietà ha raggiunto livelli insopportabili, tanto da diventare precarietà totale, di tutta la sfera dell'esistenza. Avere un lavoro precario vuol dire non potersi sposare, mettere su casa, non avere tempo per sé, non avere possibilità di crescere. Questa situazione - lo ha detto anche Prodi - è un dramma e non possiamo risolverla come molti moderati ("separare la flessibilità dalla precarietà", lasciando intatto lo sfruttamento). Si ripropone al contrario la necessità di unificare e dare sbocco politico alla domanda di certezze che viene dal mondo del lavoro. Senza cedere a posizioni estremistiche - paradossalmente a volte vicine con alcune delle parti più avanzate del riformismo - ma tornando a pretendere che i lavoratori e i loro diritti siano una variabile indipendente. I lavoratori in carne ed ossa.

Terzo: un nuovo soggetto della sinistra mette i diritti individuali dei cittadini alla base della propria visione, al pari dei diritti sociali. Non come accessorio. Non viene prima il salario e poi i Pacs. Non viene prima l'orario di lavoro e poi la privacy. E' sbagliato e controproducente porre in questi termini la questione. Così dividiamo il lavoro dal consumo, dai diritti civili, dai diritti liberali. La sfida è invece tenere insieme tutto. Contrapporre queste due sfere vuol dire concepire ancora il lavoratore come una persona che sta 8 ore in fabbrica, in ufficio o nel call center. E poi? Una sinistra del lavoro difende i lavoratori anche quando hanno terminato l'orario.

Quarto: l'ambiente e il clima. Questa è un'urgenza sulla quale solo la sinistra ha delle risposte. Il pianeta è sull'orlo della catastrofe ecologica mentre non si riesce a far rispettare neppure il trattato di Kyoto. Rimettere il discussione il modello di sviluppo, il turbocapitalismo, non è quindi la velleità di qualche estremista ma la priorità di una sinistra che si concepisce "di governo".

Quinto: serve una sinistra credibile. Capace cioè di essere rappresentativa delle opinioni maggioritarie nell'elettorato (contrario alla guerra e al taglio delle pensioni) . E capace di ottenere risultati concreti e visibili del suo essere al governo (o all'opposizione). Una sinistra "utile". Non una sinistra delle "anime belle" che in nome di astrazioni non esita a determinare le condizioni per un arretramento del quadro politico. L'efficacia dell'azione politica deve essere una costante.

Sesto: un nuovo soggetto non può che essere una sinistra di popolo e di governo. Quando dico "di governo" non intendo una sinistra rinunciataria e figlia di un dio minore. Tutto il contrario. Una sinistra "di governo" è quella capace di usare la leva del potere per un obiettivo ambizioso: cambiare il mondo. A partire però da come essa concepisce il potere che ha. Se pensiamo che andare al governo significa entrare nella stanza dei bottoni sbagliamo. Se invece pensiamo il nostro essere sinistra "di governo" come un passo verso la cessione del potere verso la società allora avremo assolto alla nostra missione, perché non si cambia un paese o il mondo dall'alto. Per questo il rapporto con i movimenti (a partire da quello dei lavoratori) è fondamentale. Faccio qualche esempio: una sinistra nuova fa il bilancio partecipativo. Si batte per ottenere che i vicentini dicano la loro su Dal Molin. Governa la scuola e l'università non contro gli insegnanti, ma con loro e con gli studenti, dando all'autonomia il senso della partecipazione, non quello dell'aziendalismo. Questa "cessione del potere" dalle istituzioni rappresentative e soprattutto dall'economia verso la società che si autogoverna a nostro parere è il segno distintivo del nuovo socialismo. Il presidente Napolitano ha ragione nel dire che non si governa con la piazza. Ma la sfida è dare alla piazza gli strumenti per diventare partecipe dentro un quadro istituzionale del tutto nuovo. Ecco quindi perché una nuova sinistra deve essere sinistra "di popolo". Partecipe dei drammi di fasce larghe della nostra società. E in quanto "di popolo" capace di dare alla "piazza" la forma di "agorà".

Infine, vengo al "contenitore". Penso sia chiaro che per noi fare massa critica non vuol dire rinunciare al percorso di ridefinizione delle idee della sinistra, ma dare loro forza e credibilità. Quindi non un "tutti dentro" indistinto. Non basta essere "a sinistra del partito democratico".

Ho letto le parole di Mussi. Quando ho lasciato i Ds - non lo dico per vantarmi - avevo ampliamente previsto quanto sta accadendo. Avevo posto il tema di un "ponte" tra la sinistra riformatrice e quella alternativa sulla base del comune denominatore socialista. Come giustamente dice Fabio, le cose accadono anche al di là della volontà dei singoli ed oggi ritrovo i miei ragionamenti di allora nelle parole di Mussi, Salvi e di tanti altri compagni delle Sinistre Ds.

Potrei dire "l'avevo detto". Siccome però mi interessa punto dimostrare che avevo ragione, dalle colonne telematiche di Aprileonline voglio fare una proposta ai compagni e alle compagne delle Sinistre Ds.

Mettiamola così: vedo la puntata di Famiano, e rilancio in positivo. Smettiamola - è il mio invito - di parlarci a distanza, di lanciarci occhiate ammiccanti, posponendo l'incontro tra i diversi filoni della sinistra. Ora è arrivato il tempo di aprire il cantiere per costruire una nuova casa. All'Italia serve una forza socialista che mette i diritti prima del mercato. Il tema non è quindi dentro o fuori dal Pse (capisco però che nell'ambito del congresso Ds questa sia diventata una discriminante), famiglia in cui convivono Blair che fa la guerra e Zapatero che ritira le truppe dall'Iraq, ma essere (e non solo dirsi) una forza socialista.

Unire la sinistra ed anche in Europa aprire la strada ad una prospettiva di unità tra le sinistre in cui i socialisti pacifisti, ambientalisti, nonviolenti, ovunque oggi collocati, possano trovare un luogo unitario. Lo scioglimento dei Ds e quindi la loro fuoriuscita dal Pse da un lato e l'ingresso nella Sinistra europea di forze di ispirazione socialista dall'altro possono essere i canali attraverso i quali aprire questa prospettiva.

E, allora, mettiamoci insieme e diamo vita ad un cantiere per un nuovo soggetto della sinistra. Ora, subito. C'è in campo il progetto della Sinistra europea, a cui credo, ma di cui non sono infantilmente geloso. Può divenire un pezzo di un più ampio percorso, come ha detto Bertinotti. Mettiamoci in gioco, tutti.

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